ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Avis, donare sangue dà felicità»

Gironacci, presidente provinciale: «Finita la mia attività dirigenziale, adesso spazio ai giovani»

L’Avis… che cos’è? Qual è la sua importanza? Quanto lavoro c’è dietro? Sono alcune delle domande che mi sono posta sull’associazione e grazie a Silvano Gironacci, presidente dell’Avis provinciale, ho avuto risposta a questi quesiti.

Presidente Gironacci, cos’è l’Avis? «E’ un’associazione di volontariato, di donatori di sangue, che persegue un fine di interesse pubblico; attraverso la donazione di sangue e dei suoi emocomponenti garantisce un’adeguata disponibilità a persone che ne hanno bisogno».

Da quanto tempo è socio di questa associazione? «Dall’inizio del 1982. Ho donato per quarant’anni fino a 65 anni, limite massimo di età».

Ci racconta un po’ la sua storia di avisino ? «Quando facevo l’università a Perugia ho donato occasionalmente per una persona. Da quel momento di Avis e donazioni non sentii più parlare fino a quando, tra la fine dell’81 e l’inizio dell’82, fondammo l’Avis di Morrovalle. Ci trovammo nella barbieria di un amico, già donatore a Civitanova, e ci ponemmo un quesito: ‘Perché a Morrovalle non ci dovrebbe essere un’associazione di donatori di sangue?’. Così l’abbiamo fondata, mettendo 10 mila lire a testa: eravamo in sette e avemmo 70 mila lire come fondo cassa…».

E poi? «Sono stato consigliere nell’Avis provinciale, quindi tesoriere e infine presidente. A breve si concluderà il mio secondo mandato. Ho avuto cariche anche a livello regionale, come consigliere prima e tesoriere poi, e qualche incarico a livello nazionale come componente di una commissione che si occupa di controlli prima delle assemblee. Faccio parte del Consiglio di una società che fa capo all’Avis e che si occupa di commerciare le benemerenze, i gadget e il materiale promozionale dell’associazione. Una carriera lunga e non remunerativa».

Com’è cambiata l’Avis in questi anni? «I principi fondanti di 95 anni fa sono gli stessi di oggi: il dono del sangue a sconosciuti, gratuito, consapevole, periodico. Quello che è cambiato molto è la donazione. All’inizio era qualcosa di spontaneo ed estemporaneo, si donava quando si veniva chiamati, perché il sangue si dava quando ce n’era bisogno.

E non riuscendo neanche a conservarlo, si dava “braccio a braccio”, come si dice in gergo. Col tempo i progressi della medicina sono stati enormi. Oggi il sangue è un farmaco essenziale, salvavita, che deve essere donato dopo un accertamento dell’idoneità del donatore, perché la donazione deve essere sicura per il donatore e per chi la riceverà».

Rifarebbe tutto da capo? «Certo. Lo rifarei subito».

Quale è stata la decisione più difficile che ha preso e quella più facile? «La più difficile è quella di aver deciso di cessare per motivi d’età l’attività di dirigente associativo. Esiste un limite anagrafico oltre il quale è meglio non andare. È bene lasciare spazio a persone più giovani e competenti, che hanno più voglia di fare, che hanno idee nuove di cui l’Avis ha bisogno. La decisione più facile? Entrare nell’associazione e cominciare a donare».

Quali sono stati i momenti più belli? «Tanti. Ricordo la prima donazione fatta nell’autoemoteca, un furgone attrezzato, che venne nella piazza del mio Comune. Entrai con un po’ di timore e ne uscii soddisfatto, mi ero reso conto di aver fatto qualcosa di molto utile e che non mi era costato nulla. Trasmettere questa sensazione agli altri, negli incontro e nelle assemblee, mi dava soddisfazione; vedere i donatori rispondere all’appello e rendersi disponibili, far comprendere il valore dell’associazione e della donazione di sangue, che c’era bisogno di fare questo gesto piccolissimo, ma di grandissima utilità per molti, dava un senso a quello che stavo facendo. Inoltre, ricordo con piacere quando, da dirigente dell’Avis provinciale, vedevo la crescita continua del numero dei donatori e delle donazioni, tanto che si avvicinava sempre più l’obiettivo dell’autosufficienza di sangue. Obiettivo che alla fine abbiamo raggiunto».

In una parola definisca la sua esperienza nell’Avis.

«L’Avis ti arricchisce. Entrare in un’associazione, esserne un dirigente, impegnarsi in prima persona, ti porta via del tempo, anche del denaro a dire la verità…

Però, allo stesso tempo, essere nell’Avis ti dona quel qualcosa che ti dà vera soddisfazione, una cosa diversa dal denaro, perché è una ricchezza che ti resta dentro come bagaglio culturale, emozionale, valoriale. Nessuno potrà privartene, tant’è che esiste uno slogan che dice ‘Ciò che doni è tuo per sempre’.

Il dono che tu fai a chi ha bisogno di sangue è qualcosa di unico».

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