ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Don Milani di Civitella di Romagna (FC) - 3A

La quotidianità interrotta dalla guerra

Il racconto di Mihail, ragazzo ucraino, che ha trovato una nuova famiglia e routine nell’accoglienza dei suoi compagni a Civitella

Il 24 febbraio dello scorso anno la Russia ha aggredito l’Ucraina. Per milioni di cittadini ucraini, l’inizio della guerra ha segnato l’abbandono della propria terra e la fine della quotidianità fatta di affetti, di lavoro e di studio.

All’esodo forzato ha risposto la rete della solidarietà che ha consentito a milioni di rifugiati di porsi in salvo: tra questi Mihail (nome di fantasia), il nostro nuovo compagno di classe, che è arrivato da noi alla fine di aprile dello scorso anno.

Come hai vissuto il primo giorno di guerra? «Alle 6.30, al telefono un amico mi disse che l’invasione era iniziata. Appena sveglia, mia madre chiamò i nostri parenti, mentre mio padre ancora dormiva.

Quando l’ho svegliato, era incredulo e, solo quando lo ha avvisato un nostro amico, è saltato giù dal letto. La notte successiva, dopo esserci nascosti in un rifugio, siamo scappati. Quel giorno, per la prima volta, abbiamo sentito le esplosioni dei bombardamenti: infatti il nostro rifugio era vicino ad un piccolo aeroporto, che l’esercito russo voleva conquistare. Da dove eravamo nascosti, sentivamo i motori dei caccia bombardieri a bassa quota».

Che cosa pensi dei russi? «Penso male dei russi: la notte in cui fuggimmo, cercarono di catturarci. Alcuni nostri amici, invece, sono stati presi e fucilati dai soldati russi». Come sei arrivato in Italia? «Kiev era bombardata e ovunque c’erano enormi file di macchine: mio padre impiegò diverse ore per trovare benzina e cibo che iniziavano a scarseggiare. Era molto difficile uscire dal centro della città. Dopo aver lasciato Kiev, ci siamo diretti verso la Polonia: siamo partiti in dieci, su due auto, solo con i nostri vestiti. Dopo aver trascorso una notte da amici per riposare e prendere un po’ di benzina, abbiamo raggiunto il confine: qui abbiamo atteso circa 15 giorni.

Entrati in Polonia, i volontari ci hanno accolto con calore e solidarietà: il cibo non mancava, ma i vestiti al momento non erano disponibili, le scorte erano esaurite per dare accoglienza alla prima ondata di rifugiati. Siamo poi arrivati in Repubblica Ceca, fermandoci un giorno e una notte, dormendo in macchina.

In un distributore, quando hanno saputo che eravamo ucraini, ci hanno portato da mangiare e ci hanno fatto accedere alla rete wi-fi: grazie a Google Maps, siamo arrivati in Austria e da lì in Italia. Mia madre prima si è messa in contatto con una conoscente, che ci ha messo a disposizione un appartamento a Venezia, poi ha telefonato a una sua ex-compagna di classe a Forlì: ci aveva trovato un appartamento e si era messa in contatto con la famiglia che poi ci avrebbe ospitato a Civitella. A questa famiglia io e mia madre non potremmo essere più riconoscenti per l’aiuto che ci hanno dato e che ci danno!» Come ti sei sentito in Italia? «Sono arrivato a Civitella alla fine di marzo 2022. Il primo periodo è stato duro: qui tutto era normale, in forte contrasto con quello che avevamo vissuto nella prima settimana di guerra.

L’inserimento a scuola è stato difficile perché non capivo l’italiano. È stato un periodo di solitudine: dovevo cercare di capire cosa dicevano e come vivevano i miei nuovi compagni di classe. Con l’inizio del nuovo anno scolastico le cose sono migliorate: oggi mi sento parte della mia classe, ho amici con i quali parlare e confidarmi, compagni con i quali vivere insieme: loro mi hanno aiutato a superare la solitudine. Il mio desiderio più grande resta però quello di tornare in Ucraina».

Sei rimasto in contatto con familiari e amici in Ucraina? «Chiamo mio padre ogni giorno, più raramente il mio fratellastro e la mia sorellastra, quando sono liberi dal lavoro. Con i miei amici ci sentiamo grazie a internet e alla nostra chat di classe».

Che cosa ti aspetti per i prossimi anni? «Vorrei completare un percorso scolastico per imparare un mestiere che mi consenta di lavorare sia in Italia che in Ucraina. Mi iscriverò all’Istituto Alberghiero: non so se riuscirò a fare tre o cinque anni, dipende dalla durata della guerra. La prossima estate, se ci riusciamo, vorremmo tornare a Kiev: mia madre ed io non vorremmo perdere completamente i contatti con la scuola ucraina».

Classe 3ªA

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