ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado di Galeata di Galeata (FC) - 3C

Dal Bidente in viaggio per il nuovo continente

Alla scoperta dell’America con i nostri trisnonni. I ragazzi hanno consultato articoli dell’epoca e il sito ’Ellis Island Foundation’

Una mattina di fine 1800, il trisnonno del nostro compagno Lorenzo, Fafin Dunen, esce di casa per andare a fare alcune commissioni. Deve comprare il sale, o forse un etto di pancetta. Invece di tornare dalla famiglia, parte per l’America. Spieghiamoci meglio. Giuseppe Casadei, classe 1873, nato a Civitella di Romagna e detto Fafin Dunen, dal dialetto romagnolo Giuseppe, figlio di Donino, una mattina di più di cento anni fa, viene mandato dai genitori a fare la spesa. In piazza, incontra casualmente un amico di Santa Sofia e si ferma a chiacchierare. Fin qui, tutto nella norma. Il bello arriva ora: ’Ma perchè non ce ne andiamo in America?’. Potrebbero essere state queste le parole che l’amico rivolse a Fafin prima che lui rispondesse ’Perché no?’. Giuseppe allora aveva 20 anni e tanta voglia di rincorrere il suo sogno di scoprire il mondo. Come lui, circa altri 10 milioni di italiani, tra 1800 e 1900, lasciarono il loro Paese, in cerca di una vita migliore. Per ricostruire la storia ’leggendaria’ di Fafin, ci siamo improvvisati detective e, oltre a intervistare la famiglia di Lorenzo, abbiamo fatto delle ricerche online su diversi portali dove furono registrati gli accessi degli immigrati negli Stati Uniti. È stato emozionante sapere che alcuni nostri antenati hanno intrapreso un viaggio così lungo e impegnativo per andare in una terra di cui avevano soltanto sentito parlare. Intervistando i parenti di Giuseppe siamo venuti a sapere che lui si era imbarcato clandestinamente, mentre in paese c’era addirittura chi sosteneva che avesse ottenuto il biglietto giocando d’azzardo, proprio come nel film Titanic. Facendo delle ricerche sul sito The Statue of Liberty – Ellis Island Foundation, abbiamo scoperto che Fafin non era stato registrato negli archivi di Ellis Island. Abbiamo trovato, però, molte persone della zona, per esempio alcuni forlivesi, che durante il 1900 migrarono in America. Di questi, sul sito, abbiamo recuperato le generalità e la carta d’imbarco. La maggior parte erano contadini, non superavano i 40 anni e solo a volte avevano con sé la propria famiglia. Ellis Island Tra il 1877 e il 1902 quasi un milione e mezzo di italiani sbarca a New York, più precisamente a Ellis Island, un’isoletta dove si trovava la principale frontiera che i migranti dovevano attraversare. Qui gli agenti federali sottoponevano ogni candidato a visite mediche e test psicologici per capire se i viaggiatori avessero le carte in regola per ottenere il visto ed entrare negli Stati Uniti d’America. Gli italiani erano attratti dall’America grazie alle notizie favolose riportate da chi li aveva preceduti oltreoceano. Ancora oggi, quando si dice’trovare l’America’, si utilizza questa espressione per intendere fare velocemente fortuna. In realtà, per guadagnarsi da vivere gli immigrati dovevano lavorare duramente, abitavano in quartieri malfamati, i cosiddetti slums, con condizioni igieniche pessime. Quasi tutti si dovevano accontentare di svolgere lavori umili e mal retribuiti; i nuovi arrivati erano accolti con diffidenza, perciò, ai vari ostacoli si aggiungeva anche il razzismo, in quanto erano percepiti come ’diversi. In un articolo letto in classe, dal titolo ’Le facce opposte di Chicago’ del Chicago Tribune, all’epoca il principale quotidiano dell’omonima città, datato 24 luglio 1884, i quartieri dove abitavano gli italiani vengono paragonati a topaie, dove le case non hanno più di due o tre stanze sporche, con dieci persone l’una. Eppure le persone di questi quartieri sono descritte come creature allegre e che vivono senza rancore. Non tutti, però, migravano oltreoceano spinti dalla voglia di scoprire il mondo, infatti alcuni furono costretti a lasciare il Paese in seguito alle persecuzioni. È il caso del trisnonno di due nostri compagni di classe, Giacomo e Giovanni: Amos Samorani, residente a Galeata, nel 1922 fu costretto a lasciare l’Italia perché perseguitato dai fascisti. Si imbarcò al porto di Genova, viaggiando clandestinamente nascosto dentro ad una grande scatola per fiammiferi. Ultimamente si discute spesso di migrazioni, perciò invitiamo a ricordarci dei nostri trisnonni e a metterci nei panni di chi cerca, ancora oggi, una vita migliore per sé e per la propria famiglia.

Classe 3ªC

Votazioni CHIUSE
Voti: 31

Pagina in concorso