A tu per tu con Marta Montanari «Tra musica, scuola e teatro»
Intervista all’insegnante di flauto traverso, componente dell’Orchestra sinfonica dell’Adriatico e del Quartetto F.A.T.A., laureanda in jazz
Riscoprire il ruolo della donna, impegnarsi, investire non solo su ciò che piace: è lo stile di vita e di studio di Marta Montanari, insegnante di flauto traverso al Convitto Leopardi di Macerata, primo flauto nell’Orchestra Sinfonica dell’Adriatico, musicista eclettica e intraprendente. La sua passione per la musica nasce da bambina e oggi vanta una carriera che l’ha vista calcare i palchi del mondo.
Montanari, perché ha deciso di fare questo mestiere? «Il mestiere si sceglie ma è pure vero che il mestiere sceglie te.
Nessuno in famiglia aveva seguito studi seri in questo campo ma ho sempre respirato musica a casa.
Da piccola volevo seguire le orme di nonno Duilio, che suonava clarinetto e mandolino. Anche mio padre Mauro suonava e cantava.
Ogni domenica, appena svegli, accendevamo la radio per ascoltare musica insieme. Ricordo con emozione il mio primo flauto, un regalo per la Prima comunione degli zii Filippo e Giuseppina Agnetti. Questa collana l’ho fatta fare coi vecchi tamponi di quello strumento. Da lì in poi mi sono fatta avanti con spirito di avventura».
Qual è stato il suo primo traguardo importante? «Essere stata la prima donna in un complesso bandistico a Macerata. Ho rotto un tabù. Era il 1982, avevo 9 anni e nella Banda Salvadei non c’erano mai state ragazze. Mi sentivo speciale, ma anche un po’ sfidante verso le convenzioni. Ho continuato a seguire la mia passione con decisione e impegno».
Un progetto a cui tiene molto? «Il quartetto F.A.T.A., acronimo che sta per Fuoco, Aria, Terra e Acqua, i segni zodiacali delle flautiste: io, Elisa Ercoli, Lucia Paccamiccio e Alessandra Petrini. Nasce nel 2016 da un’idea che avevo di mescolare musica e teatro per portare in scena la situazione femminile e scoprire in modo nuovo la femminilità».
Quali sono i suoi punti di riferimento negli studi? «La famiglia, i maestri di Conservatorio. Ho suonato con dei grandi come Bruno Cavallo, Francesco Chirivì, Cristina Bertoli, Dante Milozzi e Arturo Danesin. Ognuno mi ha insegnato qualcosa di fondamentale e lo studio non finisce mai. Mi sto laureando in Jazz ma sono anche laureata in Lingue».
Quali sono i suoi musicisti preferiti? «Giacomo Puccini, John Williams e Gustav Holst. Mi piacciono i Queen e i Police, ma ascolto tantissimo anche Miles Davis. La musica disco degli anni ’70 e ’80 mi ha sempre divertito molto».
Che consiglio dà ai giovani? «Investite tempo e fatica, anche su ciò che non vi piace! Ponetevi sempre in ascolto, senza mai sentirvi superiori. Concentratevi. La musica, come la vita, è impegno e costanza, il talento non basta».
L’infinita creatività dell’innovazione. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare Valeria Doddi, Project manager della Rainbow C.G.I, all’ex mercato delle Erbe di Macerata, dove la Rainbow C.G.I. assieme alle quattro università marchigiane ha allestito Arti Native Digitali, un hub ad alta tecnologia, quasi magico.
Doddi, in che modo la realtà aumentata aiuta l’apprendimento? «Migliora i rapporti tra noi e la cultura. Oggi non a caso si parla di edutainment, intrattenimento educativo di ultima generazione: si può entrare in un dipinto diventandone parte, esplorarne i dettagli, animarlo o manipolarlo in modo personale, creativo e anche sostenibile».
Cosa fa precisamente una Project Manager e perché ha scelto questo mestiere? «Gestisco un progetto dall’inizio alla fine. Ho scelto di fare questo lavoro perché mi soddisfa vedere realizzata un’idea, anziché tenerla chiusa in un cassetto».
Come si scelgono le storie per un nuovo cartone animato? «Leggendo la vita quotidiana con un pizzico di fantasia. Nasce tutto dall’idea dell’autore o del regista, il resto – spiega Doddi – dipende dall’età del pubblico a cui si riferirà. Un ruolo importante è poi quello degli effetti speciali, in cui la Rainbow C.G.I., cioè Computer Generated Imagery, eccelle». Che differenza c’è tra la nostra intelligenza e l’intelligenza artificiale (IA)? «L’IA è progettata per imitare il ragionamento umano e allenata attraverso enormi quantità di dati ma la nostra mente può funzionare da sola, mentre l’IA no. Non ha la genialità e il calore dell’uomo».
Che messaggio vuole lasciare a noi giovani a proposito dell’IA? «Fate attenzione all’intelligenza artificiale, uno strumento – conclude Doddi, project manager dekka Rainbow – dalle enormi potenzialità che deve però essere utilizzato nei giusti limiti, senza affidarsi completamente perché dobbiamo rimanere liberi. Leggete, perché i libri alimentano la libertà».