Ma che cosa sta succedendo in Iran?
Dalla morte di Masha Amini, picchiata a morte per avere indossato il velo in modo scorretto, cresce il coraggio delle donne iraniane
L’Iran è una repubblica islamica, cioè una repubblica religiosa. Capo dello Stato è Ebrahim Raisi, eletto dal popolo, ma quello che chiamano «Guida suprema» è l’ayatollah Ali Khamenei, che studia l’Islam, lo professa e decide anche le leggi severissime contro le donne. Negli ultimi mesi si parla molto di questo paese. Ma cos’è successo? Tutto è cominciato il 15 settembre, quando una ragazza di 22 anni, Masha Amini, in vacanza con la famiglia a Teheran, è morta dopo essere stata picchiata a sangue da parte della polizia religiosa a causa del velo indossato in maniera scorretta, qualche giorno prima. Da quel momento sono iniziate le proteste dei cittadini.
La condizione della donna in Iran ha subito vari mutamenti nel corso del tempo. Oggi non hanno molti diritti e dal 1983 sono obbligate a portare il velo, chiamato hijab. Se lo indossano male le donne vengono picchiate e torturate. Alcune di loro, però, hanno deciso di ribellarsi al potere togliendosi il velo in piazza e cercando di riconquistare la libertà anche a costo della vita. Chi non lo indossa rischia 10 anni di carcere, il licenziamento, l’esilio dal paese e il divieto di partecipare alla vita politica. Le autorità di Teheran esercitano forti pressioni sulle famiglie dei condannati, affinché non rendano pubbliche le loro vicende. Ciò ha suscitato l’indignazione dell’opinione pubblica nel Paese e ha comportato una serie di manifestazioni contro queste norme. Attualmente le donne non hanno neppure il diritto di cantare, di ballare, di recarsi negli stadi, di ricevere un’eredità adeguata, di vestirsi come vogliono e di viaggiare all’estero da sole.
Nel nostro piccolo abbiamo proposto ad alcune donne iraniane di essere intervistate, ma hanno rifiutato per paura di essere rintracciate dalla polizia, persino qui. È l’unico Paese dove accade tutto ciò? Purtroppo no, accade anche in Afghanistan. Lì le donne hanno protestato contro l’obbligo di coprire il volto in pubblico, i talebani hanno vietato loro l’accesso all’università e da novembre anche l’accesso a parchi, bagni pubblici e palestre.
Alcuni studenti, in segno di protesta, hanno abbandonato le aule universitarie. Vogliamo esprimere la nostra solidarietà e offrire il nostro sostegno morale, parlando di questo argomento e sperando che la situazione possa migliorare. Crediamo che sia importante difendere sempre i diritti inalienabili dell’uomo e della donna.
2C: Aamira, Aboufaris, Laurentiu, Casarini, Casciano, Chebbatti, Hossain, Iannarone, Maiolo, Medina Perez, Piggioli, Pinzon, Plavci, Preda, Qiouami, Rahaman, Regueiro, Sannino, Taddé, Vignoli, Zhang.
Prof.ssa Traini.