A lezione per superare gli stereotipi di genere
Il lavoro degli insegnanti, partiti da una riflessione storica sulla condizione della donna e dal terribile caso di Giulia Cecchettin
Tutto è cominciato con un evento di cronaca tragico, la morte di Giulia Cecchettin che ci ha scosso profondamente.
Dalle riflessioni emerse è nato un progetto scolastico sull’obiettivo 5 dell’Agenda 2030: ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione.
Per capire come la donna è stata considerata nei secoli abbiamo iniziato dai libri di storia: il terribile periodo della caccia alle streghe, ma anche i dipinti di donne degli artisti del Rinascimento. E poi le prime riforme di Giolitti per tutelare la maternità, le suffragiste che hanno lottato per il diritto di voto, le conduttrici di autobus della prima guerra mondiale, le staffette partigiane. Fino ad arrivare alla nostra Costituzione che nell’art. 3 sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso e l’articolo 37 che sancisce in modo solenne che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti del lavoratore. Gli alunni di prima hanno addirittura osservato il ruolo della donna nelle fiabe tradizionali dove l’eroina protagonista è una principessa ben lontana dall’essere artefice del proprio destino, mentre nelle fiabe moderne è coraggiosa e dotata di capacità decisionale.
Sicuramente l’attività più coinvolgente è stata quella di riconoscere gli stereotipi di genere nelle pubblicità, nei modi di dire «non fare la femminuccia» e nei proverbi «Donna al volante pericolo costante». Abbiamo intervistato le nonne e constatato come il ruolo della donna all’interno della famiglia sia cambiato. La scienza, contro lo stereotipo che vuole le donne non essere portate per lo studio delle materie scientifiche, ci ha presentato Rita Levi Montalcini che ha rivoluzionato la neurobiologia, Rosalind Franklin, famosa per lo studio del DNA, Laura Conti, tra i fondatori di Legambiente. Dopo tante attività la nostra mente si è attivata a riconoscere gli stereotipi e abbiamo deciso di impegnarci a non riprodurli, per non fare di una differenza una disuguaglianza. E quindi alla domanda: è possibile un’educazione agli stereotipi di genere? Noi rispondiamo: Sì grazie!
In redazione gli alunni della 3D: Maya A. Tommaso B. Giorgia B. Diego C. Martina C. Ginevra G. Giorgio G. Yassin K. Giada L. Daniele M. Rebecca M. Gioia N. Emmanuel N. Tommaso P. Thineth P. Alessia P. Gaia Q. Giulia R.M. Nelly R. Camilla S. Niccolò S. Giuseppe V. Simone Z. 3E: Anna A. Ivan A. Giulia B. Mattia B. Rebecca B. Anna Jane D. Cristian D. Giovanni D. Liam D.M. Giulia G. Massimiliano G. Beatrice L. Lorenzo L. Mathilda L. Montanari S. Raffaella N. Matilde P. Alessandro R. Elena S. Lorenzo T. Sara U. Tommaso V. Professoresse Gironi M. e Martinelli F.
Com’era composta la vostra famiglia e quali erano i ruoli? «Molte di noi provengono da famiglie patriarcali, che contenevano più nuclei familiari. Gli uomini lavoravano e mantenevano la famiglia, noi donne ci occupavamo dei bambini, degli anziani e delle faccende domestiche.
Noi donne non potevamo prendere decisioni, se non quelle che riguardavano le faccende di casa». Avete frequentato la scuola? Se sì, fino a quale classe? «Molte di noi hanno potuto frequentare solo fino alla quinta elementare, solo Carla e Maura hanno fatto l’università e sono vissute in un contesto più moderno. Tutte però, avremmo voluto continuare gli studi».
Quando vi siete sposate le cose sono cambiate? «Per alcune di noi la vita è migliorata, per altre è rimasta uguale. Un notevole miglioramento si è notato con il boom economico. Alcune di noi hanno iniziato a lavorare in paese o in città e ad uscire».
Cosa pensate degli stereotipi di genere? «Abbiamo vissuto in un’epoca in cui la donna era considerata inferiore all’uomo, sia come capacità, sia, a volte, come dignità. Molti atteggiamenti erano tollerati ed accettati, anche se profondamente ingiusti. Oggi, per fortuna, le cose stanno cambiando». Ringraziamo per la loro testimonianza Antonietta S.
Elisa F. Maura P. Carla P., Antonia D., Carla Z. e Maria R.
Una donna che ha infranto gli stereotipi di genere, in un tempo in cui pochi osavano farlo, è sicuramente Augusta Fornasari, alla quale è intitolata la nostra palestra. Augusta Fornasari è stata la prima campionessa di ciclismo femminile su strada nel 1948, all’età di ventisei anni. Nacque alla Malvezza (Molinella) il 27 novembre 1921 poi si trasferì ai Casoni di Mezzolara. Fin da giovane coltivò la sua passione per la bicicletta, sia per piacere personale, sia per dare una mano al padre, consegnando il pesce ai clienti di Bologna. Vedendola passare velocissima in sella alla sua bicicletta, la gente sorrideva, non era infatti usuale vedere una donna sulle due ruote! Durante la Resistenza, divenne una staffetta partigiana e per questo fu riconosciuta ’Patriota’ e Staffetta Partigiana della 4° Brigata Garibaldi-Venturoli.
Nel 1949 vinse la seconda edizione della ’Corsa al Mare’ (Bologna-Pesaro) affermandosi poco dopo nuovamente Campionessa Italiana a Voghera. Gareggiò fino al 1955 vincendo vari trofei. Poi si ritirò dall’attività sportiva iniziando a Budrio l’attività di trasporto privato con la sua auto. Fu, anche in questo caso la prima donna a svolgere questo tipo di attività.