ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Commossi dagli armeni che aiutano i turchi

Da trent’anni nessuno attraversava il confine del due Paesi, ma dopo il terremoto la solidarietà ha abbattuto i muri: fratelli del dolore

La popolazione turca e quella siriana, nella notte fra il 5 e il 6 febbraio, hanno subito un devastante terremoto, a causa del quale decine di migliaia di persone sono morte sotto le macerie. Questa tragedia ha influenzato le nostre giornate e i nostri pensieri e ci ha fatto riflettere sull’accaduto, finché una notizia, di cui non si è quasi parlato sui giornali, ha colpito la nostra attenzione. Sabato 11 febbraio cinque Tir carichi di cibo, medicine, acqua e aiuti umanitari sono partiti dal suolo armeno e hanno attraversato il confine per raggiungere le zone della Turchia più colpite. Da 30 anni nessuno attraversava il confine tra Armenia e Turchia, nemiche tra loro sia a causa del genocidio armeno per mano dei Turchi, con il milione e mezzo di morti tra il 1915 e il 1923, che del sostegno che la Turchia dà ancora oggi all’Azerbaigian nel conflitto per il Nagorno-Karabakh. Di fronte alla catastrofe prodotta dal terremoto però, il popolo armeno non è rimasto a guardare e si è mosso per aiutare le vittime turche, superando antiche ostilità e conflitti in corso. Ci siamo chiesti: «Cosa spinge l’uomo a compiere questi gesti di solidarietà, nonostante l’odio e l’inimicizia?».

E abbiamo ripensato alla poesia ‘Fratelli’ di Ungaretti, studiata pochi giorni prima in classe.

In una notte di guerra il poeta, di fronte a degli sconosciuti, li riconosce come fratelli, accomunati a lui dalla stessa fragilità.

Anche gli Armeni hanno riconosciuto le vittime del terremoto come persone, si sono immedesimati in loro e hanno sentito che non era giusto che soffrissero per la mancanza di riparo, cibo e coperte. Hanno scelto di superare le ostilità e aiutare i nemici riconoscendoli come fratelli. Perché questa notizia l’abbiamo subito individuata tra le altre notizie? Perché ci è sembrata corrispondere al nostro cuore? Il cuore è qualcosa di puro, sincero, che desidera la felicità fin dalla nascita e in momenti come questi, in cui ci sentiamo accomunati agli altri dalla stessa fragilità e dallo stesso destino, scopriamo che la solidarietà ci fa bene e ci rende felici. È per questo che anche noi ci siamo messi in moto per aiutare le vittime, organizzando una raccolta fondi. In questo ultimo anno decine di ragazzi ucraini, rifugiatisi con le loro famiglie nella nostra città, sono entrati nelle sezioni e nelle classi de La Nuova Scuola. Vivono e condividono con noi l’esperienza educativa. Accolti da noi, oggi, come 60 anni fa fece Padre Damiani, che, nei locali dello “Zandonai” (intitolò all’amico musicista il Collegio) ospitò, educò e fece studiare centinaia di bambini e ragazzi profughi istriani, vittime della guerra e figli di famiglie povere, pesaresi. Nel 1977 lo “Zandonai” si chiudeva e fu lo stesso Padre Damiani, tramite don Giuseppe Gaudenzi, ad offrire, generosamente, ospitalità a La Nuova Scuola, dando continuità allo ‘scopo’ della Sua Opera. La Nuova Scuola è nata per raccogliere il testimone e per trasmettere una educazione cattolica, alternativa alla mentalità del mondo, ma profondamente umana, perché corrisponde alle esigenze della ragione e del cuore. Oggi, dopo 45 anni, siamo una presenza viva che occupa i 2/3 dell’Opera e che accoglie quasi 500 alunni tra bambini e ragazzi. Comprende tutto l’arco scolastico, dal Nido ai Licei.

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