Educazione e amore contro le baby gang
Le bande giovanili sono sempre più diffuse: siamo andati alla ricerca delle cause del problema e delle sue possibili soluzioni

Sant’Agata, Bologna, 13 ottobre 2022, un gruppo di ragazzi si aggira nel centro storico, perché deve regolare dei conti in sospeso. Appena arrivano gli altri ragazzi, inizia una rissa. Un passante, vedendo la situazione, decide di intervenire; loro non si curano della sua presenza e continuano a picchiarsi. Il signore rimane ferito. Scene come questa sono sempre più frequenti. Da qualche anno, infatti, si sente parlare periodicamente di queste aggressioni per mano di baby gang: gruppi di ragazzi, soprattutto minorenni, che agiscono disturbando la quiete pubblica, aggredendo giovani vittime, spesso senza una motivazione, solo perché si divertono oppure pensano di essere alla moda. Si riuniscono solitamente nelle periferie o nei parchi, dove, mettendosi d’accordo, pianificano dei veri e propri reati: i più comuni sono il furto del telefono di un passante, vandalismo, atti di bullismo, fino ad arrivare a fare a botte per puro divertimento, con conseguenze a volte fatali.
In Italia, la situazione sta peggiorando, perciò si iniziano a studiare le cause di questi atteggiamenti che nascono durante l’adolescenza e si comincia a pensare a delle soluzioni. La causa principale, nella maggior par-te dei casi, è il contesto familiare e sociale: l’assenza di un genitore o di entrambi, la mancanza di punti di riferimento, vivere in un quartiere in cui la criminalità è elevata. Anche vedere serie criminali aiuta a far nascere questi comportamenti; i ragazzi si possono ispirare a un modello sbagliato, di conseguenza, volendo assomigliare al proprio idolo, compiranno le sue stesse azioni. Oppure può accadere che la famiglia sia iperprotettiva, al punto che il figlio si sentirà limitato, quindi il suo desiderio di ribellarsi sarà molto alto.
Conoscendo questi problemi, gli studiosi sono riusciti anche a dare dei consigli concreti su co-me si possano aiutare gli adolescenti a capire che il loro comportamento è sbagliato, che in questo modo stanno rovinando il loro futuro. Nel nostro piccolo, anche noi abbiamo pensato a possibili soluzioni e crediamo che la scuola abbia un ruolo determinante: si possono organizzare dei laboratori musicali al pomeriggio o proporre attività ludiche in modo da tenere i ragazzi lontano dalla noia; pensiamo sia importante promuovere lo sport, in cui tutti possono imparare concretamente a rapportarsi con altre persone in modo civile, rispettando semplici regole condivise. Ma soprattutto riteniamo indiscutibile questa verità: per crescere bene ciascuno di noi ha bisogno di educazione, capacità di gestire i propri sentimenti e, naturalmente, amore, in ogni sua forma.
In redazione alcune alunne delle classi 2C e 3C della scuola media Testoni Fioravanti, IC 5 Bologna: Aamira Basma, Piggioli Asia Sofia, Pinzon Mariana, Taddé Noemi, Vignoli Amelia, Conte Sofia, Ingrosso Linda, Montella Elisa, Regnaud Carcas Nicole, Skup Ilary. Le alunne sono coordinate dalla prof.ssa Tiziana Donatella Traini.
Sono venuti a trovarci in classe Elisa e Filippo, due educatori che si occupano della promozione dell’agio e della riduzione del danno giovanile e che lavorano per la cooperativa Open Group nel quartiere Navile.
Elisa, Filippo, qual è il ruolo degli educatori di strada? «Entrare in contatto con i ragazzi per instaurare relazioni significative, grazie ad attività di accompagnamento. Parliamo, li ascoltiamo e chiediamo quali sono i loro interessi».
Quali sono le vostre attività principali? «Grazie alla collaborazione con gli enti locali, proponiamo attività gratuite, come laboratori di musica, contest e sport. La cosa importante è che l’idea nasca da loro».
Ci sono delle criticità? «Sì, all’inizio i ragazzi pensano che siamo dei poliziotti e di conseguenza fanno fatica a farsi coinvolgere. Inoltre, non avendo uno spazio al chiuso, il meteo è nostro nemico, se è brutto tempo i ragazzi stanno a casa».
Quanto ci mettono i ragazzi a fidarsi di voi? «Alcuni di loro si fidano subito, ma poi il rapporto si perde; con altri, invece, si fa fatica all’inizio, ma poi il rapporto è continuativo».
C’è una soluzione al problema delle baby gang? «Non è facile, ma si possono proporre progetti e attività di carattere sportivo a scuola o nel quartiere, bisogna creare un’alternativa alla strada».
L’adolescenza è una fase di transizione, interiore ed esteriore, c’è il desiderio di crescere e diventare adulti, ma anche di sentirsi ancora bambini. Normalmente viene vissuta tra alti e bassi, ma può capitare che non si abbiano gli strumenti per fronteggiare le difficoltà e allora si parla di disagio, che si accentua quando i ragazzi hanno stretto amicizie sbagliate, hanno scarsi rendimenti scolastici, si sentono in ansia e non hanno punti di riferimento. Il disagio può emergere tra i banchi di scuola e a questo si può aggiungere una situazione familiare difficile. Se poi consideriamo l’influenza dei social, ecco che le relazioni umane cedono. Come si supera? Non c’è un’unica soluzione.
Spesso è provocato dal contesto, quindi, per cercare di superarlo, è importante circondarsi di persone che ti fanno sentire bene. Nella nostra scuola e in molte altre è presente uno sportello d’ascolto, che dà la possibilità a tutti di essere ascoltati.
Parlare e sfogarsi senza essere giudicati può aiutare molto. Infine, si può contare sempre sui professori. Spesso sono loro a cogliere i primi segnali e contattare le famiglie. La cosa importante è non chiudersi in sé stessi, ma cercare aiuto negli adulti.