ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado E. Campanini - La Nuova Scuola di Pesaro (PU) - Classi Seconde e Terze

Fuori dalla nebbia, la storia esce dagli archivi

Gli studenti delle classi II e III hanno incontrato Virgilio Benvenuti. Sua mamma fu catturata dai tedeschi perché era ebrea

Quando leggiamo le pagine dei libri di storia tendiamo spesso a pensare: «Questo non ha a che fare con me». Ma anche Pesaro, la nostra città, è stata colpita dalle leggi razziali del 1938, e a pagarne le conseguenze è stata Valentina Del Vecchio, mamma di Virgilio Benvenuti, che abbiamo incontrato a scuola.

All’epoca Benvenuti aveva otto anni e sua mamma «apparteneva alla razza ebraica». «Mia madre» racconta «era insegnante elementare nella scuola di Montegridolfo con obbligo di residenza. Nel settembre del ‘38 mentre io preparavo la mia cartella di cartone con tutto l’occorrente per la scuola vedevo che mia madre non preparava la sua solita valigia: infatti era stata esclusa dall’insegnamento. In ordine alle leggi razziali tutti i beni appartenenti agli ebrei furono sequestrati, ma fortunatamente la nostra casa era intestata solo a mio padre, non ebreo».

Nel 1943 accadde un fatto drammatico: «il pomeriggio del 2 dicembre giocavo con i miei amici in strada, quando vidi arrivare una macchina. Scesero due uomini, che entrarono in casa mia, ne uscirono con mia madre nel mezzo e la portarono via. Mia madre venne imprigionata a Rocca Costanza, destinata ai campi di concentramento.

Per fortuna, se così si può dire, a causa delle sue precarie condizioni di salute, dopo qualche giorno venne liberata. Dopo che la burrasca passò né mia madre né mio padre parlarono più di quanto accaduto e, finita la guerra, il silenzio calò sui fatti».

Chi era stato vittima cercò di dimenticare, per chi era stato carnefice era più conveniente scordare. Con il passare del tempo, ormai pensionato, Benvenuti percepiva come una nebbia dalla quale qualcosa tentava di emergere. «Per cercare le risposte a quelle domande che non avevo mai rivolto a mia madre, mi affidai agli archivi storici».

Dalle ricerche di Benvenuti è nato un libro, Fra storia e ricordi, che lui ha scritto con cura e passione ricostruendo, attraverso la storia di sua madre, la storia degli ebrei a Pesaro. Avere avuto a che fare con una persona, aver incontrato Benvenuti, ci ha reso più familiare quel passato, ci siamo sentiti parte della sua storia e interpellati come custodi della sua memoria.

Classi II e III

 

La presenza ebraica a Pesaro si attesta sin dal 1200 ma subì un forte incremento nel ‘500, quando gli Ebrei fuggirono da Ancona dove era appena stato istituito il ghetto. Nel 1631 anche gli Ebrei pesaresi vennero confinati nel ghetto che corrisponde all’isolato delimitato dalle vie Castelfidardo, Levi Nathan, Di Ventura e Pellipario.

Qui vivevano in condizione di isolamento: le porte del ghetto erano aperte all’alba e richiuse al tramonto e durante la notte non era possibile né accedervi né uscire.

Dopo il 1860 gli Ebrei riuscirono ad ottenere maggiore libertà, ma dal 1938 subirono gli effetti delle leggi razziali e furono sottoposti a sorveglianza e a rastrellamenti durante i quali alcuni furono anche arrestati.

All’interno del Ghetto, in via delle Scuole, erano presenti ben tre sinagoghe: una di rito italiano e due di rito sefardita. Le due di rito spagnolo sono state smantellate e oggi è possibile ammirare solo quella italiana, non più in funzione. Il fulcro di questo edificio, irriconoscibile dall’esterno poiché era proibito rendere visibili le sinagoghe, è la luminosa sala delle preghiere, luogo di commento delle Sacre Scritture, costruita seguendo i dettami della religione ebraica. Essa non era solo un luogo sacro, ma centro della vita comunitaria.

Giorgio Cecchini e Martino Valentini classe II

 

La filosofa tedesca Hannah Arendt assiste nel ‘61 al processo ad Eichmann, gerarca nazista accusato di crimini contro il popolo ebraico, contro l’umanità e di guerra. Dopo aver seguito il dibattimento in aula, arriva a comprendere che egli non era un uomo crudele, ma un semplice esecutore di ordini, ligio al dovere.

«Egli non capì mai che cosa stava facendo. Non era stupido; era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi criminali di quel periodo». Colpiti da questo giudizio, ci siamo resi conto che la possibilità di compiere il male, anche inconsapevolmente, riguarda ognuno di noi. Un uomo che non è cattivo, ma privo di pensieri o ideali a cui tendere, può compiere il male senza neanche volerlo. Ci siamo quindi chiesti che cosa occorre per riconoscere il male e non rendersene complici. Attraverso alcune letture, abbiamo capito che bisogna innanzitutto stare di fronte a ciò che accade, conoscere i fatti nella loro verità, ascoltare la propria coscienza e non essere indifferenti, ma avere il coraggio di seguirla per fare la cosa giusta. La coscienza è ciò che ci permette di riconoscere quel che è giusto e quel che è sbagliato, è innata in noi e oggettiva: Lewis la definisce «legge della natura umana», una legge razionale che, se seguita, garantisce l’ordine nel mondo.

Opporsi al male, riconoscerlo e non esserne partecipi è possibile. È una scelta difficile, ma sta a noi decidere chi siamo e quale ideale ci guida. Chi si conosce davvero e sa ascoltare la sua coscienza adeguando ad essa le sue posizioni, saprà sempre qual è la cosa giusta da fare.

Laura Ministeri e Agostino Farinelli classe III 

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