ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Globalizzazione e fuga di cervelli

Sono in continuo aumento i giovani professionisti «costretti» ad andare all’estero per evitare la precarietà

Il fenomeno della globalizzazione rende possibile studiare e avere esperienze lavorative in una nazione diversa dalla propria, questo permette di ampliare le proprie conoscenze e capacità professionali, però molti fra i migliori studenti preferiscono poi non rientrare in patria poiché ritengono di non poter ricevere offerte lavorative adeguate agli studi conseguiti.

Al contrario di ciò che avveniva in passato, quando si emigrava con una valigia di cartone, i nuovi spostamenti di massa dall’Italia coinvolgono laureati, trovandosi spesso di fronte al grande bivio tra soddisfazione lavorativa e affetti. Giovani laureati, molti ad altissima specializzazione sono i protagonisti della cosiddetta fuga di cervelli. In una società sempre più predisposta alla mobilità, quindi, il problema non sembra essere la fame giovanile di nuove e diversificate esperienze, il doversi spostare si rivela invece spesso essere una scelta obbligata. Le maggiori cause di questa emigrazione sono: gli stipendi bassi anche per chi ha alle proprie spalle un percorso di studi eccellente, i criteri di selezione poco meritocratici, la precarietà del lavoro, la mancanza di strutture appropriate. L’esodo dei ricercatori italiani all’estero, comporta un generale impoverimento non solo da un punto di vista culturale, ma anche economico. Questo è un grave problema perché il loro paese d’origine investe su di loro con risorse che fornisce lo Stato come per esempio le università. L’esportazione di capitale intellettuale non è solo una perdita di persone e del denaro speso per formarle, le innovazioni prodotte all’estero dai cervelli in fuga saranno proprietà dei Paesi in cui sono state realizzate, da cui il Paese d’origine dovrà in qualche modo ricomprarle.

Secondo il rapporto annuale del 2019 sugli italiani nel mondo curato dalla fondazione Migrantes, in dieci anni il numero di espatri è triplicato (da 39mila nel 2008 a 117mila nel 2018).

Nell’ultimo anno le partenze hanno riguardato soprattutto i giovani: nel 40% dei casi ragazzi fra i 18 e i 24 anni. Le mete più gettonate sono Inghilterra, Spagna, Brasile e Argentina, ma molti decidono di trasferirsi in paesi in forte sviluppo quali India, Emirati Arabi e Sud Africa.

La maggior parte dei laureati che decidono di trasferirsi all’estero ha frequentato facoltà scientifiche o Lingue. Il Covid-19 ha sottolineato ancor di più l’importanza, per un Paese, di disporre di proprio capitale umano impegnato nella ricerca.

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