ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Io, bambino ebreo ai tempi della Shoah»

Dario Foa, testimone dell’Olocausto, da anni gira per le scuole. Per portare la sua testimonianza sull’orrore delle leggi razziali

Comincia l’avventura del campionato di giornalismo, il primo ’pezzo’’ porta la firma della scuola media di Rosolina Marin Sanudo il Giovane.

Bellissimo incontro on line con DarioFoa,testimonedellaShoah che da anni gira per le scuole per portare le sue parole di bambino ebreo vissuto ai tempi delle leggi razziali in Italia.

Quando nel 1938 furono emanate le leggi razziali Dario viveva a Napoli. Subì l’umiliazione di essere espulso da scuola. Figlio del rabbino capo della comunità di Napoli, a quell’epoca aveva solo 7 anni. «Ero un bambino, l’unica cosa che capii fu che non potevamo più andare a scuola». E solo la liberazione della città permise di salvare gli ebrei napoletani dalla deportazione. Ma sino ad allora, Dario, dovette vivere una vita «clandestina, isolata, in fuga». Ecco il suo intervento.

Io ho avuto la fortuna di non es-sere deportato perché quando iniziarono le leggi razziali, avevo sette anni e vivevo a Napoli dove, alla fine del settembre del 1943, giunsero gli alleati, perciò noi non abbiamo subito quella parte più terribile delle persecuzioni. Stessa fortuna non hanno avuto quelli che abitavano a nord, da loro la guerra finì nel1945. Non potevano esserci alunni di razza ebrea. Questo voleva dire che io quando avevo 7 anni venivo cacciato dalle scuole, non potevo più andare a scuola, non potete immaginare quanto significava per me. Le leggi razziali non impedivano solo andare a scuola ma se ne contano circa 300 di divieti, adesempio: ‘E’ revocato agli Ebrei il brevetto di pilota, è vietato agli Ebrei rinnovare le licenze, è vietato agli Ebrei il commercio di libri’. In famiglia eravamo cinque fratelli, il più grande di nome Mario aveva 17 anni e ricevette un invito dallo zio che abitava negli Stati Uniti. Decise così di partire per l’America da solo.Qui divenne cittadino americano e si laureò. Tuttora vive negli Stati Uniti e ha quasi 101 anni. Il secondo e il terzo, Remo e Ugo, dovevano andare al ginnasio, ma loro non potevano andarci a scuola e quindi professori e alunni ebrei che erano stati cacciati formarono una piccola scuola. Per me che andavo alle scuole elementari ci fu un grandissimoproblema.Secondouna legge tutti i bambini dai 6 ai 10 anni (dovevano finire le elementari) erano obbligati ad andare a scuola. Quindi io dovevo finire la scuola però allo stesso tempo c’era una legge che me lo impediva. Per i bambini come me che frequentavano la scuola dell’obbligo per fortuna, grazie ad un regio decreto che obbligava la frequenza scolastica fino ai dieci anni d’età, a Napoli si arrivò ad un compromesso: i bambini ebrei potevano andare a scuola, ma in una classe unica speciale. Concludo dicendovi che siete voi che dovrete continuare a ricordare e capire che siamo tutti uguali. Tutti devono fare la loro parte per evitare denigrazioni, insulti, prevaricazioni, violenza verbale o fisica. Ricordare e parlarne, per evitare che tutto si ripeta ancora una volta».

I cronisti di Rosolina

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