ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Fake news sui cibi, le ’bufale’ difficili da digerire

Dal prosciutto crudo in gravidanza alla frutta lontano dai pasti, il sondaggio degli alunni ha dimostrato che molti credono a falsi miti

Ormai il web ed i social network rappresentano la principale fonte di informazioni sul mondo, un oceano dove quotidianamente circolano un’immensità di notizie, e navigarlo ci offre grandi opportunità di conoscenza. È molto importante, tuttavia, sapere come orientarsi in questo mare magnum di contenuti e come evitare possibili trappole, in quanto sempre più spesso può capitare di imbattersi in bufale, più comunemente dette fake news, nate proprio per confondere e ingannare.

Queste notizie esistono per svariati motivi: influenzare la percezione della realtà mediante la diffusione di informazioni assurde ed eclatanti, permettere a giornalisti (o non) di aumentare i click per ottenere maggiore visibilità, guadagnare soldi creando le esche da click, i cosiddetti clickbait, aumentare i rumors, pubblicizzare dei prodotti.

Individuare le fake news è alquanto complicato, soprattutto perché si presentano con titoli urlati, accompagnati da immagini accattivanti, facendo leva su stereotipi e pregiudizi.

Ci si può difendere da queste bufale utilizzando il proprio occhio critico verso qualsiasi informazione, per poi seguire pochi accorgimenti: in primo luogo verificare le fonti, controllando sempre l’attendibilità del sito che si sta visitando. In secondo luogo, verificare gli account social, prestando molta attenzione perché esistono siti o account fake con nomi simili a quelli conosciuti: su Twitter e Facebook quelli che hanno la spunta blu sono verificati e dunque attendibili. È importante fare attenzione alla scrittura quando si presenta sgrammaticata, con termini non appropriati al linguaggio giornalistico; accertarsi della data di pubblicazione della fonte perché potrebbe essere poco recente; cercare di reperire maggiori informazioni sui luoghi (accertarsi dell’esistenza mediante Google Maps o Google Earth), sull’autore (se non è citato, meglio diffidare!), sulle immagini (verificando che siano reali e attinenti con Google Immagini e TinEye).

Infine, confrontare più fonti considerando quelle più autorevoli (quali siti istituzionali, organi di stampa, enciclopedie online), accertarsi che la notizia sia ri-portata su diversi siti, in quanto anche alcune testate giornalistiche prestigiose potrebbero cadere nel tranello delle bufale.

Uno dei settori più esposti al rischio di fake news è quello alimentare: molte bufale circolano di continuo sul cibo che mangiamo quotidianamente e possono essere pericolose se non riconosciute.

La storia di molti alimenti è costellata da notizie false che si sono diffuse e radicate come convinzioni, sebbene non circolassero in rete. Il pomodoro, originario dal Sud America occidentale, arrivò in Europa solo nella prima metà del ‘500 ed a causa dell’indigestione provocata dall’eccessivo consumo, fu utilizzato inizialmente come medicinale o pianta ornamentale.

Un altro alimento con una storia travagliata è la patata, originaria del Perù, Bolivia e Messico, dove veniva coltivata fin dai tempi delle civiltà azteca e incaica.

Nella metà del ‘700 ne fu addirittura vietata la coltivazione poiché inopportunamente molti mangiavano non i tuberi, ma le foglie e i frutti velenosi, con con-seguenti effetti intossicanti.

Il medesimo destino toccherà anche al tanto amato cioccolato. I primi europei entrati in contatto con il cacao furono gli uomini di Cristoforo Colombo, anche se fu introdotto in Europa intorno al 1520.

All’inizio, a causa del suo sapore amaro, veniva usato come medicina contro alcuni disturbi.

Oggi, a causa delle notizie infondate difficili da ’smascherare’ che circolano in rete su molti alimenti o abitudini alimentari, sebbene viviamo nell’era dell’informazione a portata di mano e le scienze biologiche dell’alimentazione e nutrizione abbiano compiuto passi da gigante, si hanno ancora le idee molto confuse o convinzioni sbagliate. Per verificarlo è stato condotto un sondaggio sotto forma di questionario, con 18 affermazioni (sia vere che false), al quale hanno risposto 128 persone, per capire quanti falsi miti sul cibo dilagano tutt’oggi.

Gli intervistati hanno risposto in maniera corretta soltanto al 57% dei quesiti (dato medio della rilevazione).

Il prospetto sopra mostra le fake news contenute nel sondaggio e la relativa percentuale di risposte errate.

Il 60% degli intervistati ritiene che la frutta debba essere consumata lontana dai pasti, sebbene, consultando la pagina dedicata a ’Falsi miti e bufale’, sul sito ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che ’la frutta fa bene alla nostra salute in qualunque momento si mangi’; inoltre, il 52% è convinto che il prosciutto crudo non lo possano mangiare le donne in gravidanza, quando non esistono assolutamente controindicazioni sul consumo di questo prodotto durante i mesi della gestazione; il Ministero della Salute ha diramato una serie di indicazioni sui cibi da evitare durante il periodo della gravidanza, e tra questi non c’è il prosciutto crudo. Anzi: si raccomanda di privilegiare gli alimenti stagionati e di qualità.

Sempre il 52% degli intervistati crede che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto a quello bianco e ciò non è mai stato dimostrato da nessuno studio scientifico. Entrambi i tipi di zucchero contengono, infatti, esattamente la stessa molecola, il saccarosio, per cui sono equivalenti.

Non poteva mancare ’la bufala sulla bufala’! Anche in questo caso un esorbitante 50% considera la mozzarella di bufala un alimento con un alto contenuto di colesterolo, mentre non solo è parte integrante della dieta mediterranea, ma è anche facilmente digeribile e presenta un ridotto contenuto in zuccheri e lattosio. Per quanto concerne la quantità del colesterolo contenuto, la mozzarella di bufala campana si dimostra un alimento ideale: la percentuale per 100 grammi di prodotto, infatti, non supera i 50/60 milligrammi rispetto a una quantità massima consigliata dall’OMS di 300 mg/giorno.

Anche sul sale rosa dell’Himalaya il 45% pensa che apporti maggiori benefici rispetto al sale da cucina. Dall’analisi della composizione chimica del sale rosa, avviata da diversi esperti e ricercatori, emerge che, esattamente come il sale da cucina, contiene il 97% di cloruro di sodio e non è totalmente puro come viene dichiarato sulla confezione. Responsabile del caratteristico colore ’rosato’ è l’ossido di ferro, presente in una percentuale davvero irrisoria. È una falsa convinzione anche pensare che bere dal rubinetto sia più rischioso, sebbene il 45% lo abbia ritenuto vero, in quanto l’acqua (potabile) del rubinetto e quelle minerali naturali non sono diverse dal punto di vista della sicurezza.

Il sondaggio ha dimostrato che la diffusione di fake news è un fenomeno subdolo e pericoloso, da non sottovalutare. Viviamo nell’era della sovra-informazione imponente di massa, la cosiddetta information overload; la società del ’pubblica subito!’, ’condividi e diffondi’, senza interessarci del fatto che una data notizia potrebbe non essere vera. È dovere di tutti, dunque, prestare molta attenzione agli atteggiamenti tenuti sui social, agendo con senso di responsabilità: condividere una notizia falsa ci trasforma in ambasciatori inconsapevoli degli interessi di qualcun altro, ci fa perdere credibilità, aumenta la possibilità di far cascare molti altri nell’inganno e mette seriamente a rischio la libertà di pensiero e di azione.

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