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Amica, madre, moglie: le mille e una donna

In occasione della ricorrenza dell’8 marzo riflettiamo sulle figure femminili militanti e visionarie che hanno dato vita all’Europa unita

In occasione della prossima ricorrenza dell’otto marzo, abbiamo scelto di dedicare questa nostra prima pagina alle donne, a tutte le donne.

La Giornata internazionale della Donna è stata istituita formalmente dall’ONU nel 1975, per ricordare le lotte sociali e politiche da loro affrontate nel corso della storia. Sul perché dell’otto marzo e sull’anno d’inizio di questa ricorrenza vi sono diverse notizie, sulle quali non crediamo sia il caso di dilungarsi.

Fatto sta che, nonostante i numerosi passi avanti realizzati per la parità dei diritti tra i generi, in alcuni Paesi c’è ancora molto da fare. Anche nel nostro.

Tutti i ruoli, che la figura femminile ha ricoperto nel corso dei secoli, sono sempre stati determinanti per la crescita umana e sociale.

Possiamo affermare che tutte le tappe fondamentali della nostra evoluzione e della nostra vita sono state sempre supportate in maniera fondamentale dalle donne.

Erano le mogli a portare avanti le attività dei mariti mentre questi erano in guerra, e non solo, in quanto madri sono coloro che hanno reso e rendono possibile il perpetuarsi della vita anche nelle condizioni più avverse, spesso aiutate da altre donne, da altre madri, amiche o sorelle.

Quello di madre è sempre stato, fin dall’antichità, il ruolo principale affidato alle donne. Dedite alla cura e all’accudimento dei figli, le madri li accompagnano nella crescita e nella vita attraverso un percorso di amore e di sofferenza.

E come una madre genera e accudisce il proprio figlio, allo stesso modo alcune grandi donne, militanti e visionarie, hanno generato, accudito e alimentato il concetto di un’Europa unita da legami di fratellanza e solidarietà.

Chiamiamo queste donne Madri fondatrici d’Europa. Anna Siemsen, Ada Rossi, Ursula Hirschmann, Marga Klompé, Katharine Focke, Christiane Scrivener, Fausta Deshormes La Valle, Simone Veil, Louise Weiss… sono solo alcune delle tante ’madri’ che hanno combattuto per realizzare il sogno di un’Europa unita nella pace e nei diritti, in particolare quelli delle donne che, da sempre, sperimentano una difficile inclusione in alcuni ruoli sociali e nelle cariche politiche.

Nessuna di loro va dimenticata per il coraggio e il forte contributo dato ai cambiamenti intellettuali e di rotta sviluppatisi in Europa.

Sono loro che dobbiamo ringraziare per aver creduto e combattuto senza se e senza ma, in epoche storiche difficili, per realizzare e garantire la pace tra le Nazioni, al fine di migliorare la vita degli uomini e delle donne. Se non fosse stato per loro, la società in cui viviamo sarebbe molto diversa e, probabilmente, alcuni dei diritti che oggi paiono così scontati, come il diritto all’istruzione, verrebbero ancora ignorati.

A questa immagine ci fa pensare Giovanna Ferrari, ex docente del nostro Istituto, mentre ci racconta la storia di sua figlia Giulia, uccisa dal marito l’11 febbraio del 2009, appena trentenne.

Nel libro Per non dargliela vinta, Giovanna narra la storia di una figlia – e di una donna – uccisa due volte.

Prima dal marito, poi dalle istituzioni, «che con la bocca farcita di cultura patriarcale, invece di difendere la vittima reale, ne infangano la memoria, sfiorando la giustificazione di un assassinio. Così l’omicida assume il ruolo del povero vinto, se non quasi dell’eroe costretto a salvaguardare la propria virilità».

Ma Giovanna, col suo immenso amore di madre, difende Giulia e la verità.

Le dà voce, raccontandone la storia.

Così le voci di Giovanna e di Giulia si uniscono in un grido che si eleva in nome di tutte quelle donne che voce non hanno, umiliate, ogni giorno, da uomini incapaci di amare se non sé stessi.

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