ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Fagnani di Senigallia  (AN) - 3D

Sbagliato vietare cellulari e tablet in classe

Noia e distrazione sui banchi non dipendono dall’uso di dispositivi multimediali, ma da metodologie didattiche poco moderne

No a cellulari e tablet in classe neanche per scopi didattici: queste le parole del ministro Giuseppe Valditara sull’uso dei dispositivi a scuola. Dopo averne già sconsigliato l’utilizzo in classe, il Ministero dell’Istruzione e del merito è intenzionato a emettere un divieto anche per fini formativi, con l’obiettivo di ridurre al minimo le fonti di distrazione nel corso delle lezioni. Si pensa, infatti, che permettere l’uso del telefono sia una mancanza di rispetto nei confronti dei docenti, figure verso le quali bisogna recuperare autorevolezza. Che cosa ne pensano studentesse e  studenti? È veramente possibile eliminare lo smartphone nell’era della generazione Z, nel periodo in cui il progresso tecnologico corre più veloce del pensiero umano? I giovani di oggi non sono d’accordo. Ritengono infatti che noia e distrazione in classe dipendano più da metodologie didattiche antiche, come la classica lezione frontale, che dall’uso del telefono; quest’ultimo, se fosse usato per scopi didattici, potrebbe portare in classe un modo più interattivo di fare lezione grazie ad alcune applicazioni, come Kahoot, Mentimeter, o alla piattaforma Google Suite per la condivisione di documenti all’interno di classi virtuali. Gli studenti, inoltre, pensano che imporre il divieto del cellulare non serva a restituire più autorevolezza ai docenti. Infatti, di fronte al docente autorevole, capace di catturare l’attenzione dei ragazzi e di trasmettere la passione per la materia, gli alunni non si distraggono e non sentono il bi-sogno di guardare il telefono.

L’autorevolezza si ottiene quando l’adulto non solo dà l’esempio, ma anche fiducia, creando un rapporto basato sul dialogo e sulla stima reciproca. Le imposizioni e le punizioni, invece, reprimono lo studente e fanno crescere un senso di frustrazione. Al liceo Savoia Benincasa di Ancona, per esempio, pochi giorni fa un ragazzo del primo anno si è buttato dalla finestra della scuola, pare, per un brutto voto in matematica. Allora, forse, qualcosa nel sistema non funziona. Il ministro Valditara, i dirigenti e tutti i docenti dovrebbero interrogarsi su questo e trovare una modalità per regolamentare un uso corretto dei dispositivi a scuola, che non sono da considerarsi la sola causa delle voragini educative su cui è necessario riflettere, ma possono diventare anche una risorsa per migliorare la qualità della didattica. A ogni modo è chiaro che non bisogna abusarne, perché in ogni cosa va trovato il giusto equilibrio.

Francesco Piccolo, classe III D

 

È Tuta gold di Mahmood la canzone più ascoltata di Sanremo 2024. Nelle classifiche italiane di Spotify la vincitrice Angelina Mango si posiziona soltanto al quarto posto, superata dal rapper milanese, che al Festival è arrivato sesto. Oltre a raggiungere il primato nazionale, Tuta gold si è inserita nella top 50 global dei brani più ascoltati su Spotify, classificandosi al ventisettesimo posto. A poche settimane dalla conclusione della 74ª edizione del Festival della canzone italiana sembra che il vero vincitore sia proprio Mahmood, che in questo modo bissa il successo già toccato con l’altra hit del 2019, intitolata Soldi. La canzone Tuta gold è diventata molto popolare anche su molte piattaforme social come Tik Tok, dove è stato creato un vero e proprio balletto: una combinazione, quella tra musica e coreografie inventate da utenti non per forza famosi, che ormai è la chiave per ottenere centinaia di migliaia di visualizzazioni. In conclusione, è innegabile che il Festival di Sanremo abbia avuto, specie in passato, un impatto significativo sul mercato discografico italiano. Ma oggi, ne è la prova Mahmood, anche se non si raggiunge il terzo posto, non vuol dire che non si possa ottenere lo stesso un grande successo. E questo accade anche grazie al cambiamento portato da piattaforme come Spotify, nelle quali sono presenti molte canzoni italiane che si stanno affermando anche fuori dal nostro Paese.

Matilda Rossetti e Irene Tarsi, classe III D

 

Quando passiamo davanti all’area portuale di Senigallia, andando verso Marina Vecchia, è possibile scorgere quanto resta, per la verità quasi nulla, della gigantesca superficie occupata dalla Sacelit Italcementi. Per mezzo secolo simbolo dell’industria cittadina, la fabbrica del cemento ha dato lavoro a migliaia di senigalliesi, prima di chiudere definitivamente i battenti alla fine degli anni Ottanta. Gli effetti dell’amianto, respirato dai lavoratori addetti alla produzione dell’eternit, si sono invece prolungati fino ai giorni nostri, contando almeno centocinquanta vittime di patologie dell’apparato respiratorio. Ma dopo l’abbattimento delle strutture produttive – in piedi è restato solo l’ingresso dello stabilimento – si è creato un nuovo problema: che fare in quell’area enorme e vuota a due passi dal centro e a ridosso del lungomare di Ponente? Quattordici anni fa, nel 2010, sotto gli auspici della giunta del sindaco Maurizio Mangialardi, fu lanciata l’idea di un complesso di edifici a uso abitativo e turistico denominato «Il Borgo delle Torri», a suo tempo definita come «la più grande trasformazione urbanistica di Senigallia dal Settecento a oggi». Ma la crisi dell’edilizia e il fallimento dell’impresa promotrice dell’intervento hanno blocca-to tutto. Ora i lavori sono ripartiti su una porzione più piccola.

Nuovo progetto, nuova proprietà (Gruppo Benni Costruzioni) che ha ricevuto un importante finanziamento dalle banche per riqualificare la zona porto, a cominciare dalle vecchie case dei pescatori, che saranno demolite. Al loro posto saranno realizzate le «Residenze al Porto». Si tratta di appartamenti di pregio, caratterizzatidall’attenzioneall’ambienteeall’efficienzaenergetica, i quali manterranno il tipico mattoncino a vista delle costruzioni precedenti. È prevista anche la creazione di una piazza pedonale. Parallelamente, è partita la ristrutturazione dell’albergo La Vela, la cui mole svetta sul porto turistico, situato com’è in una posizione strategica perl’intero comparto. Grandi manovre, insomma, ma la domanda che si fanno molti senigalliesi resta: che cosa si farà di tutto il resto dell’area, che versa in uno stato di sostanziale abbandono da oltre dieci anni?

Federico Bartoloni classe III D 

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