ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Istituto Salesiano Beata Vergine di San Luca di Bologna (BO) - 3A

Il cappellano del Pratello: «Dare speranza ai giovani»

La Classe di 3A dell’Istituto Salesiani ha intervistato Don Domenico Cambareri dell’Ipm di Bologna Il sacerdote: «Sostenere un adolescente è un’esperienza dura e contemporaneamente bella»

A conclusione di un progetto sulla legalità, abbiamo accolto e intervistato in classe una persona del tutto speciale: Don Domenico Cambareri, un sacerdote della nostra diocesi che da quattro anni è il cappellano dell’Ipm Pietro Siciliani di Bologna.

Recentemente ha pubblicato il libro intitolato «Ti sogno fuori. Lettere da un prete di galera». L’amore, l’impegno e la passione che mette nel suo lavoro di cappellano sono evidenti nelle sue parole, che siano ascoltate da noi in classe o lette all’interno delle sue lettere. Durante il nostro incontro ha cercato di spiegarci le dinamiche che si vanno a creare all’interno dell’Ipm, delle sue esperienze e dei suoi rapporti con i ragazzi.

Ci ha spiegato cosa fanno durante la giornata e come si svolge la loro vita una volta usciti. Ci ha inoltre parlato dell’importanza del cappellano all’interno della struttura, perché i ragazzi hanno la possibilità di aprirsi e confidarsi con qualcuno che li sappia ascoltare, indipendentemente dal loro credo.

Durante la sua visita sono nate delle perplessità da parte nostra come per esempio: «Perché hai scelto questo mestiere? Non hai paura?» La sua risposta è stata: «Sento di dover rappresentare una speranza incrollabile in questi ragazzi, nel loro futuro e nella loro vita. Sono condannati alla speranza: una bella pena da scontare. Sostenere il dolore di un adolescente è una delle esperienze più dure e contemporaneamente più belle che ho fatto e sto facendo»: «Riesci sempre a trovare la forza di dar loro speranza e di non avere pregiudizi su di loro?» «Ogni giorno mi devo rieducare a credere».

Ci ha parlato delle conseguenze di un «crimine» come, per esempio, il furto di una bresaola al supermercato: la pena tende ad essere minima, un forte rimprovero, se sei un ragazzo italiano, ma se l’adolescente è straniero e senza genitori, le porte dell’Ipm si aprono. Se durante una lite, «uccidi» qualcuno la pena è amara anche se sei giovane e indipendentemente dalla tua provenienza. Tra i tanti ragazzi che ha incontrato uno in particolare gli è rimasto nel cuore: si chiama Yassine, un «musicista», un semplice ragazzo a cui piace comporre pezzi di canzoni. È lui il ragazzo di cui si parla nel suo libro «Ti sogno fuori».

A cura della Classe 3A: R. Benatti Borsari, D. Bonfatti, N. Campagna, G. Capelli, A. Cesari, G.I. Cristea, S. D’Angelo, M. D’Errico, L. Elmi, A. Finiguerra, A. Franciosi, A. Gallia, R. Gamberini, M. Liberati, A. Quispe Lopez, S. Mannina, T. Marchio, F. Milani, G. Mirandola, L. Parazza, D. Principato, F. Quadrana, S. Quarta, N. Rambaldi, M. Rutigliano, A. Sapuppo, R. Zhou. Professoressa Silvia Querciagrossa

 

Su 385 giovani reclusi nelle carceri minorili italiane solo dieci sono ragazze, circa il 2,6% del totale, una percentuale inferiore a quella delle donne detenute adulte. Dopo un po’ che ci si addentra verso misure più contenitive, diminuisce la percentuale delle ragazzine che sono caratterizzate da scarso carattere criminale. Dei 17 Ipm presenti in Italia, solo quello di Pontremoli è interamente femminile. Altri due, a Roma e a Nisida, sono provvisti di sezione femminile, anche se a Nisida non è attualmente funzionante come tale.

Si tratta di numeri troppo bassi per un’interpretazione statistica ma possiamo affermare che la presenza femminile nelle carceri minorili italiane ha avuto un abbassamento percentuale negli ultimi quindici anni. Delle 74 ragazze che sono entrate in carcere nel 2022 solo 19 sono italiane. Visto che le presenze a fine anno rivelano una parità tra italiane e straniere, questo indica come le ragazze straniere entrino nel carcere per poi uscirne con molta velocità.

 

Dopo l’incontro con Don Domenico, abbiamo parlato di un’associazione senza scopi di lucro, fondata da Don Benzi nel 1973, chiamata Papa Giovanni XXIII (foto): si tratta di volontari che si occupano di persone con disabilità, con problemi sociali o di carcerati. Proprio questo ramo poggia le sue fondamenta sull’espressione: «L’uomo non è il suo errore», con cui s’intende che l’essere umano non può essere classificato in base ai suoi errori e che non è il risultato delle azioni commesse. Ci sono all’incirca 306 case diffuse in 26 paesi del mondo, in particolare, troviamo la Comunità Educanti con i Carcerati (Cec), che propone una scelta alternativa al carcere. Quando uno viene arrestato, può scegliere di scontare la sua pena all’interno di una delle fattorie dell’associazione. Questo progetto è un aiuto anche per la risoluzione del sovraffollamento delle carceri, annoso problema.

In queste case si svolgono, con i detenuti, laboratori di riabilitazione al lavoro per valorizzare le capacità e le potenzialità delle persone.

Parlando del carcere minorile, è stato istituito un percorso penale anche per i detenuti di età inferiore ai diciotto anni: i ragazzi vengono ospitati all’interno di case comuni dove compiono dei percorsi di reintegrazione nella società civile. Vengono fissati degli obiettivi come animare i giovani in situazioni di disagio e instaurare con loro delle relazioni stabili.

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