Il garante infanzia e adolescenza: «Quali sono i rischi del web»
L’avvocato Barbara Lucianetti ha incontrato gli alunni della scuola D’Azeglio: «Dalle fake news al cyberbullismo, tanti pericoli. Il web aliena le persone dalla realtà, le porta a chiudersi sempre più»
Il giorno 26 marzo presso la nostra Scuola ’Massimo D’Azeglio’ abbiamo avuto l’opportunità di incontrare per la prima volta l’avvocato Barbara Lucianetti, Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che ci ha indicato i rischi della rete e consigli utili per tutelarci sui social.
Quali sono i principali rischi del web per noi ragazzi oggi? «Gli adolescenti attualmente possono imbattersi in molteplici rischi sui social come il credere ad alcune fake news, il cyberbullismo, le truffe online, l’isolamento ma anche l’assimilazione del linguaggio d’odio di tipo razziale o xenofobo».
Come possiamo evitarli? «La netiquette, un insieme di regole per non sbagliare il proprio comportamento nel web, può aiutare i più giovani ad evitare situazioni spiacevoli. Ad esempio, i commenti sui social devono essere positivi, è importante sapersi spiegare specialmente per far capire le emozioni e non risultare scortesi agli occhi degli altri».
Secondo lei, in che modo l’utilizzo del web può provocare effetti negativi sui ragazzi? «Si è visto che il web aliena le persone dalla realtà, le porta a chiudersi sempre più. Il problema non riguarda solo i giovani, ma anche gli adulti ed i genitori dovrebbero dare il buon esempio».
Qual è il limite oltre il quale si può considerare oggettivamente offensivo e denigratorio un atteggiamento o un linguaggio nei confronti della vittima? «Il limite non è stabilito da una legge ma atteggiamenti come diffamazione e violenza privata possono essere sottoposti a processo e portare ad alcuni anni di reclusione».
Quali rischi può causare la pubblicazione di immagini? «La pubblicazione di immagini può generare conseguenze molto gravi come l’oversharing, cioè la condivisione esagerata delle proprie abitudini, o il sexting, ossia lo scambio di messaggi, foto, video o audio a sfondo sessuale; oppure fenomeni davvero rischiosi come la pedofilia, causata a volte da genitori che, imprudenti, pubblicano immagini dei propri figli anche molto piccoli».
Se un ragazzino installa una app senza il consenso dei genitori, di-ventando vittima di cyberbullismo, di chi è la responsabilità? «In Italia, la responsabilità è dei genitori fino ai 14 anni, diventa del minore superata questa età».
Spesso gli adolescenti instaurano rapporti di amicizia sui social con persone mai viste. Lei cosa ne pensa? «La persona che si nasconde dietro l’altro schermo non sempre è come si descrive. Il grooming, cioè l’adescamento sul web, si ha quando iniziamo a prendere confidenza con persone in chat. Si verifica in 5 fasi: l’amicizia iniziale, il legame di conoscenza, il rapporto di fiducia, l’isolamento dagli altri per finire con l’induzione a suicidio o l’adescamento».
Uno tra i rischi del web di cui si parla sempre più negli ultimi anni è la sindrome dell’Hikikomori, termine giapponese che significa isolarsi. Questo fenomeno riguarda soprattutto i giovani tra i 14 e i 30 anni che smettono di uscire, di andare a scuola, di fare sport, restando costantemente connessi alla rete. I dati ufficiali finora parlano di oltre 1 milione di ragazzi. Nel nostro Paese si stima che ce ne siano circa 100.000. Un caso è quello di Alessandro, un ventenne che ha vissuto cinque anni in casa, senza più uscire e restando connesso continuamente al web. L’utilizzo eccessivo dei social e dei videogiochi ma anche l’incapacità di trovare, nel mondo esterno, una propria collocazione, può portare il ragazzo a vedere nel ’mondo virtuale’ tutto ciò di cui ha bisogno fino a chiudersi letteralmente nella propria stanza, arrivando a non lavarsi, mangiando poco o solo cibo fattosi lasciare fuori dalla porta. Questo può indurre il giovane ad isolarsi sempre di più, a cadere nella depressione, ad avere tendenze autolesionistiche, problemi sociali o addirittura mentali. La scuola è il luogo in cui è possibile riconoscere i primi campanelli di allarme ed intervenire. Serve un’educazione emotiva e all’affettività capace con il supporto di psicologi esperti, che dovrebbero essere presenti in ogni scuola, di aiutare il ragazzo ad uscire da tale problema in collaborazione con la famiglia.
Il cyberbullismo è una forma di violenza che si manifesta online, specialmente sui social. La quattordicenne di Novara, Carolina Picchio, ne fu la prima vittima nota. A seguito della sua triste vicenda, si cominciò a parlare di questo fenomeno e a prendere consapevolezza della sua gravità, fino alla creazione di una legge per contrastarlo: L. n. 17, conosciuta come ’Legge Carolina’.
Nella notte fra il 4 e il 5 novembre 2013 Carolina ebbe un malore ad una festa; mentre era priva di sensi, un gruppo di ragazzi simulò atti sessuali con il suo corpo, riprendendo l’accaduto e pubblicandolo sui social. Una volta tornata a casa, la ragazza si ritrovò bersaglio di una serie di messaggi d’odio e insulti.
Perse la sua gioia di vivere, prima però trovò la forza di denunciare l’episodio. Disperata, si gettò dal balcone di casa sua. Nella sua lettera di addio, scrisse: «Le parole fanno più male delle botte». È importante ricordare sempre il messaggio di Carolina per comprendere il peso che certe parole hanno.