ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

«Nei segreti del ponte romano la nostra storia»

In classe l’affascinante lezione dell’architetta De Cecco, che nella sua tesi di laurea si è occupata dell’antico manufatto di Savignano

Mercoledì 16 marzo abbiamo ospitato in classe l’architetto Elena De Cecco, che nella sua tesi di laurea, pubblicata nel 1997 dal Comune di Savignano sul Rubicone, si è occupata delle caratteristiche e della storia del ponte romano sul fiume Rubicone. Per scrivere la tesi, ci ha raccontato di aver trascorso tre anni della sua vita sotto il ponte e di essersene così affezionata negli anni fino a considerarlo ancora oggi, lei che è madre di due figli, quasi come se fosse il suo terzo figlio.

La affascinava e al tempo stesso la incuriosiva l’unione di cemento e pietra, che è una caratteristica peculiare del ponte. Ci ha anche detto che la pubblicazione della sua tesi da parte dell’Amministrazione Comunale dell’epoca è il frutto dell’affetto che gli amministratori e i cittadini savignanesi hanno mostrato nei suoi confronti per la passione con cui lei ha svolto il lavoro di ricerca e che l’ha spinta a passare così tanto tempo, lei che in realtà è riminese, dalle parti di Savignano sul Rubicone.

Nella sua tesi la costruzione del ponte è datata intorno alla metà del I secolo avanti Cristo, epoca a cui risalgono anche i lavori di raddrizzamento della via Emilia e della realizzazione di un altro ponte a Santa Giustina. La platea di fondazione è infatti realizzata con pietra rossa e biancone di Verona, provenienti dai Colli Euganei, area conquistata dai Romani poco prima della costruzione del ponte. Abili costruttori di strade, ponti e acquedotti, i Romani hanno costruito il ponte unendo con grappe di ferro a coda di rondine grandi blocchi di pietra di Aurisina, una roccia sedimentaria calcarea di colore grigio e caratterizzata da una particolare durezza, proveniente dalla regione dell’Istria.

Un’opera perfetta della quale, dopo la costruzione, non si ha nessuna notizia fino all’anno Mille. Intorno alla metà del1300 ha inizio la costruzione del Castello Nuovo, che comporta la deviazione del fiume Rubicone con una chiusa per farlo passare accanto ad un mulino e la costruzione di mura nelle quali si aprono due porte: quella di ponente è costruita sopra la spalla di levante del ponte e quella di levante è costruita invece nell’attuale piazza Castello.

Vengono costruite due torri in corrispondenza delle porte, visibili ancora oggi nello stemma di Savignano, e dei torricini che poi sono andati distrutti nel corso dei secoli o venduti per pagare i restauri del ponte. Intorno alla metà del 1400, però, Sigismondo Pandolfo Malatesta porta via le sponde di marmo rosso per utilizzarle nel corso della costruzione del Tempio Malatestiano a Rimini.

Nel 1611 l’aspetto del ponte cambia ancora con la costruzione del macello pubblico e di una celletta. Si susseguono poi i frequenti restauri nel 1760, nel 1801, nel 1865, nel 1937, fino ad arrivare alla distruzione del ponte nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944 ad opera delle truppe tedesche in ritirata durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.

Per mantenere la viabilità ordinaria viene realizzato un prima ponte Bailey provvisorio e poi tra il 1962 e il 1965 si procede alla ricostruzione del vecchio ponte, recuperando dall’alveo del fiume i blocchi originali e inglobandoli in una struttura di cemento armato, materiale molto utilizzato all’epoca e ritenuto molto durevole.

La volontà dei savignanesi di ricostruire il ponte romano esattamente «dov’era prima e com’era prima» è stata quindi solo in parte rispettata. Questo è ciò che abbiamo imparato da questo incontro, che è stato reso possibile dalla Consigliera Comunale Morena Campidelli, che ci assiste nella realizzazione di un progetto di valorizzazione della storia di Savignano all’interno del Consiglio Comunale dei Ragazzi.

Un incontro che ci ha fatto scoprire notizie interessanti che non conoscevamo sul monumento simbolo del nostro paese e che soprattutto ci ha fatto riscoprire il piacere di invitare esperti appassionati in classe dopo due anni di didattica a distanza.

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