ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Così la plastica sta soffocando i nostri mari»

I ragazzi della Valsalva illustrano gli effetti del materiale che non viene riciclato: «A rischio l’equilibrio ecologico delle acque»

Tappi, bottiglie di plastica, sacchetti per il cibo, coperchi, mozziconi di sigarette,…ecco il cibo dei pesci nei mostri mari. La plastica presente oggi in mare è, secondo un’indagine di Legambiente, uno dei maggiori problemi ambientali. Il mare, infatti, è l’ecosistema più minacciato da questo materiale. Secondo quanto afferma Greenpeace, ogni anno finiscono in mare 8 milioni di tonnellate di plastica.

Si prevede, inoltre, che con il ritmo di inquinamento attuale, entro il 2050 ci saranno più plastiche che animali marini! Senza considerare gli animali che muoiono per l’ingestione di questa sostanza. Molti non sanno che è proprio il nostro Mediterraneo a detenere il primato di microplastiche sui fondali: esso contiene, secondo le stime del WWF, il 7% di microplastiche sull’1% delle acque mondiali. Solo nel Mar Adriatico vengono immesse più di 145 tonnellate di plastica all’anno dal fiume Po. Per non parlare del Mar Tirreno dove galleggiano 3.700 tonnellate di plastica. Un triste e latente record questo del Mediterraneo che si aggiunge al più lampante e ingombrante fenomeno delle isole di rifiuti che si trovano sparse nei vari mari del nostro pianeta blu. La più conosciuta di queste isole “artificiali” è la Great Pacific Garbage Patch (la grande chiazza di immondizia del Pacifico), nota anche come il Pacific Trash Vortex (vortice di spazzatura del Pacifico) . Si tratta di un ammasso di rifiuti di plastica che le correnti oceaniche convogliano in una determinata zona della superficie e che fanno roteare come in un vortice. Non è facile stabilirne la grandezza, ma si ipotizza che si estenda per 15 milioni di km2 ed è paragonabile per grandezza al Canada e a circa 60 volte l’Italia. Tali isole sono state colonizzate da alcuni specie di pesci che hanno trovato lì un nuovo habitat e del cibo per la sopravvivenza.

Queste specie ittiche, che di solito vivono vicino alle coste e che con ogni probabilità sono state trasportate in alto mare insieme con i rifiuti, sono state definite dagli studiosi “neopelagiche”. Esse pongono nuovi interrogativi ai ricercatori perché potrebbero turbare l’equilibrio ecologico del mare aperto. Le anemoni e i molluschi hanno costruito piccole comunità dentro i rifiuti plastici; invece i pesci e le tartarughe rischiano di scambiare la plastica per cibo e di ingoiarla, con il pericolo di soffocare. Per questo motivo la possibilità di trovare plastica nei pesci in tavola cresce sempre di più, come dimostrato da studi recenti: il pesce che contiene più microplastica è la sardina; invece quelli con meno microplastiche sono le alici, le acciughe, il salmone e lo sgombro. Uno studio effettuato dal WWF afferma che ogni settimana ciascuno di noi ingerisce circa 5 grammi di plastica il che equivale a mangiare una carta di credito intera in una settimana. La plastica però potrebbe anche essere un materiale utile, se riciclata opportunamente; ad esempio con 24 bottiglie di plastica da un litro possiamo ricavare una borraccia compressa e resistente. E ciò che stiamo utilizzando nella nostra scuola con l’installazione di erogatori d’acqua.

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