Medio Oriente, un conflitto di ideologie
Palestina e Israele combattono da sette decenni per un pugno di terra, spinti da un sentimento di odio che va fermato
La striscia di Gaza è lunga circa 40 chilometri e la sua superficie complessiva è di appena 365 chilometri quadrati, circa la metà del Comune di Ravenna. Eppure, in quel territorio da più di settant’anni si combatte in maniera ferocissima, lo stiamo vedendo ormai da tempo. Non solo. Lì, in quell’area semidesertica, in cui la guerra continua ininterrotta, abitano 2.100.000 persone. La cosa ancora più assurda del conflitto tra Israele e Palestina è che si combatte da ormai sette decenni per un territorio grande come Piemonte e Valle d’Aosta, in gran parte desertico e senza risorse. È a tutti gli effetti un territorio che di norma verrebbe ignorato dalle grandi potenze. Eppure, la quantità di forniture militari e di denaro che dalle potenze arabe e occidentali arriva in quel pugno di terra per infiammare la guerra, è incredibile.
Tutte queste misure e questi paragoni fanno ragionare su un fatto che ci lascia sconvolti: l’uomo è disposto a combattere per anni, su un territorio che è di poco valore pur di avere la meglio su un popolo rivale. Perché è proprio l’odio a incentivare più di ogni altra cosa questa guerra.
L’odio tra due popoli che fin dall’arrivo dei primi coloni ebrei non sono riusciti a convivere in pace e ancora oggi continuano a combattere senza tregua.
Persino gli aiuti umanitari, che tentano di limitare i danni senza riuscire a contenerli, sono ostacolati sia da Hamas che da Israele. Allora perché non si sono mai fermati? In fondo, è chiaro che questa guerra non potrà risolvere in alcun modo il problema che sta alla sua base.
Forse un po’ di sfortuna c’è stata, visto che quando si stava per trovare la pace, negli anni Novanta, si è messo in mezzo il terrorismo.
Ma non può essere solo questa la giustificazione per continuare a combattere. Il punto è che ogni governo che sia mai stato chiamato in causa ha lottato finché c’è stata la possibilità. Non solo, ad oggi, la situazione si sta facendo sempre più tragica. Insomma, in questa grave vicenda non esistono né buoni né cattivi.
Forse è il momento che prima ancora dei leader, i popoli di quei luoghi escano dalla mentalità della vendetta ed entrino in quella del compromesso, per davvero. Non possiamo sapere come andrà a finire, possiamo solo sperare che si trovi una soluzione.
Barbara Pignato 2MB Oscar Camporesi 3MA
La guerra tra Palestina e Israele è razzi e distruzione. Ma vi siete mai chiesti come vivono i civili di questi Paesi? Pensate di non poter andare al lavoro o a scuola, non perché è un giorno di festa, ma perché l’azienda per cui lavorate o la scuola che frequentate non ci sono più. Questo è solo uno dei problemi “minori” che vivono ora i civili a Gaza. Immaginate quali possono essere i problemi maggiori, come la fa-me o l’impossibilità di recarsi all’ospedale. Ogni civile di Gaza sta subendo fortissimi traumi a livello psicologico, soprattutto i bambini. E non ci si può dimenticare degli israeliani che sono ancora in ostaggio: chissà cosa pensa in questo momento ognuno di loro.
Abbiamo visto dai telegiornali che tutte queste persone, palestinesi o israeliani, stanno cercando di aggrapparsi alla speranza per andare avanti. Purtroppo, però, tutte le restrizioni e i danni che vivono sono davvero incidenti nella loro vita. In tutte le guerre sono sempre i civili a rimetterci, che il popolo in questione sia oppresso o che opprima, i civili sono i più esposti. Pensate di non avere più niente, di avere costantemente sete e fame. Immaginate la vostra vita senza la scuola o lontano dalla vostra famiglia: ecco, allora forse potrete avvicinarvi di pochissimo a quello che vivono i civili in questa orribile guerra.
Nadia Mischi 1MA,Elena Stupazzoni 1MB,Marina Mottin 2MB
Nel corso del lungo conflitto tra Israele e Palestina molte potenze straniere si sono intromesse: chi per scopi economici, chi per scopi strategici, qualcuno anche per questioni etnico religiose. Gli Usa, per esempio, sono sempre stati sempre in prima linea: dalla fine della seconda Guerra Mondiale hanno molti interessi da difendere. A differenza di ciò che si può pensare, nei 70 anni di questa guerra gli States non si sono sempre schierati al fianco dello stato ebraico. Infatti, quando, durante la crisi di Suez, l’Egitto assunse il totale controllo del canale scatenando la reazione franco-inglese che portò a un intervento israeliano contro la Lega Araba, Usa e Urss appoggiarono l’Egitto. Dalla riaccensione del conflitto lo scorso 7 ottobre 2023, gli Usa stanno dimostrando una ferma alleanza nei confronti di Israele (basti pensare che la quasi totalità della sua flotta aerea è formata da velivoli statunitensi). In conclusione, cosa c’entrano alla fine tutte le altre potenze nel conflitto? La risposta non sta a noi darla, possiamo solo sperare che il loro impegno si concentri nel trovare la pace.
Massimiliano Recrosio 2MB, Tommaso Ventura 1MA