ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Orceoli di Forlì (FC) - 3B

A lezione di legalità con Pippo Giordano

I ragazzi hanno ascoltato la testimonianza dell’ex investigatore del nucleo antimafia che ha lavorato al fianco di Falcone e Borsellino

Noi ragazzi di 3ªB della scuola media Orceoli abbiamo avuto l’opportunità di conoscere un uomo straordinario, ex investigatore della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) che ha lavorato anche al fianco dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per affermare giustizia e legalità nel nostro paese.

Si tratta di Pippo Giordano, nativo di Palermo e forlivese di adozione, che ci ha raccontato in modo appassionante una parte del suo impegno nella lotta alla mafia in Italia, in Sicilia (Cosa Nostra) e anche negli Stati Uniti.

Con il suo linguaggio diretto e crudo, eppur gentile, abbiamo scoperto che nell’arco della sua carriera ha catturato tanti mafiosi mettendo a rischio la propria vita, ma lottando sempre con determinazione contro la criminalità. Lavorava con una valigetta apparentemente uguale a tutte le altre, ma in realtà dal valore inestimabile perché conteneva tutti gli strumenti più sofisticati di allora per intercettare le chiamate dei malavitosi. Sapeva piazzare microspie e telecamere ovunque fosse necessario. Rigorosamente in borghese, avvicinava malavitosi dopo appostamenti e soffiate e li conduceva al comando di polizia, talvolta anche senza l’obbligo di manette perché Pippo è stato un poliziotto (ed è un uomo) gentile come lo era Falcone da cui ha imparato a condurre con garbo e pazienza gli interrogatori.

Portava la pistola dietro la schiena, infilata nei pantaloni, pronta per essere velocemente puntata, ma nelle roventi estati siciliane rischiava di rovinare la camicia, così ci siamo dovuti immaginare Pippo che cammina per le strade di Palermo con il quotidiano piegato fra le mani e la pistola fra le pagine. Incredibile come i suoi racconti siano un alternarsi di gesti eroici e pericolosi da una parte e semplici e quotidiani (per lui!) dall’altra.

Quella pistola non l’ha mai usata per sparare contro un criminale; solo una volta, per difesa, mentre si trovava appostato presso una villa in cui era in corso una riunione di mafiosi, dovette fare fuoco contribuendo all’arresto di 9 mafiosi, mentre i boss scappavano.

Pippo si è raccontato a noi con spontaneità, senza risparmiarsi, incalzato dalle nostre mille domande; si intristisce solo quando ricorda tutti i nomi dei colleghi uccisi e ce ne mostra i volti a uno a uno, cinque solo nel suo reparto; capiamo che sono scolpiti nel suo cuore come il piccolo Giuseppe Di Matteo che, insieme ai colleghi, ha cercato invano per anni fino al tragico epilogo. Ogni volta che torna nella sua città natale porta loro un fiore al cimitero.

Si ritiene fortunato lui, ‘il sopravvissuto’ come si definisce nel suo libro; alcune coincidenze gli hanno salvato la vita, come quella volta che un vicino di casa gli chiese semplicemente che cosa ci facesse a Palermo mentre la sua famiglia era a Forlì… un chiaro segnale ad allontanarsi da quell’ambiente pericoloso e proseguire comunque il suo impegno altrove.

Pippo Giordano è nato e cresciuto a contatto con la malavita. «Potevo diventare uno di loro» ci dice candidamente, eppure ci tiene a ricordare gli insegnamenti ricevuti da mamma e papà, e la sua scelta di vivere una vita onesta. Questa è sicuramente una delle riflessioni più profonde che ci portiamo a casa dopo questo incontro. Una volta un mafioso gli offrì sessantacinque milioni di lire in cambio del suo silenzio, ma Pippo è un uomo che parla, che non ha paura di parlare e invita così tutti noi, con il suo esempio, a fare altrettanto.

A proposito di soldi, ci ha fatto anche un po’ sorridere quando ha precisato che, per tanti anni, il suo stipendio è stato pari a quello di un poliziotto impiegato in ufficio, mentre lui si è destreggiato fra pedinamenti, appostamenti, viaggi fra Roma e Palermo, interrogatori estenuanti e arresti rocamboleschi, degni nel nostro immaginario solo di una serie televisiva.

È orgoglioso quando racconta del maxiprocesso di Palermo alla fine degli anni ‘80 tra accuse di omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione e associazione mafiosa: gli oltre 450 mafiosi presenti gli ricordano di aver svolto un ottimo lavoro.

E noi siamo orgogliosi di averlo conosciuto.

Classe 3ªB

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