ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Testoni Fioravanti di Bologna (BO) - 1C

Come Don Milani rivoluzionò la scuola

Oggi dobbiamo molto allo scrittore cattolico che disse ’no’ alle punizioni sui banchi e considerava i viaggi al pari degli esami

La scuola non è mai stata molto amata dagli alunni. Fino a qualche decennio fa, solo i più ricchi potevano permettersi di andare a scuola per studiare e poter scegliere il proprio futuro.

Per questo Don Milani creò una scuola nel 1956 a Barbiana, in cui potevano andare tutti i ragazzi che non avevano la possibilità di frequentare quella normale o che, per vari motivi, ne erano stati cacciati.

Questo nuovo tipo di scuola aveva un regolamento diverso, infatti gli alunni imparavano gli argomenti nuovi da soli grazie a libri e quaderni. Il maestro era il più anziano tra gli alunni. Anche chi veniva bocciato aveva un’opportunità in più, perciò questa scuola iniziò ad essere un posto molto amato. Per raggiungere Barbiana, però, gli alunni impiegavano molto tempo perché è stata costruita su un’altura (Mugello) lontana dalle loro case(Vicchio).

Oggi dobbiamo molto a Don Milani: no alla violenza sugli alunni per educare, più spazio alla relazione e alla sperimentazione, non tanto per avere un bel voto, ma per capire se quello che si è imparato è servito anche per interagire con gli altri. Via libera quindi alla relazione, al saper fare concretamente le cose, alla sperimentazione diretta della realtà a favore dei rapporti umani e sociali.

Un altro aspetto molto attuale della scuola di Don Milani è la ricerca dell’autonomia e dell’essere cittadini del mondo! Oggi più di allora, sono obiettivi prioritari se si vuole formare futuri cittadini autonomi e responsabili.

Infatti, come si legge nel suo libro ’Lettera ad una professoressa’ i viaggi equivalevano ad esami. Intanto si imparavano, oltre all’italiano, altre lingue per sa-per svolgere meglio anche altri lavori.

Barbiana era connessa alla realtà anche attraverso la lettura quotidiana dei giornali. Il mondo entrava in classe offrendo spunti di confronto, di approfondimento e di ricerca. Su una parete della scuola c’è scritto: «I Care» che significa «mi sta a cuore», motto dovrebbe ispirare ancora oggi tutti i giovani e gli insegnanti.

1C: Alì Akif, Alvoni Arianna, Asraoui Mohammed Alì, Azzabi Omayma,BoulahnachAbde-lhay, Bouras Imane, Calingasan Calvin, Conte Sofia, Diab Mohammed, Guarnaccia Nathan, Ingrosso Linda, Mohammad Nusrat, Montella Elisa, Othman Sara, Regnaud Carcas Nicole, Rozario Srayan Joseph, Skup Ilary, Vasquez Cribillero Alessia, Verdadero Gianluigi, Yar Asfand, Zheng Yijing.

 

In gita a Barbiana, abbiamo incontrato Agostino, un alunno di Don Milani, che abbiamo intervistato.

Cosa si mangiava a Barbiana? «Quello che la mamma preparava la sera: pastasciutta o pane e si beveva acqua del pozzo».

Qual era il programma scolastico di Don Milani? «Preferiva insegnarci ciò che poteva servirci un domani, al di fuori della scuola». Che tipo di insegnante era? «Più che un insegnante è stato un sacerdote e un padre: ha saputo tenere in piedi una scuola di molti ragazzi dimostrando il suo bene per tutti».

Qualcuno disubbidiva? «Eravamo tutti molto vivaci, nessuno particolarmente disubbidiente. Quando Don Milani ci rimproverava, non ci lasciava andare senza aver spiegato il motivo».

Cosa vi ricordate di lui? «Di cose belle ce ne sono molte.

Il ricordo più spiacevole fu la sua morte ad una giovane età».

C’erano le vacanze? «No, neanche giorni liberi perché andare a scuola era una fortuna. Gli unici giorni che passammo fuori dalla scuola furono quando Don Milani ci portò a Roma ed avemmo l’onore di visitare il parlamento».

C’erano anche delle ragazze? «Sì, cinque o sei ragazzine che passavano del tempo con la moglie del sindacalista, lei insegnava loro a cucire e a ricamare; in alternativa, stavano con noi maschi».

 

Alla base del nostro lavoro c’è stata una lunga riflessione, che ci ha dato modo di esprimere tutto quello che abbiamo imparato. Così, abbiamo pensato di scrivere di nostro pugno una poesia, da dedicare a noi stessi, giovani studenti, per spiegare come vorremmo la scuola, quella per noi ideale. Ci siamo ispirati proprio alle idee di Don Milani: «Dalla scuola vorrei un dono: il sogno di un futuro migliore, la ricerca delle possibilità, una cultura, un’educazione sincera. Vorrei una scuola che ci aiuti a trovare la passione della nostra vita, una scuola che ci prepari al mondo del lavoro, dove si può essere se stessi, una scuola che ospiti tutti. Vorrei una scuola aperta, libera, multietnica; vorrei una scuola che abbia come priorità gli insegnamenti di Don Milani, perché se qualcuno tiene a te, hai un motivo in più per impegnarti e riuscire. Perché, in fondo, la scuola è un posto dove si cresce, si socializza, ci si aiuta. Si diventa migliori. Se pensate che la scuola sia noiosa, provate a cambiare prospettiva: se fosse un luogo pieno di occasioni e possibilità? E se noi fossimo dei privilegiati, perché molti ragazzi vorrebbero andarci, ma non hanno questa opportunità?». 

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