ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Oriani di Casola Valsenio (RA) - 2A

Chi sono gli ignavi del nostro tempo

Le riflessioni dei ragazzi della scuola media ‘Oriani’ di Casola Valsenio, dopo aver studiato il Canto III della Divina Commedia

Durante l’anno scolastico, studiando la Divina Commedia, abbiamo affrontato alcune tematiche che ci hanno consentito di fare un confronto con l’attualità; in particolare abbiamo approfondito l’argomento degli ignavi, cercando di capire chi potrebbero essere oggi.

Ma torniamo alla Divina Commedia, esattamente al III Canto dell’Inferno, in cui Dante vede una schiera di anime che corrono inseguendo un’insegna velocissima, punzecchiati continuamente da vespe e mosconi. Dante chiede a Virgilio chi sono e il Maestro gli spiega che sono le anime di coloro che in vita non hanno agito né per il bene né per il male, non hanno mai preso una posizione, vivendo tutta la vita “senza infamia e senza lode”. Proprio per questo Dante li colloca nell’Antinferno, perché li ritiene indegni sia della felicità del Paradiso sia delle pene dell’Inferno. Il disprezzo di Dante nei loro confronti è molto evidente, a tal punto da far dire a Virgilio: “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Ma perché Dante nutre nei loro confronti un disprezzo così profondo? Perché, secondo il Poeta, l’uomo nella vita deve fare delle scelte, deve scegliere ad esempio tra il Bene e il Male, ma deve anche schierarsi politicamente, come aveva fatto lui, a tal punto da essere esiliato per motivi politici.

E oggi chi potrebbero essere gli ignavi? Nella società moderna potrebbero essere considerati ignavi coloro che peccano di vigliaccheria ed egoismo, le persone che non prendono mai parte agli eventi, che tendono a seguire la maggioranza per non avere problemi, che non si schierano. Sono quelli che vivono senza far nulla di buono né di cattivo, che hanno paura di agire, di esprimere le proprie idee e che non prendono posizione per paura di essere giudicati.

Che non hanno interessi. Che lasciano fare gli altri, non partecipando alle varie forme della vita collettiva.

Secondo noi questo atteggiamento è assolutamente sbagliato, ognuno di noi dovrebbe impegnarsi attivamente, con forza e carattere, senza temere il giudizio e le critiche degli altri, ma soprattutto non rimanere in silenzio e lasciare che gli altri decidano il nostro futuro; dimostrare determinazione anche nelle piccole azioni quotidiane, anche esprimendo critiche.

Nel nostro piccolo, per contrastare questo atteggiamento passivo, abbiamo deciso di entrare a far parte del Consiglio Comunale dei Ragazzi, che è una forma di partecipazione all’attività comunale e che mira a un coinvolgimento diretto dei ragazzi nella vita del proprio territorio. Per noi far parte del CCR ha un significato importante, perché abbiamo la possibilità di svolgere attività in cui possiamo prendere decisioni che hanno una ricaduta sia a scuola sia nel nostro paese, esprimendo le nostre opinioni, condividendo idee e discutendo liberamente nel rispetto delle regole.

Altea Sabbatani e Gaia Savoca Classe II A Scuola media ‘Oriani’ di Casola Valsenio Prof.ssa Silvia Rossini

 

“Cari ragazzi, questa lettera ha cinque parti. I ragazzi di prima media hanno preparato i primi due. I più grandi gli altri”. Inizia così la lettera scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana ai ragazzi di Piadena il 1° novembre 1963. Ed è iniziata così la nostra conoscenza della scuola di don Milani, che abbiamo approfondito affrontando, durante l’anno scolastico, il tema del diritto all’istruzione.

La scuola di Barbiana non sembrava una scuola, sia per il modo d’insegnare, sia per “l’aspetto”: non c’erano i banchi, ma un solo tavolo, in cui si faceva lezione e si mangiava; quando era caldo poi si faceva lezione all’aperto. I ragazzi avevano età diverse e i più grandi insegnavano ai più piccoli; c’era un solo libro di testo, che gli alunni a turno leggevano e don Milani spiegava. Inoltre si andava a scuola tutto l’anno e non esistevano le vacanze.

Chi aveva finito gli studi andava a fare esperienza anche all’estero per imparare nuove lingue.

Questo dimostra l’importanza che don Milani attribuiva alla comunicazione e alla conoscenza delle lingue: “è solo la lingua che fa uguali” amava ripetere. Don Milani, infatti, oltre ad accogliere tutti i ragazzi che non avevano un’istruzione, li aiutava perché avessero un futuro migliore, che probabilmente sarebbe stato quello di coltivare i campi o pulire le stalle, facendo loro capire che “uguale” è solo chi sa esprimersi e comprendere le parole altrui. Atre sue frasi significative e strettamente collegate alla prima sono: “L’errore drammatico della scuola è quello di fare parti uguali tra disuguali” e “la scuola è come un ospedale, che cura i sani e respinge i malati”.

Queste frasi si riferivano alla scuola statale di un tempo, che non aspettava chi aveva difficoltà o era rimasto più indietro; vogliono spiegare che tutti siamo diversi e abbiamo diverse capacità, ma tutti abbiamo il diritto di imparare e avere un futuro.

Don Milani a Barbiana accoglieva tutti, soprattutto i ragazzi poveri e quelli che venivano “bocciati” dalla scuola statale di Vicchio. La sua era un’idea di scuola intesa come “ascensore sociale”, nel senso che deve aiutare tutti gli alunni, senza fare la selezione tra chi può studiare e chi non può; tutti devono avere le stesse opportunità educative, nessuno deve essere lasciato indietro solo perché è povero o non ha le stesse possibilità di chi proviene invece da una famiglia benestante.

I ragazzi di Barbiana erano molto diversi dai ragazzi di paese, perché quelli di paese consideravano la scuola un sacrificio, le vacanze un diritto e non pensavano affatto che andare a scuola fosse un privilegio. I ragazzi di Barbiana, invece, che stavano a scuola dalle 8 di mattina alle 19.30, (alcuni erano stati obbligati a frequentarla, altri invece avevano convinto loro i genitori),con il tempo sono stati felici di andarci, si sono appassionati alla scuola e all’imparare. All’interno della scuola di Barbiana c’è ancora il cartello con il motto che don Lorenzo fece scrivere ai suoi alunni: I care, “mi interessa, mi sta a cuore”, che testimonia che a don Milani stavano a cuore tutti i suoi alunni e voleva portarli al successo formativo. E pensare che aveva iniziato con solo sei ragazzi.

Ludovica Albonetti Classe II A Scuola media ‘Oriani’ di Casola Valsenio Prof.ssa Silvia Rossini

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