ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

I ragazzi sulle orme delle stragi del fascismo

Gli studenti della ’San Domenico’ hanno organizzato due camminate della memoria per ricordare i luoghi e le vittime del ventennio

In questo periodo dell’anno scolastico, la nostra classe sta affrontando il capitolo della Seconda Guerra Mondiale. Dal manuale di scuola siamo passati alle ricerche storiche sulla nostra città e abbiamo organizzato due ’passeggiate della memoria’ in luoghi legati alle atrocità commesse sulla popolazione ebraica cesenate e alle rappresaglie dei tempi della Resistenza. In questo percorso abbiamo seguito la mappatura del sito ’resistenzamappe.it’, a cura del museo Storico della Resistenza: un’app che guida ai luoghi della memoria con presentazioni di storia locale. La prima camminata riguardava la persecuzione degli ebrei cesenati, documentata già dalla fine del 1300, registrata per due secoli, fino a quando le ’bolle infami’ del sedicesimo secolo non ne determinarono di fatto l’espulsione.

Fu il regime fascista a provocare una nuova drammatica separazione, cui solo pochi ebbero il coraggio di opporsi. Ci fu chi fuggì e chi venne protetto, e per questo si salvò; ma soprattutto ci fu chi venne consegnato ai carnefici e per questo non tornò mai più. Dalla nostra scuola, ’San Domenico’, siamo arrivati in piazza del Popolo dove abbiamo parlato delle persecuzioni di famiglie importanti della nostra città. Proprio qui abbiamo anche osservato delle pietre dorate che sono state messe di recente al posto di alcuni sassi che costituiscono il pavimento della piazza: le pietre d’inciampo: sono quelle che portano incisi i nomi di Amalia Levi, Mario e Giorgio Saralvo, e sono state posate davanti a quella che fu la loro abitazione in piazza . Le pietre d’inciampo sono un monumento ideato e realizzato dall’artista tedesco Gunter Demnig per tenere viva la memoria delle persone deportate nei campi di sterminio nazisti nel tessuto delle nostre città. Camminando per Cesena le colpiremo con i piedi, ci chineremo per vedere in cosa abbiamo inciampato e ci troveremo di fronte a una nuova storia da conoscere, restituendo così la propria individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L’ espressione deve dunque intendersi, non in senso fisico, ma mentale, per far fermare a riflettere tutti coloro che si imbattono, anche casualmente, nell’opera. Inciampare su un disastro storico, un genocidio che non si deve ripetere mai più. Poi ci siamo recati al comune, dove il 22 Agosto 1938 fu compilato il censimento per le famiglie ebree residenti, che risultarono essere 12. Alla conoscenza di queste famiglie il governo fascista iniziò la persecuzione dei loro diritti, che ben presto si trasformò in una ’persecuzione delle vite’. Nel censimento dell’agosto 1938 viene segnalata come ebrea Gemma Jacchia (Cesena, 5 marzo 1888), pensionata, di cittadinanza italiana e religione ebraica, sposata con Giuseppe Lasagni (Gatteo, 20 marzo 1887), impiegato, di cittadinanza italiana e religione cattolica. Si sottrasse al rischio di un arresto rifugiandosi fino al passaggio del fronte presso il convento dell’Osservanza, nascosta dai frati insieme ad altri sfollati. Qui la donna trascorse diversi mesi senza mai uscire, occupando l’angusto spazio delle catacombe e avendo per letto i vani di vecchie tombe vuote, dove i frati avevano collocato dei giacigli di fortuna. Abbiamo poi scoperto la storia delle sorelle Jacchia: nel 1938 in città c’erano Decio, 67 anni, commerciante; sua sorella Diana, 57 anni, nubile, insegnante di matematica, iscritta al Pnf dal 1929 e segretaria del fascio femminile; sua sorella Dina, 55 anni, nubile, modista, tutti residenti in corso Comandini. Il 17 dicembre 1943 Diana e Dina Jacchia furono arrestate da agenti del commissariato e trasportate all’albergo ’Commercio’ a Forlì. Il 23 gennaio 1944 furono condotte a Ravenna, schedate assieme ad altri ebrei, e da qui portate al carcere di S. Vittore a Milano, da dove partirono il 30 gennaio 1944 insieme ad altri 605 deportati con il convoglio n. 6, che giunse ad Auschwitz il 6 febbraio.

Le due donne furono uccise al loro arrivo insieme alle loro cugine Forti. Tra le persone uccise durante la persecuzione ci fu anche Araldo Dell’Amore; lavorava in comune e fu licenziato perché considerato di ’razza’ ebraica nonostante fosse battezzato.

