ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Malpighi di Castel San Pietro Terme (BO) - 1MA, 3MA

Più cultura per battere il cyberbullismo

Scarsa considerazione affettiva e sociale tra le cause dei comportamenti che puntano alla sottomissione delle vittime

Cosa significa cyberbullismo? La parola «cyberbullismo» è composta da due termini: «bullismo» e «cyber», cioè «cibernetico».

Con questa parola si identifica un comportamento violento, messo in atto attraverso i mezzi di comunicazione informatici, e finalizzato a molestare ripetutamente una vittima non casuale, che non riesce a sottrarsi ad essa per lo squilibrato potere tra il bullo e la vittima.

Una situazione che si ripropone spesso è quella in cui questa azione di bullismo viene esercitata da un gruppo nei confronti di un singolo.

L’aggressore cibernetico vuole intimorire chi prende di mira attraverso messaggi intimidatori, che incutono paura, falsi e spesso anonimi, per porre la vittima in uno stato di sottomissione psicologica. Proprio per questo, il cyberbullismo è un comportamento altamente distruttivo.

Da cosa può nascere un fenomeno come questo? Sicuramente molte azioni legate al cyberbullismo sono frutto di una scarsa considerazione affettiva e sociale, che porta allo sviluppo di cattive intenzioni da parte dei molestatori.

D’altra parte, chi è maggiormente a rischio di subire cyberbullismo sono gli adolescenti e le persone più sole, che a volte non sono abbastanza protetti da chi hanno vicino, e quindi trovano facilmente rifugio nella considerazione falsa da parte della rete Internet.

In molti si preoccupano di questo fenomeno dilagante, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne ha parlato durante il suo discorso di fine anno 2023: «Penso alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete.

Penso alla violenza che qualche gruppo di giovani sembra coltivare, talvolta come espressione di rabbia. Penso al risentimento che cresce nelle periferie, frutto, spesso dell’indifferenza e del senso di abbandono».

Mattarella, con queste parole, ritraccia le cause di questo fenomeno nella rabbia e nella solitudine che ci si può trovare a provare.

Per combattere queste situazioni e, di conseguenza, il bullismo e il cyberbullismo, è fondamentale la presenza della famiglia, il supporto della scuola intesa come istituzione, centro di aggregazione e quindi promotrice di attività di scambio culturale e di laboratori che coinvolgano tutte le categorie di ragazzi e ragazze.

Un altro strumento per evitare questi fenomeni di violenza può essere lo sport, che crea squadra e stimola i ragazzi – ma anche gli adulti – a stringere rapporti improntati sulla correttezza.

Nadia Mischi, 1MA

 

Quando qualcuno si sente deresponsabilizzato, tende a non seguire più i suoi principi morali e a fare ciò che vuole senza pensarci, istintivamente. Se qualcuno pensa di non poter essere punito per ciò che fa, se pensa addirittura di non doversi sentire responsabile per ciò che fa, non si metterà più alcun limite. Questo è ciò che purtroppo accade spesso sui social, un mondo molto difficile da controllare e in cui molte persone si trasformano nei famosissimi «leoni da tastiera». Ecco, infatti, che gente che nella vita di tutti i giorni mai e poi mai insulterebbe qualcuno, sui social perde ogni controllo e scrive di tutto, pensando di non esserne responsabile, pensando che basti un nickname per potersi sentire innocenti. Ma nascondendosi dietro questa maschera, in troppi cedono all’istintività. Ed è proprio questa maschera che può essere considerata come la principale causa del cyberbullismo: infatti le persone pensano che il mondo digitale non abbia alcuna influenza sul mondo reale, che sia semplicemente un parco giochi in cui sfogarsi, senza alcuna responsabilità, senza poter essere puniti. Questo pensiero è ovviamente sbagliato ed è qui che sta il problema dell’anonimato online: al momento sembra difficile poter fare qualcosa per impedirlo, perlomeno qualcosa di davvero utile. Bisognerebbe far recuperare ai «leoni da tastiera» l’empatia con il prossimo, spiegando loro che le loro vittime digitali rimangono tali anche nel mondo reale. Mica facile!, direte voi! Vero, ma se questo aspetto venisse introdotto e compreso, allora i problemi comincerebbero a trovare una soluzione.

Oscar Camporesi, 3MA

 

Ormai gli smartphone fanno parte della quotidianità e ci consentono di fare molte cose: informarsi, giocare, fare acquisti.

Ma possiamo fidarci delle app che utilizziamo e dei siti che visitiamo? Alcuni di questi, anche se sembrano ‘’innocui’’, non lo sono affatto dato che spesso chiedono di inserire i propri dati personali come nome, indirizzo e numero della carta di credito. I criminali, detti «hacker», sono esperti di informatica e programmazione e, decifrando codici, rubano o «comprano» i dati dagli account online per commettere furti di identità, ad esempio utilizzando la carta di credito della vittima o chiedendo prestiti a loro nome. Ma non solo: gli hacker possono spacciarsi per qualcuno con lo scopo di fare acquisti, o fare chiamate in cui offrono qualcosa solo per truffare. Per difendersi da queste truffe si possono utilizzare sistemi informatici come le VPN, oppure si può fare affidamento su «hacker» al servizio della giustizia, cioè che lavorano per la Polizia, con lo scopo di combattere le loro controparti criminali. Temo proprio che dovremo abituarci a questo nuovo genere di furti.

Stella Buriani, 1MA

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