Walkiria: «Sì, odiavo i nazisti Ma uccidere non è semplice»
80 anni dalla Liberazione: intervista immaginaria alla primula rossa dei partigiani. «La mia vita da ricercata: così ho imparato ad usare le mine e far saltare i ponti»

Buongiorno Walkiria, in occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, vorremmo intervistare la famosa partigiana, medaglia d’argento al valore militare.
«Certo ragazze, ma datemi del tu» Come mai ti hanno chiamato Walkiria? «Mio padre, fervente antifascista, più volte arrestato dal regime, l’ha scelto perché è ispirato alle valchirie, figlie del dio vichingo della guerra, e io ho rispettato il mio nome: sono diventata una combattente».
Ecco perché fin da giovane hai sempre odiato la dittatura di Mussolini! «Sì, fin da bambina ero una ribelle, refrattaria alle regole della scuola del fascio e, per il mio atteggiamento disubbidiente, sono stata interrogata più volte in questura e ammonita.
Quando hai deciso di diventare una partigiana? «Mentre frequentavo Giurisprudenza, nel 1944 i fascisti del’Ovra hanno tentato di arrestare mio padre, ma ci siamo nascosti nelle soffitte della nostra casa di Gubbio e la milizia non ci ha trovati. A quel punto dovevamo scappare e, raggiunti i Monti del Burano, ci siamo uniti alla V Brigata Garibaldi Pesaro, in particolare al quinto battaglione, chiamato ’Panichi’ dal nome del suo comandante. Era un gruppo internazionale composto da slavi, russi, francesi, americani e inglesi ed era l’unico che accoglieva anche le donne. Sono diventata partigiana, ho imparato ad usare le armi, mi sono specializzata nel minare e far saltare i ponti. Per queste azioni i nazisti hanno emesso contro di me otto mandati di cattura, non riuscendo mai a prendermi. Sono stata nominata capitano del “Settebello” dai miei sei compagni e la nostra squadra si è distinta in numerose azioni, con cui a fine guerra ho conseguito, oltre alla medaglia d’argento, anche la nomina a sottotenente».
Sono mai riusciti a catturarti? «Nei loro rastrellamenti i nazifascisti giravano con la mia foto in mano, però non mi hanno catturato, ma ci sono andati molto vicino!» Ma tu sei stata sempre in Italia o hai viaggiato anche all’estero? «Durante la guerra ho conosciuto e sposato un capitano del servizio segreto alleato con cui mi sono tra-sferita in America, ma dopo un anno e mezzo sono tornata in Italia.” Un episodio particolare? «Tanti! Azioni di disturbo, sabotaggi, agguati ai tedeschi per rifornirci di armi, ma la parte peggiore della lotta era quella di sparare contro i nemici: uccidere un altro essere umano non è semplice, ma in quei momenti era una questione di sopravvivenza e noi partigiani eravamo determinati a vincere. Ho combattuto contro i nazifascisti e sono orgogliosa della mia scelta, perché ho contribuito anch’io a sconfiggere quelle dittature che allora soffocavano il mondo».
Sofia Campanelli, Heidi Castellucci Classe 3^A dell’I. C. “E. Mattei” di Acqualagna
Corri donna, corri più che puoi, scappa lontano da chi ti vuole fare del male. Corri donna e non fermarti mai, questo non è un posto adatto a te, qui non ti sentirai mai sicura, con uomini che ti urlano contro, che ti sbattono la testa contro il muro, con uomini violenti che si approfittano di te, togliendoti violentemente il rossetto dalle labbra, che ti trattano come un oggetto, che ti sussurrano “Tu sei mia e basta!” Corri donna, corri, corri e non arrenderti per nessuna ragione, credi in te stessa, perché tu vali. Fai sentire la tua voce, urla, urla con tutto il fiato che hai, mostra al mondo quelle lacrime di dolore che trattieni da tempo e vedrai che qualcuno si accorgerà di te, smettila di vivere nell’ombra della paura che ti porti dentro, grida donna, grida aiuto e dimostra che hai coraggio perché tu ne hai, sconfiggi i tuoi demoni e cura le cicatrici, ce la farai donna, ce la farai.
103, 104, 105, 106… ogni giorno i numeri di femminicidi salgono sempre di più, ma dietro a quelle cifre ci sono storie vere, storie di donne che amavano, che si fidavano della persona che avevano accanto.
Donne che avevano un cuore che ardeva d’amore, ma che ora non batte più, per colpa di chi non sa che l’amore è una carezza, non uno schiaffo, che l’amore è tenersi per mano, non una spinta, che l’amore è una lacrima di gioia, non di dolore.
Corri donna, non fermarti…MAI!
Fiorani Clarissa, Ettore Etiopi 3ª B dell’I. C. “E. Mattei” Acqualagna
Cara Anna, compiuti i 18 anni, mi arruolai come staffetta per portare informazioni, cibo e armi. Dopo anni di bombardamenti, fame, lutti dovevo fare qualcosa, per te, orfana di una guerra terribile, per garantirti una vita dignitosa in un Paese libero. Un giorno, mentre portavo informazioni, fui fermata da una guardia che mi interrogò: dovevo inventare veloce una soluzione per salvare la mia vita e quella degli altri partigiani. Gli confidai che stavo raccogliendo funghi per il mio ristorante e lo invitai a pranzo.
La guardia mi sorrise: avevo il mio lasciapassare. La mia storia è simile a quella di tante altre, madri, staffette, combattenti che hanno partecipato alla Resistenza per con coraggio e forte senso di libertà, un dono prezioso da custodire gelosamente. A giorni sarai maggiorenne, ti auguro di vivere seguendo le tue idee in nome della libertà per la quale molte donne sono morte. Con affetto, tua madre Luisa.