Viaggio nella cucina della tradizione I piatti che raccontano la Romagna
I ragazzi di Rocca San Casciano hanno riscoperto i cibi di una volta, tra cui il pan di ramerino e la schiacciata Si sono poi messi alla prova realizzando ricette tipiche e altre provenienti dai Paesi d’origine di alcuni di loro
Il nostro viaggio comincia tanto tempo fa… Rocca San Casciano è un paesino di origine medievale, che sorge nella valle del fiume Montone. Nel 1382 faceva parte della Repubblica Fiorentina divenendo capoluogo della Romagna Toscana.
Successivamente appartenne al dominio del Granducato di Toscana fino al 1859 per poi diventare provincia di Firenze con l’Unità di Italia e restare tale fino al 1923 quando, per volere di Benito Mussolini insieme ad altri dieci comuni, divenne una provincia di Forlì. Il territorio rocchigiano per lungo tempo è stato un importante punto di congiunzione tra la Romagna e la Toscana e, come in tutti i paesi di confine, sono immancabili le contaminazioni avvenute nel corso del tempo, un esempio è dato dalla cucina in cui si ritrovano influssi di quella toscana.
A farci da guida in questa avventura storico-culinaria, nell’ambito di un progetto più ampio di Educazione Civica sull’alimentazione, sono stati due esperti della nostra zona, Giorgio Zauli e Carlo Casanova.
Con loro abbiamo scoperto che la cucina romagnola era povera e che solo in occasione di feste particolari, grazie alla creatività delle massaie, poteva diventare più ricercata e più saporita. Tra i vari piatti, ancora oggi diffusi, ricordiamo la piadina fritta, (sempre presente nelle occasioni di convivialità) e altri, invece, che stanno scomparendo, come la piada con la grassa. La conformazione geografica del territorio ha sicuramente contribuito alla diversificazione delle scelte alimentari.
Nella zona di pianura si gustavano piatti come le pappardelle, i crescioni, la piadina, pietanze con pesci di fiume e rane. Nella parte collinare, invece, si preparavano ricette simili a quelle toscane come le tagliatelle, la ’schiacciata’, (focaccia cotta in forno e condita con olio d’oliva), ’i tortelli nella lastra’ o come si dice a Rocca ’Tortel in t’la lastra’ cotti su una lastra di pietra o terracotta, la polenta, il cosiddetto pane dei poveri, spesso condita solo con l’odore lasciatole da un’aringa che era stata strofinata. Nella parte montuosa del Granducato di Toscana si gustavano, invece, dolci come il castagnaccio e per Carnevale si mangiavano i cenci fritti, cioè le chiacchiere, si preparavano piatti con le trote, la piada con la grassa, il pane di ramerino.
Questi ultimi due cibi ci hanno particolarmente incuriositi. La piada con la grassa non è come si può pensare una focaccia, ma un dolce, che conteneva la grassa di maiale cruda. Era nato dalla fantasia del fornaio, Francesco Tassinari, che a fine Ottocento aveva il forno a Rocca, in via del Buginello. Il panino di ramerino è un dolce simbolo di Rocca, preparato e acquistato solo di mercoledì, perché a Rocca San Casciano in questo giorno si faceva, come oggi, il mercato settimanale.
Era il dolce che un tempo era mangiato soprattutto da coloro che giungevano in fiera dalle campagne circostanti e avevano bisogno di nutrirsi con qualcosa di calorico per percorrere tratti di strada lunghi.
È un panetto, lasciato lievitare e poi rimpastato con l’uvetta e il rosmarino (ramerino in toscano) su cui si stende un velo di miele dopo averlo cotto nel forno e avergli fatto prendere un aspetto dorato. Il nostro viaggio culinario si è concluso con alcuni di noi che si sono messi alla prova realizzando piatti tipici della Romagna e altri quelli dei Paesi di appartenenza. Sono stati girati dei video con le variazioni alle ricette tradizionali, per far sì che tutti potessero poi ripeterle a casa propria e gustarle. Questa esperienza ci ha insegnato che è importante conservare le tradizioni, ma è altrettanto importante aprirsi al nuovo, perché la Cultura è costituita da un insieme di esperienze e valori condivisi e convissuti, in cui ciascuno dona all’altro qualcosa di unico e speciale.
Classe 1, 2, 3ªE