L’asso delle due ruote Mimmo Toni «Ho fatto sacrifici, ma ripagati»
La scuola media Papa Giovanni XXIII di Castellarano ha intervistato il campione di motociclismo «Abbandonai gli studi per andare subito a lavorare e permettermi di comprare una moto»
Siamo felici di dare voce a Mimmo Toni: vincitore di tanti titoli di ciclismo e motociclismo. «Piacere, sono Mimmo Toni, iniziai la mia carriera motociclistica all’età di sedici anni, abbastanza tardi rispetto ai giovani aspiranti professionisti.
Ho deciso di abbandonare lo studio dopo l’esame di terza media per andare subito a lavorare. Il mio pensiero fisso era quello di comprarmi una moto, ma ero ostacolato da mio padre, che temeva che mi facessi male. Alla fine riuscii a convincerlo e, superato periodo di leva – che mi costò un anno lontano da casa – comprai una moto 125. Mi accorsi che la fatica del lavoro era notevole, quindi decisi di seguire la strada verso il professionismo. Quindi iniziai ad allenarmi con più perseveranza. La mattina mi svegliavo sempre presto per allenarmi all’aria aperta. Dopo un anno di gare, per la maggior parte vinte, trovai uno sponsor che mi diede una moto, sempre 125, con la quale riuscii a disputare solo un paio di gare. Lì mi infortunai al gomito e venni operato. Questa interruzione mi costò tre anni di assenza. Una volta ripreso, la mia determinazione mi impedì di seguire i consigli dei medici, secondo cui sarebbe stato meglio interrompere la carriera sportiva. Quindi ottenni il miglior risultato della mia vita, ovvero un secondo posto a una gara internazionale, dietro ad un olandese». A seguire «passai ad enduro dove vinsi due campionati italiani amatoriali di moto rally e due campionati regionali – continua – Una delle mie più grandi soddisfazioni è stata la vittoria in una gara professionistica di moto rally, a Sassuolo, dove riuscii a battere tutti i piloti ufficiali. Finita l’esperienza con il motociclismo, passai al ciclismo.
A trentacinque anni vinsi la mia prima gara e arrivai cinquantacinquesimo su un centinaio di concorrenti, al mondiale Mtb. Vinsi due campionati italiani di questa disciplina e dieci di ciclo-cross, di cui uno vinto proprio quest’anno, allo scoccare dei settant’anni. Vinsi an-che un campionato regionale di discesa e uno di cross-country, portandomi a cambiare la bicicletta ogni anno. Ciò che mi spinge ad andare oltre è la passione per questo sport. Anche se la paura di un altro infortunio è sempre dietro l’angolo. Nonostante questo, la soddisfazione è tanta e sovrasta il pensiero negativo. Attualmente non ho ancora degli obiettivi futuri, però, mi piacerebbe, come ultima gara, disputare il mondiale over settanta di ciclo-cross. Nella mia carriera ho vinto circa trecentocinquanta gare di categoria».
Mattia Travaglioli Leonardo Valentini III B
Un libro su Fabrizio De André: è questo ciò che abbiamo messo in cantiere, innamorandocene immediatamente.
Noi siamo gli alunni dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Castellarano e abbiamo deciso di prendere in mano i testi delle canzoni di Faber, per approfondire le sue storie e i personaggi. Sono restati, però, dubbi e curiosità che avremmo voluto chiarire direttamente con lui.
Ecco, allora, che per comprendere alcuni aspetti della sua vita, oltre che per approfondire le tematiche dei suoi testi, abbiamo scelto una formula inedita: scrivere direttamente al compositore genovese che, come se fosse ancora in vita, ha risposto alle nostre lettere.
Ne è venuto fuori un lavoro di grande introspezione.
Classe III A
Abbiamo immaginato un paese dove il giudizio degli altri pesa più della libertà individuale, dove un ‘tribunale dell’inquisizione’ è sempre pronto a colpire chi si rifiuta di omologarsi. In questo contesto, una giovane donna indipendente diventa bersaglio di desideri e invidie, proprio come in «Bocca di Rosa» di De André. Oggi potrebbe essere un’influencer, un’attrice o semplicemente una ragazza che sceglie di vivere la propria sessualità senza curarsi dei pregiudizi.
La condanna arriva implacabile sui social, dove il pettegolezzo di paese si trasforma in un’ondata di odio virtuale. Anche nella nostra piccola realtà, chi sfida il perbenismo con il proprio aspetto viene giudicato e isolato. Lola – la chiamiamo così – è la nostra moderna Bocca di Rosa. Rifiuta di vestirsi in modo dimesso. Indossa ciò che le piace e, per questo, subisce sguardi e critiche feroci, soprattutto dalle altre donne, a volte le giudici più severe.
Lola resiste, finché un giorno una donna ‘perbene’ la insulta pubblicamente per un semplice sorriso ricevuto dal marito. Stanca, decide di andarsene, illudendosi che in città sarà diverso.
Ma il mondo non perdona chi rompe le regole, specialmente se è donna. A distanza di 60 anni dalla canzone di Faber, i pregiudizi sono ancora vivi, così che ragazze libere le continuiamo a chiamarle Bocca di Rosa.
Classe III A