ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria I grado Orsini di Imola (BO) - 3B

«Così i manicomi si trasformarono in prigioni»

Gli alunni delle Orsini raccontano come nelle strutture venissero spesso rinchiuse ragazze madri, anziani e persone ritenute ’ingombranti’

Matto.
Dominato da impulsi irrazionali, da spunti incontrollati, da manie inconsuete ed eccessive. E’ questo quello che si trova se si cerca la parola sul dizionario. Ma chi sono i matti veramente? Dietro questo termine, che in tanti hanno accostato a Imola per anni, c’è molto di più. Abbiamo voluto indagare, vedere davvero chi erano i “matti”, gli uomini e le donne che sono stati internati a Imola all’Osservanza dal 1878, e prima nel Lolli. Ma perché venivano rinchiusi e chi era ritenuto “matto”? La risposta è semplice e ce l’ha data Valter Galavotti, grande conoscitore dell’argomento. “Venivano considerati “matti” tutti coloro erano bollati come diversi, non conformi alla norma. In questa categoria non rientrava solamente chi effettivamente aveva problemi mentali, ma anche ragazze madri, vecchi, persone “ingombranti”. Erano coloro che, costretti dalla propria comunità o dalla stessa famiglia, venivano mandati a marcire nei manicomi, posti che inizialmente erano visti come luoghi positivi, strutture per curare la gente con una sanità mentale instabile. Infatti, prima dell’apertura di questi edifici, i matti venivano addirittura imprigionati, internati e picchiati. Così lo psichiatra e medico francese nel ‘700 Philippe Pinel decise di creare i cosiddetti manicomi. Considerati come un’innovazione, sia sanitaria che umanitaria, iniziarono a prendere vita in tutto il mondo.
Ma ben presto si trasformarono in vere e proprie prigioni, in cui i “carcerati” erano privati della loro identità.
Senza oggetti personali, venivano legati ai loro letti anche per più di una settimana, non potendo muoversi e facendo i propri bisogni lì, nel letto”. E’ così che Valter Galavotti, professore, assessore alla cultura di Imola per oltre vent’anni e profondo conoscitore della storia dei manicomi imolesi, ci ha descritto l’orrenda realtà che si celava all’interno delle mura delle strutture psichiatriche in tutto il mondo.
In seguito a decenni di privazioni e maltrattamenti, però, arrivò un uomo che decise che era arrivato il momento di dire “basta” a queste disumanità: si chiamava Franco Basaglia, psichiatra italiano che entrò nei manicomi e tolse le cinghie dai letti, le camicie di forza. “La libertà è terapeutica sosteneva – ci ha spiegato Galavotti – La teoria venne messa in atto nel 1978 con la legge Basaglia, la quale ordinava la chiusura definitiva dei manicomi in Italia, cosa che non avvenne con effetto immediato in tutto il Paese. A Imola, per esempio, l’Osservanza ha chiuso i battenti nel 1996. I pazienti, che erano un paio di migliaia, sono stati rimandati dalle proprie famiglie, oppure sono stati trasferiti in “case protette”, appartamenti in cui vivevano con l’aiuto degli assistenti sociali”

Ilaria Medri, Linda Bacchilega, Neven Galavotti, Alessandro Guernelli e Cesare Broccoli (IIIB scuola secondaria “Orsini” – I.C. 7 Imola)

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