ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Se la fragilità diventa una risorsa

Pandemia e imposizioni, gli adolescenti particolarmente esposti: ma dal dramma può nascere speranza

La sensazione di fragilità che si avverte in età adolescenziale e per di più in tempo di Covid-19 da un lato crea la consapevolezza di una condizione emotiva di disagio, di inquietudine, di difficoltà relazionali, d’altro lato potrebbe fornire l’opportunità per un’indagine introspettiva più accurata: la fragilità diventa risorsa. Ma come? Sprigionando tutte le nostre energie sopite per far sì che in un momento così difficile nel quale dobbiamo sopportare «i veti» che spesso diventano intollerabili, opprimenti della scuola, della famiglia, della società e che sembrano limitare la nostra arte di creare, possiamo esistere, rialzarci e andare avanti meglio di prima.

Ben si sposano con questo pensiero le parole dello scrittore contemporaneo Alessandro d’Avenia nel suo libro «L’arte di essere fragili»: «La vita si fa bella e terribile quando lotta per vi-vere di più. La bellezza nasce dai limiti, sempre». Anche il grande poeta Leopardi nel suo testamento poetico, «La Ginestra», presenta l’umile pianta come la sola che nel desertico paesaggio lavico riesce a sopravvivere perché sfida con tutte le sue forze, difendendo così la sua «dignità», la potente natura a lei ostile, pur nella consapevo-lezza che forse prima o poi potrebbe soccombere di fronte alla sua nemica più forte, anzi invincibile. Anche noi giovani adolescenti, seppur con tutte le insicurezze e in una situazione critica di cambiamenti fisici e caratteriali, di problematicità sociosanitarie, dovremmo prendere esempio dal «fiore del deserto» leopardiano per far emergere la nostra personalità, lottando contro tutto e tutti. Questa battaglia non è certo semplice, ma dobbiamo affrontarla anche e soprattutto per noi stessi.

Infatti, come afferma sempre Alessandro d’Avenia, «Non possiamo eliminare le stagioni che servono al seme: i rigori dell’inverno, le bufere, il vento, la siccità… sono tutti elementi che fanno parte del processo, tutti elementi della vita di cui il seme ha bisogno, come ne ha bisogno un adolescente». È innegabile che a volte saremmo tentati di cedere e di riaffermare, anziché di far crescere, quel bambino che è ancora in noi e dal quale dovremmo emanciparci come fa un bruco che pian piano si trasforma in una farfalla e, alla fine della sua metamorfosi, questa spicca libera il volo dal suo bozzolo, portandosi dove la conduce il vento, ignara ancora del suo destino futuro, ma fiduciosa che troverà un posto nel mondo. È possibile allora che alla fine di questo lungo e travagliato percorso ci chiederemo: non sarà proprio quel momento così critico della vita, chiamato adolescenza, ad aver tirato fuori la nostra grinta e ad averci reso più liberi, più sicuri e meno fragili?

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