ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Quel giudice ragazzino in auto senza scorta

IIl pm della Procura di Pesaro ci ha raccontato la storia di Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel ’90. E del testimone che sfidò la sua vendetta

La mattina del 7 aprile scorso, al posto delle consuete lezioni, gli alunni della terza A della Scuola Media Gianfranco Gaudiano hanno avuto l’onore di ascoltare la testimonianza di Maria Letizia Fucci, pubblico ministero della procura presso il tribunale di Pesaro, che ha illustrato la storia di un grande giudice: Rosario Livatino.

Nato il 3 ottobre del 1952 a Canicattì (in provincia di Agrigento), dopo gli studi classici, animato da un innato e profondo senso di giustizia, Livatino si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza a Palermo. E talmente radicato in lui fin da bambino era l’amore per la legalità da essere soprannominato “il piccolo giudice” perché infatti sin da piccolo credeva fermamente nella legge e rispettava le sue regole.

Quando poi, da adulto, iniziò a lavorare come magistrato, non aveva né scorta né protezioni, perché pensava che la sua Sicilia non l’avrebbe mai tradito.

Invece, un giorno, per la precisione era il 21 settembre del 1990, quando percorreva la superstrada per arrivare al lavoro, la sua Ford Fiesta di color arancio, venne inseguita da una moto e da una macchina; i malviventi fecero accostare l’auto e la trivellarono di colpi d’arma da fuoco, uccidendolo sul colpo.

Erano le 7 di mattina e nessuno passava di lì, tranne un imprenditore di Lecco, un tale Pietro Nava, che vide gli esecutori dell’omicidio e decise di collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura per assicurare alla giustizia gli assassini.

La sua coraggiosa testimonianza consentì, infatti, di procedere all’arresto degli assassini e del mandante dell’omicidio ma gli impose un radicale stravolgimento di vita: l’uomo fu infatti costretto, con la sua famiglia, a cambiare nome, identità, e trasferirsi altrove. Lui e i suoi cari dovettero lasciare Lecco e trasferirsi in un posto segreto, per essere protetti. Ma tutto questo il testimone fece per l’amore della giustizia e della legalità.

Questa, che può apparire una storia lontana, in realtà è purtroppo una vicenda per molti versi ancora attuale. La pm Maria Letizia Fucci ha concluso l’incontro con un riferimento all’omicidio Bruzzese, avvenuto a Pesaro, nella notte di Natale del 2018: quella sera rimase vittima di un agguato Marcello, fratello di un pentito di mafia, ucciso a colpi di arma da fuoco mentre stava parcheggiando a marcia indietro nel suo garage di via Bovio, in centro storico a Pesaro: i due fratelli, con le loro rispettive famiglie, erano stati trasferiti in un posto sicuro: “Pesaro”, una piccola e tranquilla cittadina di provincia, lontana dal passato. Doveva essere un posto che non conosceva nessuno, a parte l’ufficio anti-mafia di Roma, invece la mafia è riuscita a trovare i due fratelli e a perpetrare l’omicidio di un innocente.

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