ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Ci portarono via, non so dove, avevamo paura»

‘Schiavi per un anno’, la storia di due bambini deportati e sfruttati, e gli sforzi dei genitori per riaverli tra le loro braccia

Prima delle vacanze Natalizie, tanto desiderate, la nostra Prof ci ha assegnato un compito e una sfida: innanzitutto, scrivere un racconto (di ambientazione storica oppure su un luogo naturale, “del cuore”, particolarmente suggestivo anche in questa stagione-); poi, giudicare dopo un’attenta lettura il più bello.

Ecco i “due vincitori”: “Schiavi per un anno”, “Quel luogo incantato” e una menzione speciale è andata al racconto “Un panorama mozzafiato”. [Stavo giocando con mio fratello nel laghetto vicino a casa, quando nostra madre ci chiamò: “Michael, John! È pronto il pranzo! Venite!”. Io e mio fratello John ci avviammo verso casa. Ero ancora tutto bagnato per il bagno fatto nel laghetto; correvamo sulla sabbia incandescente e non mi sentivo più i piedi dal dolore. “Eccoci, mamma!” disse John. “Bene! mettetevi a tavola!” rispose.

Da molte settimane mangiavamo verdura e minestra; solo qualche volta mangiavamo la carne: era molto costosa e noi, dopo che il babbo era partito per la guerra, ci eravamo impoveriti, nonostante lui ci mandasse denaro quasi tutti i mesi.

Dove vivevamo, vicino alla costa dell’Africa centro-occidentale, c’era un clima arido e afoso, per cui io e mio fratello andavamo sempre a giocare nel lago per rinfrescarci. Vivevamo in una casetta ai margini del villaggio: era piccola ma sufficiente per tre/quattro persone.

Un pomeriggio, non tanto caldo, io e John non andammo a fare il bagno, ma ci allontanammo comunque da casa e raggiungemmo il centro del villaggio. Il centro è sempre affollato, ma quella volta era stranamente tranquillo. Ci guardammo intorno, non vedemmo nessuno: ci stavamo preoccupando. Ad un certo punto sentimmo una voce. “Vi prego, lasciatemi! Voglio stare con mia moglie e i miei figli!”. Era la voce di un uomo: sembrava davvero disperato.

Poco dopo udimmo dei passi che venivano verso il centro del villaggio; io e John ci nascondemmo dietro a un cespuglio.

Vedemmo arrivare tre soldati: due tenevano sotto le ascelle un uomo di colore, come me e mio fratello, arrivò anche il capotribù; in seguito, portarono via l’uomo catturato: andavano verso una nave, dove a bordo c’erano almeno una ventina di uomini come lui, incatenati mani e piedi.

Tornammo a casa molto spa-ventati e chiedemmo spiegazioni alla mamma; lei ci disse che venivano quasi tutti i giorni quei soldati. Disse che erano europei e che portavano via, ogni volta più di una decina di uomini, donne e bambini, per farli lavorare come schiavi in campi di coltivazione e di cotone. Noi ci spaventammo ancora di più: non andavamo neanche più al laghetto.

Passarono le settimane, poi, un giorno, nostra madre venne chiamata dal capotribù di portare me e John al centro del villaggio. Noi non volevamo andare, ma sembrava che la mamma non avesse altra scelta. Arrivati vedemmo che c’erano tre soldati, come l’altra volta, e il capotribù, che ci stavano aspettando.

Il capo fece cenno con la testa alla mamma come per dire: ”Sei pronta?”. Nostra madre ci salutò: “Mi raccomando, fate sempre i bravi, state sempre insieme e non mettetevi in pericolo”.

Io dissi terrorizzato: “Ma dove ci portano?! Io non voglio andare via!”. ”Non lo so. Vi verrò a prendere io, quando ne avrò la possibilità, ve lo prometto”. La mamma stava piangendo. Ci lasciò andare con i tre soldati, che ci condussero su una nave. C’erano donne, bambini e uomini; la nave cominciò a muoversi verso il largo. Continuammo a guardare verso la“ nostra terra” fino a che non la vedemmo scomparire. Le condizioni sulla nave erano pessime, non c’era igiene, vedevamo topi che giravano per tutta la nave.

Il viaggio durò qualche giorno, poi la nave attraccò in un piccolo molo di un paesino. Ci fecero scendere in fila indiana e ci fecero mettere a semicerchio intorno a quattro soldati bianchi.

“I bambini vengono con noi due!” urlò uno di loro. “Invece gli adulti con noi!” gridò un altro. Ci portarono via, non sapevamo dove, avevamo paura; pensavamo ai bambini che un attimo prima erano sulla nave con i genitori.

Si

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