Ci fu anche chi ebbe il coraggio di opporsi come Chino Bellagamba, che lavorava all’anagrafe nel comune e che fornì dei documenti falsi alla famiglia Brumer. Fu poi arrestato e ucciso in una delle stragi dell’aeroporto di Forlì. Siamo stati successivamente al palazzo del Ridotto sul quale, nel 1995, è stata posta una lapide con i nomi degli ebrei cesenati uccisi, giacché proprio qui di fronte per circa un secolo, dai primi del 1400, vi fu la sinagoga della comunità ebraica cittadina. Dopo l’attentato partigiano del 18 gennaio 1944 alla casa del fascio di palazzo Fantaguzzi in corso Umberto I (oggi Sozzi), divenne questa la nuova sede cittadinadel partito fascista repubblicano, ma utilizzata anche per detenzioni e torture dei prigionieri.

Qui infatti venne portato l’ebreo viennese Bernhard Brumer, arrestato il 9 agosto 1944 da fascisti della ’banda Garaffoni’. Con lui era stato arrestato anche il giovane seminarista Adamo Carloni, nella cui casa di San Vittore Brumer, la moglie Helene Rosenbaum e la suocera Henriette Uberall erano riparati da Cesenatico dopo l’arrivo dei tedeschi. Infine ci siamo diretti verso in piazza della Libertà dove un tempo viveva il cosiddetto ’dentista Balazas’: tra le 12 famiglie residenti risultava anche quella di Imre (italianizzato in Emerico) Balazs, nato a Újpest il 30 maggio 1910, medico dentista, di cittadinanza ungherese e religione cattolica. Con Emerico Balazs a Cesena c’erano la moglie Jbolia Berger e la madre di questa, Cecilia Schustek, benestante, entrambe di cittadinanza ungherese e religione israelitica, tutti residenti in Corso Garibaldi n. 26, dove c’era anche il gabinetto dentistico.

In seguito ai provvedimenti in difesa della razza, a Balazs fu vietato di tenere l’infermiera ariana presso il suo studio. Il 16 dicembre 1943, nel nuovo elenco delle persone di razza ebraica residenti nella provincia, Balazs Emerico, Schustek Cecilia, Berger Jbolia, risultano da tempo allontanatisi per ignota destinazione, sono riusciti a salvarsi. La seconda camminata, invece riguardava l’opposizione e gli oppositori alla guerra; tanti furono i modi per opporsi alla dittatura nell’arco dei suoi vent’anni: dall’esilio all’aiuto ai ribelli, dalla lotta armata alla renitenza.

Numerosi sono i rifugi antiaerei, situati alla base della Rocca Malatestiana, dove durante i bombardamenti aerei la popolazione si rifugiava, a seguito di un telegramma del ministero dell’interno indicante la necessità immediata di munirsi di rifugi per eventuali bombardamenti
aerei.

Sempre nella Rocca, la notte tra l’8 e il 9 maggio 1945, furono uccise 17 persone che si trovavano detenute nel carcere. Tra le storie che abbiamo scoperto c’è quella di Gastone Sozzi, figlio di militanti del PSI, che aderì sin dalla sua fondazione al partito comunista d’Italia, per il quale svolse intensa attività di propaganda. Colpito nel luglio 1922 da un mandato di cattura, si spostò dapprima a Torino, dove lavorò nell’Unità’ di Gramsci, e poi in Unione Sovietica, dove frequentò i corsi di studi politico-militari a Leningrado. Rientrato in Italia nel 1925, collaborò alla redazione di giornali di propaganda clandestina comunista. Venne arrestato a Milano il 4 novembre 1927 e tradotto nel carcere di Perugia, accusato di cospirazione contro lo Stato. Affinché rivelasse i nomi dei compagni coinvolti nella propaganda comunista, fu torturato per settimane fino alla morte. La versione ufficiale la rubricò come suicidio mediante impiccagione, ma non fu permessa l’autopsia per confermarlo. Lasciava un figlio appena nato, Sergio, che non lo poté mai conoscere. A Gastone Sozzi furono intitolate durante la guerra di Spagna una Brigata e durante la Resistenza la 29ª Brigata GAP, attiva nel territorio della provincia di Forlì. Suo fratello Sigfrido (Cesena 1910 – Lugo 1984) fu il primo sindaco di Cesena del dopoguerra. Abbiamo approfondito anche alcune stragi terribili accadute non lontano da Cesena e oggi non possiamo non pensare alle atrocità della guerra e al popolo ucraino.

La storia ci deve insegnare a non ripetere gli stessi errori. E allora perché questa nuova guerra? Noi vogliamo essere costruttori di pace!

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