ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

IC Panzini di Bellaria Igea Marina (RN) - 3A - 2A - 2D

I 12 bambini sulla nave della morte

Nella strage del 26 febbraio al largo di Crotone hanno perso la vita 64 persone, tra cui diversi minorenni

Nessuno sceglie dove vivere, ma tutti cercano di migliorare le proprie condizioni e essere felici. Anche se significa allontanarsi dal posto in cui si è nati. Salire su una barca e combattere contro la morte in mare aperto. Le famiglie dei bambini che vivono nei Paesi poveri o in guerra sono obbligati a scegliere se rimanere nel Paese natale o emigrare affrontando il mare aperto a bordo di carrette guidate da scafisti senza scrupoli. Sono questi i motivi per cui tanti bambini si trovavano sulla nave naufragata a largo di Crotone nella notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsa.

La prima reazione a questa notizia potrebbe essere quella di tirare un sospiro di sollievo per non essere stati a bordo di quella nave, ma riflettendo si comprende che noi non abbiamo fatto nulla per meritare di vivere serenamente nelle nostre case con le nostre famiglie così come quelle 64 salme, tra cui 12 bambini, non hanno fatto nulla di male per meritare di trovare la morte in mare. Nella Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia si parla chiaramente e dettagliatamente dei diritti che spetterebbero a ciascun bambino. Tra questi, l’articolo 23 sancisce che «bisogna garantire ai bambini una vita completa e soddisfacente, una vita insieme ad altri bambini». Garantisce quindi l’assoluta importanza dell’assistenza sanitaria gratuita verso quei bambini i cui genitori siano poveri. Purtroppo quest’ultimo è un diritto che spetta a una parte ridottissima della popolazione mondiale e nella maggior parte dei Paesi l’articolo 23 è ancora da realizzare. Poi prosegue con un altro diritto che potrebbe apparire quasi scontato e banale: quello di andare a scuola, prepararsi al lavoro e divertirsi. Purtroppo quello che per noi è ovvio non lo è per molti bambini e bambine in altre zone del mondo, dove scuola e divertimento non rientrano nella normalità, ma costituiscono dei lussi. Anche l’articolo 31 della Convenzione proclama che il bambino ha diritto «di giocare, riposarsi e divertirsi e che gli Stati devono garantire il diritto di fare parte alla vita culturale e artistica».

Dall’adozione di quel testo, il 20 novembre 1989, sono passati tanti anni e nel 2023 sappiamo che quei bellissimi diritti non appartengono a tutti poiché vivere un’infanzia serena è una possibilità solo nei Paesi più ricchi del mondo. Quello che i ragazzi possono fare è far sentire la propria voce, nella consapevolezza di essere stati fortunati per essere nati in un Paese che li tutela ma che, accanto all’Europa intera, ha ancora tanto da imparare.

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