I vasi diventano opere d’arte La ‘lezione’ di Geo e Giovanna
Gli studenti hanno incontrato l’artigiano Casadei e sua moglie: «Ci hanno mostrato come utilizzare l’argilla, hanno grande passione per il loro lavoro»
La scuola Santa Filomena di San Giovanni in Marignano non si fa mai scappare nessuna bella attività e così mercoledì 30 aprile, dopo tanta attesa, ha incontrato il vasaio Geo Casadei e sua moglie Giovanna. I due coniugi ci hanno fatto conoscere l’arte della creatività della ceramica e la passione che impiegano in questo lavoro. Geo e Giovanna ci hanno mostrato come creare opere d’arte uniche e personali utilizzando l’argilla naturale, come essa possa essere impiegata per realizzare oggetti funzionali e decorativi, e come ogni pezzo possa avere una storia e un significato proprio. Ci hanno parlato della loro vita. Geo è l’ultimo membro della sua famiglia di vasai. Tutto è nato a fine ’800 e la passione si è tramandata fino ad oggi per 5 generazioni. A Santa Maria del Piano si estraeva l’argilla, che veniva portata in bottega e messa in una vasca con dell’acqua per poterla lavorare, si impastava con l’impastatrice e poi con le mani, per eliminare tutte le bolle d’aria presenti nell’impasto. Geo, quasi commosso, ha raccontato che inizialmente prendeva solo gli ordini, le consegne e dipingeva i vasi, prima di ereditare la preziosa arte paterna. Diventato vasaio vero e proprio, ci ha spiegato che, una volta modellato, il vaso si cuoceva a circa 790° per almeno 11 o 12 ore, sigillando bene l’imboccatura del forno, per evitare che con l’aria i vasi infornati si rompessero.
Negli anni successivi la famiglia acquistò un forno a nafta, più veloce e facile da usare, e oggi si usa il forno a metano che giunge a 970°, grazie a otto bruciatori. I vasi, dopo essere stati modellati devono asciugare pazientemente: in estate impiegano una settimana a seccarsi, in inverno più tempo. L’asciugatura è importante perché, altrimenti, nei forni, i vasi rischiano di esplodere e di danneggiare altri vasi. Dopo tanti anni di maestria, Geo utilizza la doppia cottura per far sì che la vernice sia più lucida. Oggi compra l’argilla già lavorata in panetti da 25 chili.
L’incontro con Casadei è stata un’esperienza unica. Abbiamo avuto l’opportunità di imparare nuove tecniche e di creare le nostre opere d’arte personali. Geo è stato un insegnante paziente e disponibile, che ci ha aiutato a capire le nostre capacità creative. Oggi, dopo aver vissuto un’esperienza così bella, vogliamo ringraziarlo con tutto il cuore, perché ci ha fatto conoscere un’attività mai provata prima, e sicuramente ci ha donato un ricordo indelebile. Speriamo di poterlo ancora avere a scuola come ospite in futuro.
Samuele Andreatini, Indira Emendatori, Sofia Franca, Rebecca Riggio IIA/B Giulia Fontana, Bianca Malpassi IIIA
Da tempo sulle nostre tavole è presente la porchetta. Un piatto veramente delizioso, e noi della Santa Filomena abbiamo deciso di conoscerlo meglio, dalle origini. Abbiamo visitato il mercato del lunedì di San Giovanni in Marignano, ordinato, ricco di prodotti e profumi, con le sue numerose bancarelle variopinte fra cui quella di Baiata, con la sua insegna a caratteri rossi, che da tante generazioni produce e vende questo gustoso alimento. La porchetta è color caramello all’esterno, dove è più croccante, e più rosea all’interno, dove è più morbida. Ma da proviene la porchetta? Deriva dal latino Porcus Trojanus, il maiale ripieno che i romani consumavano ritualmente per celebrare alleanze e matrimoni. Alla porchetta, per diventare tale, devono essere tolte ossa e zampe e poi aggiunte varie frattaglie, pepe, aglio, sale e erbe odorose tra cui il finocchio selvatico. Infine si ricrea la forma del maiale da cuocere su uno spiedo per 4 o 5 ore. Perfino il New York Times la mette nei top five dei migliori piatti mondiali. Pur se la porchetta viene dal centro Italia, la si trova nella zona di Rimini. Può essere consumata come secondo piatto o anche solo come appetitoso spuntino, sempre accompagnata dalla piadina romagnola o tra due fette di pane casereccio e da un bel bicchiere di Sangiovese. E ora assaggio… gnam.
Giulio Guidi, Delia Bucci IIA Angelica Andreatini, Gemma Bugli, Penelope Masiero IA
Ad aprile, a San Giovanni, si è tenuta la IX edizione del concorso di poesia, che ha dato la possibilità a noi ragazzi delle classi seconde e terze medie, di sbrigliare l’immaginazione e di giocare con le figure retoriche che abbiamo imparato, creando ognuno la propria poesia. Ogni volta viene scelto un tema diverso: quest’anno è stato ‘Il Giardino di Emily’, in omaggio alla poetessa americana Emily Dickinson. Emily, giovanissima, non andò più oltre il suo giardino, dove, grazie alla poesia, incontrò un universo interiore e visse in armonia con la natura. Anche noi abbiamo trovato un momento di riflessione per scoprire tutte le emozioni e le sensazioni che popolano il nostro giardino segreto. Quest’anno 6 ragazzi della Santa Filomena sono entrati nella rosa dei dieci vincitori: Cristian Barilari, Brando Maria Bratti, Riccardo Ceccolini, Anna Greta Magnani, Riccardo Petrosino, Maria Daria Scrocchi.
Jacopo Gerboni, Gianmarco Leonardi, Leonardo Molari, Riccardo Prioli IIIB