ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Zanotti di Bologna (BO) - 2A

Il baskin: a vincere è solo l’unione tra persone

Abbiamo scoperto questo sport molto inclusivo, dove chi ha disabilità partecipa senza problemi insieme agli altri

Abbiamo voluto intervistare Bianca Sacco, allenatrice del Baskin Bologna per conoscere questo sport.

Quando e dove è nato il baskin? «È nato a Cremona nel 2001 in una scuola media, grazie ad un insegnante e al papà di una ragazza con disabilità».

Cosa cambia tra baskin e basket, ma soprattutto chi attribuisce il numero del livello a ciascun giocatore? «Nel baskin possono partecipare anche le persone con difficoltà motorie, perciò ci sono due aree laterali per permettere loro di tirare senza essere marcate.

Ogni giocatore, con o senza disabilità, ha un numero di livello che è attribuito dall’allenatore in base alle sue capacità».

Questo sport è praticato in tutta Italia? C’è una quota di iscrizione alla squadra? Per assistere alle partite si paga? «È praticato in tutta Italia tranne in due regioni. La quota d’iscrizione è minima ma per assistere alle partite invece non si paga».

Perché ha deciso di allenare una squadra di baskin e non di basket? «Conobbi un ragazzo con disabilità che giocava a basket all’interno di un progetto, finito il quale, non sapeva più dove poter giocare. Allora decisi di allenare una squadra di baskin per poterlo inserire».

Ha mai avuto difficoltà nell’allenare persone con disabilità? Sono mai arrivati insulti dal pubblico? «Certo, ho avuto difficoltà anche perché ogni giocatore è diverso dall’altro e ho dovuto adattarmi alle esigenze di tutti.

Per fortuna non sono mai arrivati veri e propri insulti, però a volte il pubblico si scalda». Pensa che in Italia ci siano ancora molte persone che devono sviluppare una mentalità aperta come quella alla base del baskin? «Sono molte le persone che temono le fragilità, proprie e altrui, invece bisogna imparare ad apprezzare le differenze: nel baskin ho imparato che ognuno scopre la propria umanità, soprattutto chi non ha disabilità.

Se coinvolgeremo più persone, in Italia si potrà vivere meglio».

Classe 2A: Afzal Mah Noor, Ambu Matteo, Andriani Zanirato Diego, Bonfiglioli Kristian, Caliendo Alessandro, Cremonini Aurora, Curos Nicolae, D’Ambrosio Vittorio, Garavaldi Emma, Genovese Samuel, Liguoro Christian, Lucchi Greta, Maccaferri Giacomo, Maffei Lena, Menozzi Valerio, Moraru Denis, Ndiaye Ibra, Pavliv Khrystyna, Pigaiani Andrea, Ravetti Maria Vittoria, Sangermano Camilla, Tonuc Beyzanur, Vaira Giulia, Vega Viktor, Volpe Marco. Docenti: Tiralongo Natascia, Deleo Carmen.

 

Lo scorso anno abbiamo scritto un libro in Caa (comunicazione aumentativa alternativa) che parla della storia di Bologna, la nostra città. La Caa è uno strumento che aiuta le persone con difficoltà di comunicazione associando alle parole, simboli corrispondenti. L’utilizzo della Caa ci ha permesso di includere un nostro compagno con disabilità, abbattendo così molti ostacoli testuali che di solito limitano la sua partecipazione alle nostre attività. Questo progetto, infatti, è stato molto importante per rafforzare le relazioni nel nostro gruppo e per farci rendere conto di tutte le barriere architettoniche e culturali che spesso sottovalutiamo durante la vita quotidiana. Per prima cosa ci siamo divisi in gruppi: ognuno doveva approfondire uno specifico monumento di Piazza Maggiore. C’erano i disegnatori che si occupavano delle illustrazioni e gli scrittori per il testo. Successivamente, aiutati dalla prof.ssa Deleo, abbiamo trascritto il testo in Caa tramite un software.

Durante le ore di Arte abbiamo reinventato la facciata di San Petronio che è rimasta incompleta nel tempo. Abbiamo effettuato, poi, un’uscita al centro storico in cui ognuno ha fatto da guida sul monumento assegnato. Anche il nostro compagno ha partecipato studiando sul libro in Caa. Il titolo del nostro libro è ’Disognando Bologna’ perché abbiamo disegnato e sognato insieme la nostra città senza barriere. Quest’attività ci ha aiutati a non farci influenzare dai pregiudizi riguardo alla disabilità e ci ha fatto superare l’imbarazzo che spesso nasce parlandone.

Questa esperienza potrebbe essere utile anche ad altre classi, considerati i pregiudizi ancora molto diffusi nella società.

 

Dagli Anni ‘60 fino ad oggi sono cambiate molte cose riguardo alla disabilità. All’inizio molti bambini, se avevano qualche difficoltà, venivano mandati in scuole speciali. Don Lorenzo Milani fu uno tra i primi insegnanti ad accorgersi che il trattamento che avveniva in queste scuole non rispettava i bambini, perciò nel 1967 scrisse il libro ’Lettera ad una professoressa’ in cui denunciava la scuola italiana che scoraggiava i più deboli e spingeva avanti solo i più forti. Un grande traguardo è stato raggiunto con la legge n.517 del 1977, che ha abolito le classi differenziali e ha inserito i bambini con disabilità nelle classi comuni, in modo che riuscissero a socializzare con tutti. E noi cosa possiamo fare per favorire l’inclusione? Sviluppare l’empatia, ovvero la capacità di metterci nei panni degli altri, renderci conto che la diversità non è uno svantaggio perché dalla relazione con gli altri ognuno di noi può imparare qualcosa. Inoltre nella vita quotidiana ci sono tante barriere che ostacolano le persone con disabilità, per questo è molto importante capire come modificare il contesto in modo tale da permettere a tutte loro di essere autonome nella vita di tutti i giorni.

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