ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Fagnani di Senigallia  (AN) - 3A - 2D

Lo sport non è soltanto il calcio

Tante altre discipline che vedono l’Italia primeggiare sono relegate in secondo piano nonostante i risultati

In tutti i Paesi del mondo c’è uno sport preferito dalla maggior parte della popolazione. Per esempio, in Italia il più diffuso è il calcio, negli Stati Uniti il basket e in Cina il tennis tavolo. Questo, però, non significa che il più famoso e praticato sia l’unico presente, ma accade spesso che gli altri non vengano valorizzati come quello e quasi non ce ne accorgiamo, perché la TV ci mostra soltanto le partite di calcio o, poche volte, di tennis o pallacanestro. Anche se guardiamo i telegiornali, ci accorgiamo che i servizi sulle partite di Serie A vengono trasmessi prima, come se fossero più importanti, rispetto a una vittoria della Nazionale di pallanuoto o di un ciclista nel Giro d’Italia. E anche quando a questi avvenimenti si riesce a dare rilievo, vengono comunque dimenticati da tutti dopo pochi giorni: qualche mese fa l’Italia ha vinto il Mondiale di pallavolo, maschile e femminile, ma oggi… chi se ne ricorda più o ne parla? Ma ancora celebriamo la vittoria della nazionale di calcio del lontano 1982! Persino quando si è giocata la finale degli ultimi Mondiali, vinti dall’Argentina, molti, anche italiani, hanno seguito la partita in televisione e non hanno parlato di altro per settimane. C’è anche un altro non secondario aspetto ovvero gli stipendi, i quali non sono certamente equivalenti per tutti gli sportivi: i calciatori più forti (e famosi) prendono milioni di euro (Cristiano Ronaldo, per esempio, guadagna 200 milioni l’anno, una cifra assurda), mentre i ciclisti percepiscono in media 150 mila euro l’anno, a volte allenandosi e impegnandosi molto di più rispetto ai calciatori. Inoltre non tutte le federazioni sportive hanno abbastanza denaro per pagare adeguatamente i propri atleti. Non avendo un grosso seguito, i media non se ne occupano e, di conseguenza, «girano» meno soldi. Infatti, spesso, molti di essi possono adeguatamente affrontare il percorso sportivo perché facenti parte di forze di Polizia, come Marcel Jacobs, medaglia d’oro nei 100 metri ai giochi olimpici di Tokyo 2020. L’unica eccezione sono proprio le Olimpiadi: il solo evento sportivo seguito in tutto il mondo che non riguarda esclusivamente il calcio e gli altri sport più acclamati, che, anzi, qui spesso sono in secondo piano. Milioni di spettatori si divertono ogni quattro anni per guardare discipline come l’atletica, il nuoto e la pallavolo e tutte le altre che di solito dimentichiamo. Forse bisognerebbe farle più spesso?

Samuele Montironi e Gianmarco Paolinelli III A

Marco Giacomini è il capitano della «Goldengas», la squadra di basket di Senigallia. Lo abbiamo incontrato al Palazzetto dello Sport. Marco Giacomini, quando è nato il tuo amore per il basket? «Il mio amore per il basket è nato quando ero piccolissimo, ero il terzo di tre figli maschi. Mia madre portava i più grandi agli allenamenti, io avevo solo quattro anni ma mi lasciava in palestra con i miei fratelli e poi passava a riprenderci tutti insieme. Dato che ero lì ne approfittavo per allenarmi e alla fine facevo due-tre allenamenti di fila». Sei anche laureato in ingegneria: come hai fatto a gestire studio, basket e lavoro? «Siccome sono tutte cose che mi appassionano, le ho vissute più come un piacere che come un obbligo e quindi sono riuscito a coltivarle senza sforzo, sacrificando magari altri impegni perché sapevo che il sacrificio era per creare le basi del mio futuro». Com’è stata la tua prima partita? «Alla mia prima partita pensavo di non essere all’altezza dei miei compagni di squadra; ma in ogni partita ho messo sempre tutta la grinta e la passione che fanno parte di me. E questo mi è servito a raggiungere degli ottimi risultati». Cosa provi dopo una vittoria e dopo una sconfitta? «Dopo una vittoria mi sento realizzato, perché abbiamo raggiunto l’obbiettivo. Però l’euforia dura poco e subito dopo si pensa alla prossima partita. Quando invece si perde, cerco di capire cosa ho sbagliato e come posso migliorare». «Un aneddoto della tua carriera? «Un aneddoto, non bellissimo ma significativo per me. Mi ricordo uno dei miei primi allenamenti qui a Senigallia, difendevo Paparella, un bravissimo giocatore argentino molto più grande di me. Durante una partita per riuscire a rubargli la palla, gli davo scorrettamente delle gran botte sulle braccia. A un certo punto lo vedo molto arrabbiato, mi ha afferrato per le spalle e mi ha lanciato contro le transenne. Da quel giorno, ho capito che in campo bisogna avere rispetto per gli avversari». In una battuta: cos’è la pallacanestro per te? «Fa parte di me e della mia vita, se un giorno non vado ad allenarmi sento che mi manca qualcosa; è un pezzo della mia vita che fin da piccolo mi porto dietro. E quindi per me giocare a basket è pura gioia».

Sofia Oukass e Carlo Federiconi II D

La lotta alla processionaria è necessaria su tutto il territorio nazionale, e Senigallia non fa eccezione. L’obiettivo è contenere la presenza di quest’insetto che può minacciare seriamente la nostra salute e quella dei nostri amici a quattro zampe. La processionaria del pino, come dice il nome, nidifica sui rami dei pini ed è per questo motivo che può essere pericolosa per i bambini che passano sotto questo tipo di alberi. La sua larva, infatti, è ricoperta da peli molto urticanti. Ecco perché il Comune di Senigallia ha iniziato un’importante opera di prevenzione, intervenendo nei giardini delle scuole. Nei giorni scorsi gli operatori del Servizio Ambiente hanno potato i rami su cui erano visibili i nidi della processionaria, in questo periodo simili a dei batuffoli di cotone e dunque ben riconoscibili. In alternativa si possono utilizzare anche insetticidi biologici, trappole meccaniche o tecniche di endoterapia, che sfrutta il sistema circolatorio delle linfe interne dell’albero per creare un ambiente ostile all’attecchimento delle processionarie. In caso di contatto con questo insetto è comunque necessario sciacquare immediatamente la parte colpita dalla tossina urticante, togliendo i peletti rimasti sulla cute. Si tratta infatti di non sottovalutare il pericolo, perché i peletti si potrebbero infilare sotto la pelle causando gravi irritazioni.

Carlo Federiconi e Nicolò Rossi II D

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