Dalle guerre del passato a oggi Troppe vittime civili innocenti
Riflessione dei ragazzi della terza B della scuola media ’Alighieri’ di Lido Adriano Nel 1944 Giulia smarrì la figlia Luciana durante un allarme aereo per poi ritrovarla sana e salva
Mi chiamo Sara e questo racconto è tratto dalla storia vera accaduta alla mia bisnonna Giulia e alla zia di mia mamma, Luciana, nell’estate del 1944. Vivevano a San Leonardo, frazione di Forlimpopoli, un paesino di campagna che in quel periodo veniva spesso sorvolato dagli aerei che perlustravano la zona. La mia bisnonna e i suoi vicini di casa, quando sentivano i rombi degli aerei, si riunivano tutti in un casolare per sentirsi più al sicuro. Erano per lo più donne, rimaste sole a casa ad occuparsi dei figli mentre i mariti erano in guerra, oppure partiti per aiutare i partigiani. A quei tempi la mia bisnonna Giulia aveva tre figli a cui badare: Argentina, che aveva circa dieci anni, mio nonno Giuliano, che aveva 5 anni, e Luciana che era nata da pochi mesi.
Questa storia veniva spesso raccontata in famiglia aggiungendo sempre più particolari per sdrammatizzare l’accaduto. Questo è quanto è giunto fino a me: Giulia aveva appena messo in tavola la cena quando il suono di una sirena echeggiò in tutta la casa. A quel segnale la sua mente si attivò prontamente in quanto si trattava dell’allarme d’evacuazione per i bombardamenti. Lasciò i piatti sul tavolo e cominciò a urlare il nome dei suoi figli più grandi ai quali impartì ordini: «Argentina porta tuo fratello al rifugio, io prendo Luciana, corri, corri più in fretta che puoi!» Argentina, diligente come sempre, annuì; prese suo fratello Giuliano per il braccio e sparì tra i campi diretta al rifugio. Giulia, intanto, afferrò una coperta e vi avvolse Luciana nata da soli tre mesi e, stringendola al petto, cominciò a scappare. Si mise a correre, lasciandosi alle spalle la loro umile casetta, costruita da suo marito con l’aiuto del padre e di tutti i vicini di casa. All’epoca la solidarietà e l’aiuto reciproco erano valori imprescindibili. Lasciò sul tavolo la misera cena che era riuscita a rimediare, poche verdure cotte che, con il pane, un pezzo di formaggio e qualche uovo, regalate da una vicina per i bambini, costituivano una zuppa. Non è che ci fosse tanto da regalare a quei tempi, nessuna famiglia aveva abbastanza cibo da poterlo cedere, però ci si aiutava tanto e anche solo due uova erano preziose. Giulia non ebbe il tempo per togliersi il grembiule e nemmeno le ciabatte quando uscì ed iniziò a correre. Più correva e più stringeva al petto la coperta, spaventata dal rumore delle sirene e dal rombo degli aerei che si stavano avvicinando.
Si sentivano le urla delle altre donne che incitavano i familiari a sbrigarsi e i pianti dei bambini che non capivano cosa stesse accadendo. Arrivata finalmente al rifugio, si riunì ai suoi figli e solo allora allentò il fagottino che aveva tra le braccia. Fu in quel momento che si accorse che la coperta era vuota, non c’era più la sua piccola Luciana. Presa dal panico iniziò a cercarla dappertutto. Lei non c’era. «Mi sarà caduta correndo» pensò. Le altre donne e gli uomini la trattennero dal correre fuori a cercarla e l’unica cosa che poté fare fu pregare di ritrovarla non appena fosse cessata l’emergenza. Finito l’allarme, uscì e ripercorse ogni singolo metro che aveva fatto per arrivare al rifugio. Quando sentì un pianto provenire da un campo di bietole, la speranza si riaccese. Si affrettò in quella direzione e trovò la sua piccola Luciana adagiata tra le foglie di bietole che le tendeva le sue manine. Piangendo di gioia, la raccolse e tornarono insieme al rifugio. Tutti si augurarono che la fine della guerra fosse vicina, tutti erano in attesa della tanto sospirata pace.
La mia bisnonna è stata testimone di una storia che ha avuto un esito felice. Ma io mi sto interrogando sulle guerre tuttora in corso, in Ucraina o nella striscia di Gaza dove, nonostante i mezzi e le tecnologie avanzate di oggi, i civili rimangono le principali vittime innocenti. Vite di persone a cui è negato un futuro: un bambino che sarebbe potuto diventare un medico di successo, uno scienziato che avrebbe potuto trovare la cura di una malattia attualmente incurabile o anche semplicemente una madre che avrebbe cresciuto amorevolmente i suoi figli.
Sara Radossi, classe 3^ B Scuola media ‘Alighieri’ di Lido Adriano Professoressa Stefania Beccari
La nostra scuola, da anni, si preoccupa di trasmetterci i valori della legalità. In più occasioni abbiamo affrontato argomenti inerenti alla lotta contro le mafie e partecipato a progetti come quello proposto ogni anno alle classi terze dall’associazione ’Liberi dalle mafie’. In uno dei percorsi svolti in classe, abbiamo avuto modo di conoscere, oltre alla storia dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche quella del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, noto come il ’sindaco pescatore’.
Egli venne eletto sindaco nel 1995 dopo vari tentativi. Desiderava tanto impegnarsi politicamente, perché, mentre pescava, aveva notato che il porto della sua città era sempre più inquinato e si era posto come obiettivo quello di ripulirlo, anche dalla criminalità organizzata. Subito dopo il suo assassinio, i fratelli Dario e Massimo Vassallo, hanno dato vita a una fondazione a lui dedicata, al fine di ricordare e proteggere la figura del fratello, ucciso il 5 settembre 2010. Ciò che ci ha colpito di questa figura, è il fatto che Angelo non abbia ricevuto una protezione adeguata da parte dello Stato, a differenza di Falcone e Borsellino.
Per molti, il ’sindaco pescatore’ è divenuto un simbolo di lotta e coraggio. E’ diventato fonte di ispirazione per numerosi cittadini e amministratori pubblici nella lotta per un’Italia più giusta e onesta.
La sua storia ha suscitato in noi, che abitiamo vicino al mare, una forte emozione e per questo siamo orgogliosi di avere nel nostro territorio una panchina in suo onore, installata nel parco Ragazzi del ‘99 a Marina di Ravenna.
Dal nostro punto di vista, crediamo che le parole del Sindaco pescatore siano tuttora molto veritiere, poiché la società necessita di tutelare l’ambiente in cui noi tutti viviamo dalla criminalità e dalle azioni che lo minacciano e lo distruggono. Pensiamo che da questa storia tutti noi dovremmo imparare, perché il futuro siamo noi!
Sara Radossi, Adele Francesca Moro, Leonardo Incorvaia, classe 3^ B Prof Stefania Beccari, Matteo Manca, Marta Santoianni scuola media ‘Alighieri’ di Lido Adriano