«La nostra identità, sola e irripetibile»
Ognuno di noi ha caratteristiche diverse: passioni, desideri e preferenze, il loro insieme ci rende unici
Ognuno di noi ha molte caratteristiche diverse: passioni, desideri, preferenze. L’insieme di queste particolarità compone la nostra identità, unica e irripetibile. L’identità di una persona si forma nel corso della vita, in base all’ambiente in cui si cresce, alle persone con cui viviamo, e ovviamente, al carattere personale. Ciascuno di noi lo sa, e non si sognerebbe mai di poter essere scambiato per qualcun altro. Invece, quando si parla degli altri, spesso si tende a riferirsi loro con ‘etichette’. Quando pensiamo alle etichette, ci vengono in mente quelle attaccate ai prodotti commerciali; proprio come succede al supermercato, spesso riduciamo gli altri ad una sola caratteristica: quello con i capelli rossi, quella che legge sempre eccetera. Per riconoscere gli altri li etichettiamo a seconda di ciò che ne sentiamo dire. Va detto che questo modo di pensare è naturale, perché il nostro cervello ha bisogno di semplificare la realtà, che è molto complessa: se non potessimo classificare gli altri, sarebbe veramente difficile relazionarsi con il mondo esterno, le informazioni sarebbero troppe. Quindi le etichette sono necessarie e utili: vivere senza sarebbe molto più difficile. Tuttavia, accade spesso che esse influenzino troppo la nostra prospettiva sulle persone che conosciamo superficialmente. Le etichette possono influenzare chi le riceve in modo negativo: quando una persona si sente sempre additata come stupida, incapace, poco attraente, o ‘secchiona’, alla fine succede che chi riceve questi appellativi si senta davvero così e ciò provochi tristezza, sentimento di inutilità, depressione e chiusura in se stessi. Come per tanti altri problemi dei ragazzi, i social network amplificano il senso di inadeguatezza di chi non si sente mai abbastanza, solo perché gli altri hanno deciso che sia così. Oppure può succedere che si reagisca alle etichette che ci vengono affibbiate cercando di cambiare, per piacere a tutti, dimenticandoci della nostra autenticità e facendo del male a noi stessi. Allora cosa si può fare per non rimanere ingabbiati nelle etichette che diamo e ci vengono date? A tutti sarà successo di farsi un’idea su qualcuno, per poi conoscerlo meglio e scoprire di essersi sbagliati. La conoscenza è sempre l’arma migliore: prima di convincerci che una persona sia solo quello che di lei o lui sentiamo dire, dobbiamo conoscerla, passarci del tempo: scopriremo così il mondo interiore e la vera bellezza di ciascuno di noi, riusciremo a ‘staccare’ le etichette dalle quali spesso siamo coperti.
Classe II A
Così come si attribuiscono etichette, la società crea stereotipi, cioè credenze, negative o positive, attribuite a un gruppo di persone. Tra i più comuni, ci sono quelli relativi alle nazionalità: siamo convinti che gli svizzeri siano precisi, i cinesi siano bravi in matematica e così via. Naturalmente ciò non è sempre vero. Ma lo stereotipo di cui siamo tutti vittima è quello di genere, in base al sesso di una persona.
Pensiamo ai colori: alle bambine dovrebbe piacere il rosa e il viola, mentre il blu, l’azzurro ed il verde ai maschi. Fin dalla nascita, siamo spinti a usare, giocare, pensare quello che la società ha deciso che ci debba pia-cere. Così per lo sport: è più accettabile che i maschi giochino a calcio, mentre le femmine pratichino danza. Nella scuola, si pensa in generale che gli indirizzi scientifici siano più adatti ai maschi, mentre quelli umanistici per le femmine. In effetti, alcune scuole hanno percentuali di iscritti molto squilibrate tra l’uno e l’altro sesso. Ma è veramente così, o siamo talmente immersi nell’etichetta che ci viene data, che finiamo per sentirla nostra? Per fortuna, oggi tante iniziative nel modo scientifico cercano di scoprire i talenti delle ragazze nelle materie scientifiche e tecnologiche. Gli stereotipi di genere sono molto dannosi, perché non ci permettono di esprimere la nostra personalità unica. Ciascuno di noi va ben oltre le convenzioni. Chi l’ha detto che per un uomo è più importante avere successo nel lavoro mentre una donna deve occuparsi della casa e dei figli? Tuttavia, anche se noi giovani dovremmo rappresentare il cambiamento, succede spesso che chi esce fuori dall’immagine di maschio o femmina venga spesso deriso o bullizzato da chi è troppo limitato per aprire la propria mente. Pensiamo che ognuno debba fare ciò lo renda felice, e che si dovrebbe riflettere bene prima di giudicare.
Classe II A
Quando gli stereotipi, che la società crea in continuazione, sono attribuiti sulla base dell’appartenenza ad un’etnia o una religione, diventano pregiudizi e sono sempre odiosi e negativi.
La pagine della storia purtroppo sono piene di gruppi emarginati e perseguitati solo per il colore della pelle o per il loro pensiero.
Senza arrivare ai crimini storici, esempi di pregiudizi li abbiamo dentro di noi involontariamente, senza malizia perché fanno parte del nostro immaginario comune, ma le persone che ne sono vittima ne soffrono e noi non ce ne rendiamo conto. Se per esempio andiamo in giro con un amico o un parente di colore, possiamo fare caso a scene di cui non ci accorgeremmo, perché a volte abbiamo gli occhi chiusi dai nostri pensieri.
Per esempio, entrando in metro, possiamo notare come la gente, guardandolo in maniera diffidente, si stringa addosso la borsa: quasi fa sorridere come le persone si facciano delle idee senza conoscere la storia di qualcuno. In realtà tutto ciò non fa sorridere: anche un semplice gesto o un commento a mezza bocca, o ancora stare zitti quando invece si potrebbe parlare in difesa di qualcuno, può ferire, anche più della violenza fisica.
Nessuno di noi dovrebbe essere classificato o giudicato per la propria nazionalità, religione o pensiero perché sono gli aspetti che ci rendono unici e speciali ma mai da discriminazione.
Classe III A
Ecco gli studenti cronisti delle classi II A e III A della scuola media Ramadori di Monte San Pietrangeli, che nella stesura degli articoli sono stati coordinati dalla prof Daniela Bastiani. Gli studenti della classe II A hanno riflettuto sul senso delle cosiddette ‘etichette’ con cui vengono identificate erroneamente le persone in modo superficiale dando giudizi affrettati senza conoscenza e frequentazione personale, causando disagi e senso di inadeguatezza nelle personalità intente a costruire e consolidare la propria personalità. La stessa classe ha riportato il preconcetto dell’etichetta, negli stereotipi di natura socio culturale. In modo approfondito ha fatto riferimento agli stereotipi di genere definendoli molto dannosi, perché non permettono di esprimere l’autenticità personale privandone l’intima libertà. La classe III A ha posto basi di riflessioni sui casi in cui gli stereotipi diventano discriminazioni, facendo riferimento a quelle di natura razziale.