ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Pascoli di Calisese (FC) - 3H

La Romagna nei racconti dei nonni

«A scuola si usava il pennino intinto nell’inchiostro, l’intervallo durava mezz’ora e si mangiava il pane con l’olio»

Per sapere come i giovani romagnoli di un tempo vivevano la quotidianità abbiamo chiesto a Rita Suzzi, nonna di Beatrice, che ha frequentato una scuola pubblica a Cesena. «Le lezioni cominciavano alle 8 e terminavano a mezzogiorno – ci ha raccontato – ma alle 10.30 iniziava l’intervallo di ben 30 minuti. Durante la pausa facevamo merenda con frutta e pane e giocavamo con i regoli, che però non tutte le classi possedevano. Le classi erano composte interamente da maschi o femmine e ogni giorno, prima di incominciare, si diceva la preghiera».

Il nonno di Samuele, Quarto Giulianini, ci ha descritto le aule che «erano fornite di lavagna, cattedra, stufa e banchi. Di fianco alla lavagna nera si trovava una scatola con i gessetti e il cancellino. La maestra si sedeva alla cattedra, vicino la stufa di terracotta, alimentata a legna che riscaldava tutta la classe. Lalegna veniva portata da un camioncino e poi distribuita nelle classi. I banchi si potevano aprire, presentavano uno scomparto in cui mettere i libri e un foro per il calamaio riempito dalla bidella all’inizio della giornata.

Per scrivere si usava il pennino intinto nell’inchiostro».

«Questo – secondo nonno Quarto – era uno degli aspetti più complicati. Infatti era difficilissimo scrivere senza macchiare il foglio; una volta completata la pagina bisognava applicare la carta assorbente che spostandosi anche solo di un millimetro rischiava di imbrattare tutto. Pesanti erano le punizioni: quando i bambini chiacchieravano la maestra li bacchettava sulle mani con un legnetto o li invitava a mettersi in ginocchio sui ceci dietro la lavagna. Non mancano però i bei momenti da ricordare: durante la ricreazione mangiavo sempre la piadina con il prosciutto o un pezzo di pane con l’olio. Quando la scuola finiva tornavo a casa e, dopo aver mangiato, aiutavo mio padre nei campi».

Giovanna Zanelli, nonna di Alice, ha fatto un tuffo nei ricordi: «Ricordo le giornate passate nella grande casa di famiglia con i mattoni rossi. Non avevo molto tempo libero perché, finita la scuola, aiutavo mio babbo nei campi. Mi piaceva giocare con gli animali della fattoria e cucire vestiti per le mie sorelle».

Alunni: Battistini Alessia, Bocchini Luigi, Bongiorno Beatrice, Cepeda Burga Brian, Cepeda Burga Elvis, Citarella Marta, Darouachi Saber, El Brini Wafaa, Faedi Samuele, Gasperini Federico, Giorgini Crispian Sebastian, Guidi Linda, Mitev Todorov Marinov Mitev, Mortani Alberto, Noumi Hadhria, Ostolani Lorenzo, Pesaresi Mattia, Pistocchi Anita, Placuzzi Giacomo, Teodorani Vittoria, Ventrucci Alice. Docenti: Boninsegna Elisabetta, Liardo Gianluca.

 

«Ricordo i giri in bici e le giornate soleggiate passate a giocare a settimana all’ombra degli alberi – dice Rosanni Ricci, nonna di Mattia (nella foto)-. Nelle giornate nuvolose si stava in casa a giocare a carte e ascoltare la radio. Si andava a piedi a scuola e a messa, nei giorni di festa». «Io non avevo voglia di andare a scuola – racconta Gilberto Casadei – ma mia mamma voleva che imparassi qualcosa per poi andare a lavorare e aiutare la famiglia. C’era la guerra, erano anni duri e non avevo tanto tempo libero perché, per aiutare i miei, lavoravo nei campi e badavo gli animali. Per distrarmi un po’ costruivo giochi con il legno. Ricordo che una volta io e i miei amici costruimmo dei finti fucili e cominciammo a giocare».

Dell’alimentazione di un tempo ci ha parlato Stelio Teodorani, nonno di Vittoria, che, tornato da scuola, mangiava la pasta in brodo, il lesso (se c’era) o due fette di mortadella. A volte si cenava con fricò, salsicce, baccalà o sardine. Nonna Giovanna ci ha parlato delle sue difficoltà: «Alle superiori mi sarebbe piaciuto uscire per andare al mare, a prendere un gelato o a ballare, ma ho perso entrambi i genitori e ho dovuto iniziare a lavorare per aiutare le mie sorelle più piccole a continuare gli studi».

Gli studenti della III H della scuola di Calisese

 

«La mia merenda preferita – ricorda nonno Stelio – era il panino con la mortadella o il salame e l’uovo sbattuto. E’ curioso, ma ancora oggi, bene o male, la mia dieta è sempre la stessa, ovviamente con più opzioni nella scelta del cibo». La nonna di Alessia, Maria Assunta De Cesari, ricorda invece la colazione fatta con latte e pane raffermo; i biscotti o il pane con le noci venivano invece mangiati a scuola, durante la ricreazione. «A pranzo la mamma  preparava la pasta e gli affettati fatti in casa da mio padre, a merenda mangiavamo il pane con pesche o mele raccolte dietro casa e a cena l’insalata dell’orto, l’uovo, zucchine e pomodori d’estate, mentre d’inverno cavoli e finocchi. Raramente a tavola si trovava la carne, perché era molto costosa». Queste interviste ci hanno fatto riflettere su come la vita di un tempo fosse dura – anche per i giovani che dovevano fare i conti con la guerra e le privazioni – ma forse anche più semplice, naturale e umana: nessuno dei nonni, infatti, ci ha parlato di ansia, dipendenze o altri disturbi dell’umore che spesso tormentano i ragazzi di oggi.

Gli studenti della III H della scuola di Calisese

 

Gli alunni della 3^H indagano sullo stile di vita dei ragazzi di un tempo. La Romagna è, a detta di molti, una terra in cui si vive bene: il mare e i monti sono a due passi, si mangia bene e le città sono ricche di storia. Di certo offre anche ai giovani tante occasioni di divertimento, ma noi, alunni della III H, ci siamo chiesti come vivessero i nostri nonni da ragazzi e abbiamo chiesto loro di parlarci della scuola, della vita quotidiana e del cibo della Romagna di quei tempi.

Nella foto: nonno Alberto Tenaglia, disegno di Anita Pistocchi

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