ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Il volontariato che fa bene al cuore

Abbiamo intervistato Irene e Renato: i loro racconti e le loro esperienze tra Africa e Perù ci hanno fatto riflettere

In classe abbiamo intervistato Renato Minguzzi e Irene Brusa, due volontari che ci hanno raccontato le loro esperienze in Tanzania e Perù. Renato ha vissuto un’esperienza di qualche mese in Africa, Irene ha trascorso un anno in Perù, dove ha contribuito allo sviluppo della medicina naturale presso l’ospedale peruviano italiano ‘Anna Margottini’. Abbiamo posto loro alcune domande.

In questa esperienza quale difficoltà avete riscontrato? Irene: «In Perù l’alto tasso di criminalità è un vero problema. La sera, infatti, è sconsigliato uscire data la pericolosità delle periferie. In Africa gli spostamenti rappresentano un grande rischio per l’incolumità dei cittadini dati i frequenti incidenti. Molto alto è il tasso d’inquinamento nelle grandi città».

In cosa vi ha cambiato questa esperienza? «Abbiamo visto che il mondo non è solo quello cosiddetto ’occidentale’ e abbiamo ampliato le nostre vedute; non è tutto così facile come in Italia dove io in treno posso andare da Bologna ad Imola in circa mezz’ora, mentre in Perù ci mettevo tre ore a percorrere la stessa distanza». Renato: «Per un ragazzino italiano è normalissimo studiare, in Tanzania la scuola dell’obbligo dura solo sette anni e continuare gli studi è molto difficile sia per mancanza di denaro, sia perché i giovani devono aiutare le loro famiglie. Quelli che continuano gli studi hanno veramente tanta volontà e disciplina, perché vanno a scuola alla mattina, lavorano nel pomeriggio e studiano alla sera in centri missionari dove possono utilizzare la luce elettrica, spesso assente nelle loro case. Sicuramente in noi sono cambiati i modi di riflettere e queste esperienze ci han-no fatto capire quanto siamo fortunati e che ci sono culture diverse che possono insegnarci tanti valori».

Cosa possiamo fare per aiutare gli altri come avete fatto voi? «È una domanda difficile. La prima cosa che potrebbe venire in mente è mandare dei soldi alle persone che vivono in altri Paesi. Però secondo noi un aiuto ulteriore potrebbe essere quello di garantire una buona istruzione a tutti per dargli le competenze per poter prepararsi al mondo del lavoro in modo da rendersi il più possibile autonomi. Tra l’altro, aggiungeremmo anche, che accogliere le persone che arrivano dall’estero qui in Italia, rispettando sempre la loro cultura e le loro tradizioni, è un altro modo che noi possiamo attuare per portare aiuto».

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