ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Valsalva di Imola (BO) - 1B

«Femminicidi, serve una grande riflessione»

Studenti e studentesse analizzano il fenomeno tra leggi e sensibilità popolare: «In città ci sono manifesti che servono alla cittadinanza»

Il termine «femminicidio» è un neologismo. Esso, infatti, è stato usato per la prima volta nel 1992 dalla sociologa statunitense Diana Russell per indicare l’uccisione di una donna in quanto donna, vale a dire per il suo genere. Esisteva già il termine «uxoricidio» che, però, appariva piuttosto restrittivo, in quanto esso indica l’uccisione della moglie e non include necessariamente il concetto di sottomissione della donna all’uomo.

Il femminicidio, invece, è l’atto estremo e più visibile di un modo di pensare che non accetta che le donne possano agire e pensare come un uomo, di un modo di pensare, in definitiva, che ritiene la donna «inferiore» all’uomo. In Europa i primi riferimenti ufficiali del termine si trovano nelle leggi europee del 2007. In Italia il reato di femminicidio è stato introdotto con la legge 119 del 2013. Essa prevede delle norme per contrastare la violenza di genere e per prevenire il femminicidio. Nel 2019 è stata varata una importante legge chiamata «Codice rosso» (legge 69 del 2019) che rafforza la tutela di coloro che subiscono maltrattamenti, stalking, violenza sessuale, lesioni personali, sfregio del viso e altre violenze. La denominazione «Codice rosso» è stata mutuata dall’emergenza sanitaria del pronto soccorso, dove appunto il «Codice rosso» ha la priorità sugli altri ricoveri. Questa legge obbliga le forze dell’ordine a informare subito del reato la Procura che a sua volta nel giro di tre giorni valuta i provvedimenti cautelativi da attuare. Il «Codice rosso» è già stato rafforzato e, dopo i recenti fatti di cronaca, si pensa che lo sarà ancora di più.

Gli psicologi e i sociologi dibattono sulle possibili cause di questo fenomeno: basso livello di istruzione, violenza subita da bambini, abuso di alcool, forte convinzione di disparità di genere, consuetudine a scene di violenza familiare. Per combattere i femminicidi è importante che le donne raccolgano e denuncino prontamente le minacce e le prove di stalking. Esistono numerose associazioni anti- violenza, come il «1522».

Ultimamente si è deciso di potenziare la sensibilità popolare verso il femminicidio con diverse iniziative: ad esempio per Imola ci sono dei manifesti, curati dalla Regione, che riportano frasi che, dette dal partner, possono suonare come pericolosi campanelli d’allarme per la donna.

Durante la pandemia, quando i casi di violenza sulle donne aumentarono, è stato escogitato un gesto da fare con la mano, quindi anche in videochiamata, per comunicare, senza parlare, di trovarsi in una situazione familiare di pericolo.

Classe 1ªB scuola Valsalva

 

Dal 1999 esiste una giornata internazionale, fissata nel giorno del 25 novembre, dedicata all’eliminazione della violenza sulle donne. La data è simbolica perché ricorda l’uccisione, nella Repubblica Dominicana, il 25 novembre del 1960, delle sorelle Mirabal, attiviste politiche, che, mentre si recavano in carcere per trovare i loro mariti, furono stuprate, torturate e uccise dai sicari del dittatore Trujillo. In questo giorno si svolgono in tutto il mondo delle manifestazioni contro la violenza che hanno come simbolo delle scarpe e delle panchine rosse. È stato scelto il colore rosso per ricordare il sangue delle vittime e nel contempo, però, anche la forza insita nelle donne. Le scarpette rosse nascono dall’artista messicana, Elina Chauvet, che nel 2009, per ricordare l’uccisione della sorella da parte del marito, sistemò in una piazza di Ciudad Járez, 33 paia di scarpe rosse. A questo simbolo si è aggiunto dal 2014 l’emblema della panchina rossa: la prima fu inaugurata a Torino il 26 novembre 2014. La panchina è per eccellenza il posto della riflessione e in questo caso si richiama alla necessità di meditare sulla violenza contro le donne che sono «metà e l’intero», «la risposta e la domanda» come recita la canzone di Fiorella Mannoia, «Mariposa», portata sull’ultimo palco di Sanremo, alludendo proprio alle sorelle Mirabal soprannomiate appunto Mariposas. Che in spagnolo significa farfalle.

 

L’8 marzo si celebra la «Festa della donna» perché si crede che nel 1908 o 1910 un incendio in una fabbrica di New York abbia causato la morte di molte operaie. Di questo, però, non ci sono tracce sicure. Sappiamo, invece, che l’8 marzo del 1917 le donne russe manifestarono contro la prima guerra mondiale.

Nel 1921 si stabilì che l’8 marzo diventasse la Giornata internazionale dell’operaia.

Nel 1944 l’Unione delle donne italiane (Udi) ha iniziato a celebrare l’8 marzo come giornata dedicata alle donne. La mimosa è stata designata dall’Udi nel 1946 come simbolo della «Festa delle donne». Essa è stata scelta per la capacità di crescere in terreni difficili; e per questo rappresenta bene la forza racchiusa nell’animo delle donne.

Con questi lavori gli studenti e le studentesse ce la stanno mettendo tutta per raccontare ai lettori la loro visione del mondo, analizzando ciò che più sta loro a cuore. 

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