ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

ICS NORD di San Benedetto del Tronto (AP) - 1B

«Ecco perché ho scelto di girare ’Il ragazzo dai pantaloni rosa’»

Gli studenti dell’Isc Nord di San Benedetto hanno intervistato la regista Margherita Ferri:«I temi del bullismo e del cyberbullismo li avevo già affrontati nel primo lungometraggio»

Recentemente abbiamo avuto il piacere di poter intervistare telefonicamente Margherita Ferri, regista emergente che ha visto consacrare il suo talento grazie alla pellicola ’Il ragazzo dai pantaloni rosa’.

Cosa l’ha spinta a girare un film così ’empatico’? E cosa ha provato lei durante le riprese? «Girare questo film è stata una grande responsabilità perché si è trattato di narrare la vita di Andrea, con la collaborazione della madre Teresa Manes: una storia vera in cui sia lei che il figlio si riconoscessero. Le emozioni sul set sono state tante e forti; ci sono stati serietà ma anche tanto amore nel raccontare la storia da parte degli attori e della troupe».

Ha trovato difficoltà nel rappresentare il tema del bullismo/cyberbullismo e le sue conseguenze? «I temi del bullismo e del cyberbullismo li ho già affrontati nel mio primo lungometraggio, ’Zen sul ghiaccio sottile’ del 2018. Mi piace raccontare con autenticità storie che parlano di ragazzi per un pubblico di adolescenti; è un periodo di vita molto interessante in cui si hanno tante possibilità e domande ma anche poche risposte».

L’ultimo abbraccio tra il protagonista e sua madre è un momento molto toccante. Come è riuscita a dirigere una scena così intensa? «Sono davvero orgogliosa di questa scena; è stata realizzata nel secondo giorno di riprese. Ho scelto di girare a rallentatore quindi in slow motion per farla durare di più: il tempo non scorre normalmente come nelle altre scene, viene rallentato. È un tempo emotivo e non oggettivo: è l’essenza della relazione tra Andrea e Teresa».

Quale messaggio spera che il pubblico abbia portato a casa dopo aver visto il film? «Secondo me, il messaggio del film è un invito all’empatia, ad ascoltarsi e ad ascoltare gli altri quando sono in difficoltà, a non escluderli perché pensiamo che siano diversi da noi per qualsiasi motivo; ed è anche un invito all’uguaglianza, a capire che tutte le vite sono degne di essere vissute in maniera meravigliosa. Siamo tutti di uguale valore nella nostra diversità».

Pensa che il cinema possa esser un mezzo efficace per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi? «Sì, penso che il cinema possa essere molto importante per sensibilizzare i ragazzi, ma anche gli adulti. Il bullismo e il cyberbullismo sono violenza, prevaricazione e oppressione. Il film sta emozionando parecchie persone perché la storia è narrata dal punto di vista di un ragazzo che ha subito bullismo; mettendoci nei panni della vittima, possiamo capire, empatizzare il suo dolore e cercare di cambiare le cose. Far sentire la propria voce in questi casi è un vero atto rivoluzionario».

 

Lo scorso 20 dicembre noi allievi dell’Isc Nord di San Benedetto abbiamo assistito, presso il Cineteatro ’Concordia’, alla proiezione del film ’Il ragazzo dai pantaloni rosa’, nell’ambito delle iniziative per l’educazione civica messe in atto dalla nostra scuola. La pellicola narra una storia realmente accaduta; quella di Andrea Spezzacatena, un ragazzo di quindici anni che un giorno decide di indossare un paio di pantaloni rosa, diventati così a causa di un lavaggio sbagliato. Da quel momento viene preso di mira; i bulli aprono addirittura una pagina Facebook per deriderlo. Andrea diventa vittima di bullismo e cyberbullismo omofobo. Il ragazzo soffre in solitudine; non riesce a raccontare a nessuno il suo dolore.

Quando la sua sofferenza diventa troppo grande decide di togliersi la vita. Guardare il film è stato doloroso: mentre vedevo Andrea star male avrei voluto abbracciarlo, dirgli di non arrendersi e che lui non aveva colpa. Come si può essere così cattivi? Difficile trovare una risposta a queste domande ma per far sì che questo non accada mai più dobbiamo capire che anche solo una parola detta senza pensare può causare dolore nell’altro che la riceve; dobbiamo rispettare gli altri anche quando non la pensano come noi perché su questo si basa la convivenza civile e poi dobbiamo essere coraggiosi quando è il momento di aiutare un’altra persona e non essere indifferenti al dolore.

 

A inizio anno abbiamo inaugurato la rubrica ’Stuzzicami con un libro’.

Il testo propostoci si intitola ’Ero un bullo. La vera storia di Daniel Zaccaro’ di Andrea Franzoso. La storia di Daniel non fa sconti; conoscere il quartiere in cui viveva, la sua famiglia, i suoi sogni ma soprattutto i suoi fallimenti non è stato facile; spesso ci siamo guardati sgranando gli occhi. Daniel era un bullo, implacabile per certi aspetti ma le ragioni di tanta rabbia erano radicate in un contesto fatto di violenza, di rabbia, di parole urlate e mai sussurrate. Mentre non vedevamo l’ora di andare avanti nella lettura, abbiamo però invertito la rotta e sperimentato qualcosa di ’magico’: in forma anonima, ciascuno di noi ha scritto su un foglietto un pensiero bello rivolto a un compagno/a. Quando abbiamo condiviso le nostre frasi, forse un po’ sgrammaticate ma sincere, abbiamo messo in circolo il bene e abbiamo capito quanto le parole siano importanti; dobbiamo maneggiarle con cura.

 

La pagina di oggi è realizzata dagli studenti della classe 1B del plesso ’Manzoni’ dell’Isc Nord San Benedetto: Anibueze Naomi, Battisti Luna, Bruni Leonardo, Calvaresi Francesco, Coccia Matilde, De Carolis Isabel, De Melo Anthony Luca, Emiliani Allegra, Gambon Benedetta, Grossi Ethan, Leoni Flavio Massimo, Marconi Simone, Mattioli Francesca Aurora, Mignini Lia, Montanini Giona, Nardi Beatrice, Palanca Daniele, Pallesca Thomas, Palestini Elisa, Poggi Kira Elisa, Raimo Giuseppe, Scarponi Raffaele, Silenzi Alice, Simeone Matilde, Ventura Arianna. 

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