ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Valsalva di Imola (BO) - 3B

Violenza sulle donne, il caso Gentileschi

Pittrice del 600, Artemisia denuncia Agostino Tassi, suo insegnante di pittura, e racconta l’episodio in Giuditta decapita Oloferne

La cronaca degli ultimi anni ha raccontato molti casi di femminicidio, avvenuti per gelosia, possesso e volontà di controllo e sottomissione della donna. Vicende che esistono da secoli, e che continuano ad accadere ancora oggi. Ora, però, le donne denunciano e manifestano. Ma chi è stata la prima donna a denunciare una violenza? Nel 1612, Artemisia Gentileschi è una giovane pittrice, seguace di Caravaggio. Denuncia e porta a processo Agostino Tassi, collega del padre e suo insegnante di pittura. Tassi in realtà segue la ragazza, tentando di manipolarla. Un giorno la situazione si aggrava. Tassi entra in camera di Artemisia e la violenta, mentre l’ancella rimane a guardare la scena senza intervenire. Dopo lo stupro, Agostino promette ad Artemisia il matrimonio riparatore, molto frequente in questi casi, cioè un’unione matrimoniale adottata per sistemare una situazione disonorevole per le persone coinvolte, come una violenza carnale. Artemisia rifiuta il matrimonio riparatore, scegliendo di denunciare il suo violentatore. Non otterrà giustizia e si prenderà la sua personale vendetta: a partire dalla violenza subita, Artemisia dipingerà un quadro inquietante ma significativo, Giuditta decapita Oloferne. Questo quadro rappresenta un mito ed è una riproduzione di un quadro di Caravaggio. Nel quadro del suo maestro però Giuditta viene rappresentata con un’espressione titubante e insicura: le spalle lontane, la presa moderata e l’ancella rimane indifferente. Nel dipinto di Artemisia lo scenario è molto più brutale: la presa di Giuditta risulta più salda, il sangue che cola rende la scena più viva e l’ancella aiuta la protagonista a compiere la vendetta.

Come possiamo notare, entrambe le donne hanno un’espressione molto sicura, sembrano soddisfatte dell’atto che stanno compiendo. Questo perché nel quadro di Caravaggio viene rappresentato il mito in maniera oggettiva e distante; in quello di Artemisia, invece, l’autrice esprime i suoi sentimenti in base a ciò che le è accaduto. Ritrae l’ancella come figura di appoggio, cosa che non è successa quando fu molestata Artemisia. Questo, forse, per dare il messaggio di una solidarietà femminile? Artemisia vuoledirci che bisogna sempre aiutarsi tra di noi, perché far finta di niente è grave quanto compiere l’atto? O vuole farci credere, che se l’avessero difesa, sarebbe andata diversamente? Non lo sappiamo, ma di sicuro si è presa finalmente la sua vendetta, attraverso il potere dell’arte.

Classe 3B

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