ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Collodi di Montappone (FM) - 2C, 3C, 3D

Dall’Egitto all’Italia, per una vita migliore

L’esperienza di un nostro coetaneo, dalla faticosa quotidianità nel suo paese fino ai percoli del viaggio

L’esperienza di un nostro coetaneo, dalla faticosa quotidianità nel suo paese ad un desiderio realizzato.

Com’era la tua vita in Egitto? «Ho sempre lavorato nei campi, senza andare a scuola, tutta la settimana, tranne il venerdì, giorno di festa in Egitto».

Perché hai deciso di partire? «Per avere la possibilità di una vita migliore. Mi ha dato coraggio mio cugino più grande che era partito poco prima».

Hai dovuto pagare? «Il poco denaro guadagnato col mio lavoro lo tenevo da parte per realizzare questo viaggio, costato circa 4000 euro. I soldi sono finiti nelle mani di trafficanti violenti e senza scrupoli».

Ci racconti questa terribile avventura? «Sono scappato a piedi con un gruppo di persone. Ci nascondevamo di giorno e correvamo di notte per non farci prendere dalla polizia. Siamo arrivati al confine in tre giorni, poi un camion ci ha portati a Tripoli».

Com’era in Libia? «Eravamo tanti, mangiavamo una volta al giorno, dormivamo a terra e spesso ci trasferivano da un posto all’altro, da case fatiscenti a campi di prigionia. I trafficanti erano violenti, giravano armati. Ci hanno anche messo in prigione fino a quando non abbiamo dato loro dei soldi. La permanenza in Libia è stata terribile. Sono rimasto lì due mesi, poi finalmente sono riuscito a partire per l’Italia».

Com’è stato il viaggio? «Eravamo 800 su un barcone, senza acqua né cibo, potevamo bere soltanto l’acqua del mare ed eravamo spaventati dagli scafisti. Avevamo paura che il barcone affondasse o ci abbandonassero in mezzo al mare. Dopo una settimana siamo arrivati a Lampedusa e poi in Sicilia, accolti da una comunità. Qui ho ritrovato mio cugino e abbiamo deciso di scappare. Nascosti nel bagno di un treno, siamo arrivati a Messina e poi a Roma».

A Roma cosa avete fatto? «Abbiamo incontrato un nostro amico, con cui abbiamo trascorso qualche giorno, fino a quando siamo andati dai carabinieri che ci hanno mandato a Fermo.

Da lì siamo scappati tornando a Roma, ma ci hanno riportato di nuovo nelle Marche, in una piccola comunità di Monte Vidon Corrado in cui siamo tutt’ora».

Come vi trovate ora e cosa volete fare in futuro? «Ci troviamo bene. Siamo stati accolti e aiutati e per la prima volta nella vita abbiamo la speranza di poter realizzare i nostri sogni, di trovare in futuro un lavoro e tornare un giorno dalle nostre famiglie in Egitto. Adesso vado a scuola, sto imparando la lingua e ho conosciuto tanti compagni che mi hanno accolto con simpatia. Continuerò a studiare per diventare meccanico. Sono finalmente contento della mia vita».

Classi III C e III D

 

Con il lucido racconto del dottor Paolo Scartozzi, padre della nostra prof di francese, il 14 febbraio abbiamo fatto un tuffo indietro nel tempo. La scuola, le materie, gli inni, la disciplina, la divisione in classi maschili e femminili e l’inquadramento della gioventù fascista, si sono materializzati davanti a noi. Ci ha molto colpito l’insegnamento della ‘cultura della guerra’. «Nell’autunno 1943 – racconta – avevo iniziato la prima media con tanti sogni e progetti, ma già a Natale eravamo in difficoltà: non c’era il riscaldamento e a quei tempi faceva molto freddo, non si trovavano gli indumenti e alcuni non avevano nemmeno le scarpe. Battevamo i denti. A gennaio l’orario fu ridotto a un solo giorno. Per il resto dovevamo fare i compiti assegnati. Poco dopo, per motivi di sicurezza decisero di farci restare a casa e la scuola fu ridotta ai minimi termini». Se da una parte la sua infanzia è stata difficile per le privazioni e i sacrifici dovuti alla guerra, dall’altra è stata motivo di grande soddisfazione per aver visto l’Italia risollevarsi nel dopoguerra aprendosi alla democrazia e libertà. Nitido il ricordo della liberazione di Fermo. «Il 20 giugno 1944 mio cugino mi chiamò per andare a vedere l’arrivo degli alleati. Corremmo sul belvedere ad ammirare i carri armati. Avevo già visto la ritirata tedesca, le colonne di carri trainati dalle mucche prese ai contadini. Fu festa grande, come un carnevale. In seconda media le aule divennero quartieri generali, così le lezioni si facevano a turno, mattino o pomeriggio. Non fu facile studiare al lume di candela. Il terzo anno fu regolare. Superati gli esami, mio padre in premio mi portò a Roma». Questa esperienza ci ha fatto capire come la scuola rappresenti una reale opportunità di crescita per tutte le generazioni, in ogni epoca e circostanze.

Classe II C

 

Un viaggio dentro di noi alla scoperta della nostra umanità.

Nessun gesto gentile, per quanto piccolo, è mai sprecato. In occasione della giornata mondiale della gentilezza, il 13 novembre, abbiamo provato a concentrarci sul modo di rapportarci con gli altri. Abbiamo scoperto che la gentilezza è più profonda e coinvolgente di quanto pensavamo. Essere gentili significa essere umili, generosi, rispettosi, disponibili e vicini agli altri. Ci siamo resi conto che guardare l’altro col sorriso crea connessione, rasserena, accoglie ed ha effetti benefici sulla qualità della vita di chi è gentile, ma abbiamo anche capito che i nostri atti di gentilezza verso gli altri sono rari. Così abbiamo sperimentato un nuovo modo di relazionarci. Nella «Settimana della gentilezza» abbiamo iniziato a sorridere agli altri, ad aiutare i compagni in difficoltà, a complimentarci e aiutarci a vicenda. All’inizio i risultati non sono stati buoni, l’egoismo e la prepotenza, ci hanno fatto dimenticare il giusto comportamento. Così abbiamo ripetuto l’esperimento un’altra settimana. E’ andata meglio e abbiamo capito che la gentilezza è contagiosa e sinonimo di sacrifici. Essere gentili spinge il nostro prossimo ad esserlo altrettanto e in un periodo in cui la prevaricazione, l’egoismo e la violenza sono diffusi, diventa essenziale dimostrare che c’è un diverso modo di relazionarsi, che crea benessere condiviso.

Classi III C e III D

Ecco i giovani cronisti delle classi II C, III C e III D della scuola ‘Collodi’ di Montappone che nella stesura degli articoli sono stati coordinati dalle docenti Maria Isabella Di Chiara e Giuditta Mancini. Gli studenti hanno dedicato la pagina del campionato al tema del viaggio: quello dei migranti, quello nella storia e quello dentro al sé interiore alla scoperta della propria umanità. Dalle riflessioni dei cornisti è emerso che ‘viaggiare’ significa distaccarsi dai propri punti di riferimento e guardare il mondo con altri occhi. Mentre il senso del ‘partire’ richiama le esperienze significative della vita che si legano alle fasi del percorso, l’arrivo, le difficoltà superate, l’apprendimento e la crescita. Ogni articolo è stato rappresentato nell’immagine a corredo in modo simbolico: un fiore e una pietra per la gentilezza, il disegno di una barca per il viaggio dei migranti e un libro della scuola media dell’era fascista per un tuffo nel passato. 

Votazioni CHIUSE
Voti: 0

Pagina in concorso