«Cà Sgurì, in viaggio tra passato e presente»
Gli alunni di quinta della scuola primaria ’Bartolotti’ intervistano Romano Segurini, proprietario del museo etnografico di Savarna
La classe quinta di Savarna ha fatto visita al museo etnografico del paese, dove è stata gentilmente accolta da Romano Segurini e dalla moglie Mariarosa.
Grazie ad un’ intervista che con piacere condividiamo con i lettori, raccontiamo aneddoti e informazioni relativi al mondo del collezionismo e sulla particolarità di questo piccolo museo.
Quando ha iniziato a collezionare? «Ho iniziato da ragazzino, collezionando poche cose perché c’era una scarsa possibilità economica per acquistare oggetti.
Da sempre ho manifestato propensione a conservare piccole cose, monete, francobolli e oggetti di uso quotidiano».
Quale fu la sua prima collezione? «La mia prima collezione fu quella di fossili. All’inizio degli anni ‘80 mi recavo sulle colline faentine ricche di reperti relativi al pliocene e pleistocene appassionandomi alla paleontologia.
Mi recai lungo il torrente Stirone nel piacentino, in Piemonte, in Liguria, Toscana e nel meridione in particolare in Puglia dove dal terreno arato spuntavano denti di squalo, sempre accompagnato da mia moglie Mariarosa».
Che cos’è l’etnografia? «L’etnografia è una scienza che studia gli utensili di un tempo, il loro uso e la loro funzione. Purtroppo gli oggetti del passato rischiano di sparire e di perdersi per sempre. Ecco perché il museo può salvarli».
Perché ha trasformato la sua abitazione in un museo etnografico? «Prima di andare in pensione ho acquistato questa casa perché mi sembrava adatta per accogliere le mie collezioni visto che col tempo erano cresciute sempre più e la mia vecchia abitazione di S. Alberto non era abbastanza spaziosa per ospitare tutti gli oggetti appartenenti alle case contadine che negli anni avevo raccolto nella speranza che non andassero perduti».
Lei si considera un collezionista? «Se collezionismo significa raccogliere oggetti arcaici, vecchi allora sì mi considero un collezionista anche se io ho conosciuto veri collezionisti che avevano grandi collezioni ma godevano di finanziamenti da parte delle istituzioni che io non ho mai avuto tanto che il mio è un museo privato».
Dove trova gli oggetti per le sue collezioni? «Principalmente nei mercatini, dove mi reco in compagnia di amici che condividono le mie stesse passioni».
C’è un oggetto a cui lei è particolarmente legato? «C’è un oggetto molto curioso proveniente da Bagnacavallo, cioè la racchetta del gioco del bracciale risalente al 1898, nessuno riesce mai a scoprire la sua funzione a causa delle sue fattezze poiché non ricorda in nessun modo una racchetta da gioco».
Qual è l’oggetto più piccolo e quello più grande che possiede ? «Uno degli oggetti più grandi è un arnese in legno che veniva utilizzato quando si mieteva il grano, serviva a facilitare il facchino durante il trasporto dei sacchi che venivano messi su un piano e attraverso l’azione di ribaltamento il sacco veniva posto sulle spalle dell’operaio senza che questo dovesse raccoglierlo da terra. L’oggetto più piccolo è il fuso della nonna attorno al quale si arrotolava il filo di lana o di canapa».
Pubblicamente ringraziamo Romano e Mariarosa per averci ospitati nella loro casa e per il tempo che ci hanno dedicato.
Consigliamo a tutti di visitare almeno una volta il museo di ‘Cà Sgurì’ per conoscere le radici del passato e delle nostre tradizioni.
Classe 5^ A Scuola primaria ‘Bartolotti’ di Savarna Professoressa Sara Mariani
Ogni anno a metà Quaresima, anche a Savarna si festeggia la Segavecchia. I bambini sono i protagonisti, sfilano per le vie del paese mascherati a tema dietro alla ‘vecchia’ che ogni anno viene costruita dai volontari del comitato cittadino e del centro sociale ’La pioppa’.
Anche le scuole partecipano e i genitori preparano i costumi, organizzano giochi come la pentolaccia, i fucili ad elastico e attività per intrattenere tutti. La ’vecchia’ dalle dimensioni colossali ha una struttura in metallo, il viso di cartapesta ed è vestita con abiti cuciti su misura ed ogni anno secondo noi è sempre più brutta. La ’vecchia’ è simbolo della terra che dopo il gelo dell’inverno si riapre e si prepara a produrre i suoi frutti. Questo è per il paese un momento di convivialità, occasione per far festa e far divertire grandi e piccoli.
Questa tradizione è nota in tutta Italia e in alcuni luoghi la ’vecchia’ viene segata a metà e in altri posti bruciata. Quella del ’Lom a Merz’ invece è una tradizione antichissima, risalente al popolo dei Celti che un tempo viveva nelle nostre zone ed appiccava questi fuochi propiziatori.
Questo rito è stato perpetrato anche dopo la conquista romana e nel periodo rinascimentale arrivando fino ai giorni nostri. Tale festa pagana viene riproposta ogni anno e si celebra gli ultimi tre giorni di febbraio oppure i primi tre di marzo e per l’occasione le campagne romagnole si riempiono di luci e feste. Anche quest’anno a ’Ca Sgurì’ in tanti si sono riuniti attorno al grande fuoco acceso per liberarsi dell’inverno e augurarsi una buona annata e un buon raccolto. Per l’occasione si accatastano i sarmenti delle viti che vengono bruciati all’aperto in tutta sicurezza. Attorno al falò si festeggia cantando e ballando accompagnati da un’atmosfera magica. Oggi non è possibile accendere un fuoco senza permessi quindi scoraggiamo i lettori a farlo in occasione del ’Lom a merz’. È molto importante mantenere vive le trazioni locali affinché sopravvivano al tempo e alle generazioni che verranno senza vederle come qualcosa di obsoleto, ma come qualcosa di vivo e pulsante.
Classe 5^ A primaria ‘Bartolotti’ di Savarna Professoressa Sara Mariani