ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Europa di Faenza (RA) - 3C - 3F

Museo Carlo Zauli: la magia dell’arte

I ragazzi della 3ªF della scuola media Europa ha approfondito il lavoro del ceramista faentino visitando il suo storico laboratorio

Non c’è modo migliore dell’esperienza diretta per apprezzare l’arte.

La classe 3ªF della scuola Europa di Faenza ha potuto visitare una realtà culturale significativa della sua città: il museo Carlo Zauli. Creata nel 2002 negli spazi che un tempo formavano il laboratorio del famoso scultore faentino, l’esposizione intende raccontare la storia di uno dei più importanti ceramisti del Novecento.

Il museo si trova in pieno centro, in via della Croce, nei pressi del Rione Nero. La struttura è uno stabile storico: nel 1700 era la stalla dei frati della chiesa di San Francesco, per poi diventare nel 1910 un laboratorio di ceramica. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, fu colpito da bombe e mitragliatrici e ancora oggi il muro esterno ne rivela i segni.

Carlo Zauli acquistò lo stabile nel 1949, lo rinnovò completamente e ne fece uno studio privato. Benché il museo sia stato fondato dal figlio Matteo Zauli, il progetto di un centro culturale era già stato ideato dallo stesso scultore. Nato nel 1926, iniziò il suo percorso artistico nel 1950, in anni in cui era difficile intraprendere una carriera artistica. Il suo lavoro fu apprezzato e premiato; il ceramista vinse numerosi concorsi nazionali e internazionali. Sempre pronto a sperimentare, riuscì a ottenere, cuocendo il gres ad alte temperature, sfumature di bianco molto particolari, poi denominate ’bianco Zauli’. Oggi possiamo comprendere il percorso dell’artista attraverso la collezione delle sue opere, l’archivio generale, le pubblicazioni e gli eventi organizzati dal museo. All’interno ci si immerge negli ambienti che costituivano l’atelier. Tutto è identico a come Zauli l’ha lasciato: dalle spugne per pulire la lavagna agli strumenti per la ceramica. Nella cantina delle argille si possono trovare i sacchi delle diverse terre provenienti da tutta Europa.

La sala dei forni, con le pareti e il soffitto ancora anneriti dal fumo, è traccia indelebile del lavoro dell’artista.

Tra queste mura troviamo un omaggio al passato sempre con uno sguardo rivolto all’attualità.

L’arte di Zauli viaggiò in tutto il mondo, dall’America al Giappone. Lo scultore definì questo paese come la propria patria artistica, perché si riconosceva nel dialogo filosofico dello Ying e dello Yang.

Con la diffusione delle sue opere, Zauli rese lustro a Faenza, storicamente legata alla produzione della ceramica. La connessione con le proprie radici è evidente nell’utilizzo dei materiali: le argille azzurre provenienti dai calanchi che disegnano il paesaggio tra Faenza, Brisighella, Riolo Terme.

Dagli anni ’70 Zauli realizzò le ’Zolle’. Il nome deriva dal fatto che l’argilla venisse estratta direttamente dall’impastatrice e fosse poi applicata su un supporto. La terra diventa così l’oggetto della riflessione artistica.

Riflessione artistica che al museo non ha sosta. Un obiettivo della fondazione, infatti, è quello di rendere Zauli contemporaneo, per questo sono promosse numerose iniziative rivolte ai giovani artisti.

In occasione della visita, anche noi abbiamo sperimentato un atelier: abbiamo manipolato l’argilla creando un calanco, simbolo del nostro territorio, secondo una prospettiva soggettiva. Successivamente, attraverso un laboratorio di scrittura, abbiamo dato voce alle opere.

Nel Neoclassicismo i poeti «facevano versi antichi su pensieri nuovi». Gli artisti, allo stesso modo, utilizzano materiali primitivi per esprimere idee moderne.

Questa è la magia del Museo Carlo Zauli. Questa è la magia dell’arte.

Classe 3ªF Scuola media Europa di Faenza Prof. ssa Giorgia Biserni

 

Quest’ estate ho letto un romanzo di Maria Federica Baroncini, ’Sale di pietra’. Il libro narra di una donna di nome Mafalda che con la sua famiglia scappa da Faenza a causa della guerra, mentre il marito Antonio è al fronte. Si rifugia così a Quartolo, ospite di una coppia di anziani. Dopo qualche mese, è costretta ad andarsene poichè gli alleati stanno arrivando a liberare Faenza passando proprio da Quartolo. Tornata a Faenza, cerca riparo a palazzo Milzetti, un posto molto suggestivo per i suoi giardini e le sale affrescate.

Qui aspetterà con la famiglia la fine della guerra.

Il 9 novembre abbiamo incontrato la scrittrice del romanzo, Maria Federica Baroncini. Dopo essersi presentata, ha fatto una breve introduzione del suo libroe ci ha spiegato in che situazione si trovava Faenza durante la Seconda guerra mondiale.

Ci ha raccontato che la città era sorvolata tutte le notti da un aereo inglese soprannominato dai faentini ’Pippo’. Lo consideravano come un protettore, fino a quando non sganciò una bomba sulla stazione ferroviaria di Faenza, provocando la morte di tre ferrovieri. La sirena antiaerea suonava talmente spesso che, dopo i primi tempi, la gente smise di correre nei rifugi, perché non accadeva nessun bombardamento. Questo fino al 2 maggio 1944, quando Faenza subì un bombardamento devastante. Dal 2 maggio al 13 dicembre 1944 Faenza subì più di cento bombardamenti, che fecero crollare case, torri e ponti. Le porte della città vennero distrut-te per far passare i veicoli militari.

Maria Federica Baroncini, dopo averci descritto la distruzione portata dalla Seconda Guerra Mondiale, ci ha mostrato delle foto dell’epoca che ritraevano i primi soldati entrati a Faenza, che sembrava una città fantasma. Alla fine del suo intervento ha risposto ad alcune delle nostre domande.

Ci ha spiegato che per scrivere il libro ha impiegato ben nove mesi e che ha ascoltato le testimonianze di Alberto Cova, un bambino sfollato con la famiglia, e di Giovanni Collina Graziani, un medico dell’ ospedale, che teneva nel suo diario il conto dei bombardamenti su Faenza.

L’ incontro con l’autrice ha reso ancor più realistico quello che avevo letto. È stato più facile immaginare la storia, sia perché conoscevo in parte i luoghi descritti, sia per le foto che ci ha mostrato. Mi ha ricordato anche il libro di Lia Levi, perchè entrambe hanno testimoniato un periodo importante e brutto della storia del nostro paese. Inoltre in entrambi i libri le protagoniste sopravvivono alla guerra.

Martina Casadio Classe 3ªC Scuola media Europa di Faenza Prof.ssa Alessia Cortesi

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