Donne tra discriminazioni e violenza Dal passato alle ferite del presente
Per secoli sono state considerate inferiori: nonostante i progressi verso l’uguaglianza restano disparità di genere Dobbiamo abbattere le barriere culturali, sradicare queste profonde ingiustizie è un imperativo morale e sociale
La discriminazione femminile e il femminicidio sono fenomeni collegati e riflettono le disparità di genere presenti nella vita quotidiana.
Sebbene siano stati compiuti notevoli progressi verso l’uguaglianza, questi problemi continuano a bussare alla nostra porta ogni giorno.
Approfondire sia passato che presente è molto importante per riconoscere l’acido che corrode fin dall’antichità la nostra società.
Discriminazione femminile: un problema storico e attuale.
In tutte le epoche le donne sono state spesso vittime di violenza psicologica e fisica, legate a idee di possesso dell’uomo; per secoli sono state allontanate dalla vita pubblica, limitate a ruoli domestici e obbligate a dipendere dagli uomini.
Fin dal Medioevo le donne erano generalmente considerate proprietà degli uomini, prima dei padri, poi dei mariti e private quindi di diritti e di autonomia.
Dal XV al XVII secolo circa si affermò in Europa il fenomeno della cosiddetta ’caccia alle streghe’, molte donne furono accusate di stregoneria e uccise, spesso per motivi legati alla loro volontà di essere libere, di voler socializzare col mondo o per il loro rifiuto di adattarsi alle regole sociali.
Questi atti di estrema violenza venivano spesso giustificati da credenze religiose e culturali che vedevano le donne come esseri pericolosi o inferiori all’uomo.
Nel corso dei secoli movimenti come il femminismo hanno sfidato queste regole, ottenendo traguardi significativi come il diritto al voto e l’accesso all’istruzione.
Oggi le donne combattono discriminazioni in molti campi, dal lavo-ro alla politica.
In alcuni paesi le leggi continuano a frenare i diritti delle donne e, credenze culturali, portano avanti l’idea che le stesse siano inferiori agli uomini. Queste barriere non solo limitano le opportunità che le donne potrebbero avere, ma contribuiscono a creare un muro nella società, quindi tra tutti noi.
Femminicidio: il peso di una parola con radici profonde.
Il femminicidio è definito come l’uccisione di una donna per motivi legati al genere, in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale’ ed è una delle forme più estreme di violenza. Pur non essendo un fenomeno nuovo, il termine ’femminicidio’ è stato identificato solo alla fine degli anni novanta del Novecento e la prima attestazione ufficiale su un dizionario italiano, risale solo al 2009.
Solo attraverso una profonda consapevolezza storica e un impegno costante per l’uguaglianza sarà possibile sradicare queste profonde ingiustizie e costruire una società più equa e sicura per tutti e tutte.
È un imperativo morale e sociale che non possiamo più ignorare.
Il calcio maschile riempie gli stadi e le pagine dei giornali, ma il calcio femminile fatica a farsi sentire. Nonostante ci siano sempre più ragazze che lo pratichino con passione, troppo spesso devono lottare ancora contro vecchi pregiudizi. Se tutti sanno chi sono i campioni del calcio maschile, in pochi conoscono nomi di grandi calciatrici. Perché questa differenza di attenzione? Spesso, a frenare la crescita del calcio femminile sono idee sbagliate sulle capacità fisiche e sul livello del gioco. A tal proposito abbiamo raccolto le opinioni di una calciatrice professionista: Diletta, allenatrice di calcio femminile a Limidi.
Da dove è nata questa passione? «Questa passione è nata fin da piccola, dalla prima palla che mi hanno regalato. Con gli amici a scuola giocavo e spesso facevo il capitano della squadra, per poi riuscire a inserirmi in una squadra femminile».
Da quanto lo pratichi? «Ho fatto tanti anni di tennis a livello agonistico fino a 17 anni, poi ho iniziato a giocare a futsal (calcio a cinque) dall’età di 26 anni ad oggi, quindi sono 18 anni che do calci ad un pallone».
È cambiato il calcio negli ultimi anni? «Il calcio femminile è molto cambiato da quando le ragazze dell’Italia e della Juventus (ex Brescia) ne sono diventate promotrici mostrandosi realmente come calciatrici. Prima la visibilità era minore ed era definito uno sport da maschi, ora invece pian piano qualcosa sta cambiando».
Che messaggio vuoi dare alle ragazze che vorrebbero diventare calciatrici? «Direi a ogni bambina: coltiva i tuoi sogni con passione, riversa la tua energia in ogni calcio. Perché, in fondo, la palla è imprevedibile e può condurti a grandi soddisfazioni». Qual è un pregiudizio che hai dovuto affrontare? «’Il calcio è uno sport da maschi, una ragazza non lo può praticare altrettanto bene’. Questa è una frase che ho sentito molte volte, ma fortunatamente sono cresciuta con molti amici che quando c’era la possibilità di giocare avevano sempre un gran rispetto nei miei confronti».
Che consiglio daresti a chi vuol fare la differenza nel mondo dello sport femminile? «Ignora i muri dei pregiudizi e corri verso i tuoi obiettivi. Noi donne abbiamo la tempra e la tenacia necessarie per trasformare la determinazione in risultati straordinari».