ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Mattei di Acqualagna (PU) - 3A, 3B

Essere schiavi del cellulare ci rende alieni

La «nomofobia», cioè l’uso ossessivo del telefonino, genera un disturbo molto preoccupante. Senza l’apparecchio ci si sente persi

Con il termine “Nomofobia“ (“no mobile phone phobia”) si intende la condizione psicologica di ansia tipica di chi smarrisce il cellulare e prova una paura esagerata al solo pensiero di non ricevere informazioni dal mondo virtuale. Questa angoscia potrebbe aumentare e condurre a sensazioni fisiche simili all’attacco di panico. Altri sintomi legati a questa dipendenza sono: fobia sociale, alterazioni nella respirazione, agitazione, disorientamento, tachicardia, tremore.

L’utilizzo eccessivo del cellulare è legato alla necessità di essere in contatto continuo con qualcuno, “bisogno” talmente diffuso che passa quasi inosservato.

Tuttavia, se si analizza il fenomeno a livello cognitivo-comportamentale, emerge una difficoltà a tollerare la separazione e la solitudine e, di conseguenza, il telefono diventa lo strumento per garantire la relazione e la presenza fisica dell’altro. Questa dipendenza è dovuta anche al bisogno di “esibirsi”, di scaricare nuove applicazioni e giochi più sofisticati che allargano la platea dei conoscenti. Per alcuni vedere una notifica apparire e poi sparire, una volta controllata, dà loro un senso di soddisfazione. Le persone che soffrono di questo disturbo si individuano per i loro comportamenti alienanti: usano il telefono in posti inadatti, monitorano costantemente lo schermo, mantengono sempre il credito attivo, hanno atteggiamenti maniacali nei confronti del cellulare, trascorrono molto tempo al telefono.

La nomofobia, amplificata dall’isolamento forzato della pandemia, sta assumendo dimensioni preoccupanti anche tra gli adolescenti, ossessionati dall’uso del cellulare. Per quanto possa essere utile lo smartphone, trovarsi in una condizione di totale dipendenza può influenzare negativamente la vita, interferendo con le relazioni interpersonali, il lavoro e la salute mentale. Per guarire oltre a un supporto psicologico, è necessario partecipare ad attività sociali, coltivare interessi e hobby al di fuori del mondo digitale, parlare “in presenza” con amici e familiari: così si diventa liberi e indipendenti dalla nomofobia!

Viola Casagrande Moretti, Celeste Irma Ciglic, Tommaso Olivi, Leonardo Pampanini, Anna Saltarelli, Eleonora Urbinati, Nicole Visconti (3ªA)

 

Al giorno d’oggi, le tossicodipendenze purtroppo sono aumentate a livello globale e molte persone, tra cui minorenni, ne fanno uso e abuso esponenziale. La tossicodipendenza è uno stato in cui l’individuo fa uso eccessivo di sostanze, aumentando sempre di più la dose da assumere per amplificare l’effetto e avere per un tempo limitato uno stato di estasi e godimento effimeri che però influisce pesantemente sulla coscienza della persona. Le tossicodipendenze comprendono le droghe che possono essere naturali o sintetiche.

Sono sostanze psicoattive che possono entrare all’interno del corpo, tramite inalazione, iniezione, ingestione, fumo o assorbimento. La riabilitazione è lunga e dura per l’individuo dipendente. Il percorso terapeutico è diviso in fasi che vanno, dalla disassuefazione, alla disintossicazione e alla reintegrazione nella vita sociale e famigliare.

A causa di ricadute, il paziente è fragile e può essere “richiamato” al consumo della droga, con conseguenze molto gravi e a lungo termine per il cervello: paranoia, ansia, depressione, allucinazioni. Notevoli anche i danni fisici a breve e a lungo termine i più importanti riguardano i sistemi e gli organi interni.

Tommaso Balducci, Brando Giorgini, Alessandro Mariotti, Salaheddine Mezyan, Niccolò Rombaldoni (Classe 3ª B)

 

L’alcol è un “soggetto” pericoloso, ma è frequente che venga assunto con leggerezza.

La scarsa considerazione riguardo l’alcol, è la causa di come viene valutato da adulti e giovani: è la normalità.

Esso purtroppo può essere trattato come una via d’uscita dalla “vita reale”, per scappare dai propri problemi, per dimenticare le responsabilità, gli errori, le paure e le incertezze che tormentano la persona. Chi soffre di questa dipendenza, si chiama alcolista, ma quando si può considerare tale. Un alcolista è chi non si controlla mentre beve e quindi consuma una notevole quantità di alcolici, anche in poco tempo, inoltre la frequenza è via via sempre più alta e ricorrente.

L’alcolismo causa molti danni fisici e psicologici, compresi quelli che riguardano la propria vita sociale. Secondo alcune statistiche, in un arco di 12 mesi e tra persone di età compresa tra 18 e 29 anni, le percentuali sono il 26,7% per gli individui che soffrono di dipendenza da alcol e il 7,1% per chi soffre dello stesso disturbo, ma in modo più grave. Invece le persone che soffrono della dipendenza da alcol e hanno 65 anni o più sono il 2,3%.

Si può notare che con l’avanzare dell’età, la percentuale diminuisce, perciò i consumatori di alcol più numerosi sono i giovani adulti. Perché si diventa alcolisti? Le possibili cause della dipendenza possono essere genetiche, sociali o psicologiche. Per fattore genetico si intendono persone che hanno genitori alcolisti e, purtroppo, avranno il 30% di probabilità in più di diventarne uno. I fattori sociali hanno un grande impatto riguardo questo ambito, infatti atteggiamenti o qualche svolta negativa nella propria vita può favorire il consumo di alcol.

Aurora Demuru, Gemma Magnoni, Laura Marconi, Alice Paolini, Noemi Rosetti (Classe 3ª B)

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