ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

I diritti violati delle donne in Afghanistan

Il viaggio degli studenti fra passato e presente, emancipazione femminile violata e limitazioni ancora in vigore

Ventuno anni fa i talebani sono stati sconfitti dagli Stati Uniti in Afghanistan, dopo gli attentati dell’11 settembre, ma lo scorso anno hanno riconquistato Kabul, la capitale dell’Afghanistan.

Sono entrati nella città senza combattere e, dopo dieci giorni, si sono impossessati delle principali città del paese. Fino al 2001 i talebani avevano applicato rigidamente la legge islamica, la sharia, perché il loro obiettivo era quello di istituire uno stato islamico conservatore e puro.

Ad oggi nel 2022, in Afghanistan, i diritti delle donne sono poco riconosciuti e l’emancipazione femminile delle donne afghane non potrebbe essere più difficile e ostacolata: un vero e proprio inferno. Ci sono altre limitazioni che comprendono normali attività come andare in bicicletta, in moto, portare tacchi alti, praticare sport, indossa-re vestiti colorati, usare cosmetici e ridere ad alta voce.

Le donne non possono uscire di casa da sole, ma devono essere accompagnate da un mahram cioè un uomo, che può essere il padre, il figlio, il fratello, il cugino, il nonno o un parente molto stretto, con il quale la donna ha un legame che esclude il matrimonio. Quando le donne hanno la possibilità di uscire di casa sono obbligate ad indossare il burqa, che è un indumento, che venne introdotto per la prima volta dagli afghani all’inizio del 1890.

Il burqa copre il corpo della donna interamente e il volto, anch’esso velato, nasconde alla vista anche gli occhi attraverso un piccolo inserto di rete. I colori di questo indumento sono prevalentemente scuri, come il nero o il marrone. Per la religione musulmana abbigliarsi secondo questo costume indica non solo rispetto e maturità nei confronti di Allah, cioè il dio della religione islamica, ma è anche un modo per celare la propria immagine alle altre persone, per non attirare l’attenzione.

Un altro capo di abbigliamento indossato dalle donne e dalle ragazze è il chador, che è simile al burqa, ma a differenza di esso il volto è scoperto. Essi sono composti da due parti: la prima parte della veste è lunga dalle spalle fino ai piedi e poi, per coprire la testa e i capelli, si indossa l’hijab.

L’hijab è un velo, di solito indossato dalle bambine, che copre solo i capelli ed è lungo dal capo fino al busto e può essere di varie tonalità: i colori possono essere accesi, monocromatici oppure variopinti. Lo si indossa per scelta, non c’è un’età specifica per iniziare a portarlo. Non è mai obbligatorio. Alcuni genitori però obbligano le figlie ad indossare l’hijab per motivi religiosi.

Le bambine, le ragazzine e le donne che lo vogliono indossare per scelta e per l’importanza che esso assume nella tradizione religiosa, sono consapevoli che è una decisione estremamente importante, perché un domani non si avrà la possibilità di toglierlo. Scegliere di indossare questo capo di abbigliamento è segno di libertà, una decisione personale che riflette la propria cultura, la propria tradizione, ma soprattutto la propria identità.

Ogni capo di abbigliamento che decidiamo di indossare ha un suo valore intrinseco ed è importante, così come è fondamentale la libertà di scelta: noi possiamo decidere chi vogliamo essere, cosa voler diventare, ma soprattutto liberi di studiare.

In Afghanistan, ora, solo i maschi possono andare a scuola.

Le professoresse non possono più insegnare, le donne non possono più lavorare fuori casa o uscire di casa se non accompagnate. Giustizia e uguaglianza il grido di rivolta contro la privazione dei diritti delle donne.

L’impegno per i diritti civili e per il diritto all’istruzione sono noti anche grazie a giovani donne come Malala Yousafzai che si sono battute in difesa e per le donne.

L’istruzione è l’arma più potente che abbiamo e la sola possibilità per vivere in un mondo in cui è possibile un dialogo, ma soprattutto la pace. Celebre e importante la frase di Malala: «One child, one teacher, one book and one pen can change the world».

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