ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

IC Ponte sul Marecchia di Verrucchio (RN) - 2A, 2B, 3D

Dal 1979 le donne iraniane vivono senza diritti e libertà

Ic Ponte sul Marecchia Colpisce la testimonianza di Cecilia Sala sulle condizioni in carcere: «Sei sempre solo, anche quando qualcuno ti interroga. Sempre incappucciato e faccia al muro»

Il 1979 cambiò il destino dell’Iran.

Prima era un Paese libero, con maggiori diritti per uomini e donne. Non c’era nemmeno l’obbligo di indossare il velo. Il 1979 cambiò invece drasticamente le cose: ora gli uomini non possono bere né divorziare e le donne sono costrette a tenere il velo, se si oppongono vengono imprigionate o condannate a morte. In 46 anni la repubblica islamica ha tolto la vita a migliaia di donne che volevano la libertà. Una fra tante è la storia di Farrokhroor Parsa, uccisa l’8 maggio del 1980, accusata di «promuovere l’immoralità», ricordata per la sua lotta nel voler promuovere l’uguaglianza di genere.

Oggi l’Iran continua a non essere un Paese libero. Il 13 settembre 2022, una donna curda iraniana, Mahsa Amini, è stata arrestata a Teheran, per non aver indossato il velo. Secondo testimoni, Mahsa è stata picchiata violentemente ed è morta tre giorni dopo. In seguito alla sua morte, si è formato un movimento e lo slogan ‘Donna Vita Libertà’ è stato gridato in tutto l’Iran. Sempre a Teheran cinque ragazze iraniane sono state fermate il giorno della festa delle donne perché stavano ballando ed erano anche senza velo. Pochi giorni dopo sono state protagoniste di un video dove hanno il capo coperto e confessano, sotto costrizione, la loro colpevolezza per aver ballato.

La polizia locale le ha identificate e convocate per poi rinchiuderle in cella per due giorni. I problemi si registrano anche nella regione del Kurdistan dove i curdi sono stati oggetto di varie persecuzioni, principalmente per motivi religiosi. Nel corso degli anni le autorità hanno commesso una sequenza di crimini contro il diritto internazionale. Dopo mesi di proteste sono state introdotte una serie di misure, che privano le donne dei loro diritti, come la nuova legge sulla Hijab (velo islamico, ndr) che nega ulteriormente i diritti umani alle donne, introducendo la pena di morte. La nuova legge criminalizza comportamenti considerati inadeguati e amplia i poteri delle forze di sicurezza e dei servizi segreti.

La sua entrata in vigore è però stata rinviata.

La nostra concittadina Cecilia Sala, arrestata poco dopo l’annuncio della nuova legge e ora liberata, ha dichiarato in un’intervista: «Sei sempre solo anche quando non sei solo. Anche quando qualcuno ti interroga, sei incappucciato faccia al muro e la persona ti fa le domande». Sala racconta di interrogatori fino a dieci ore per farla crollare, e la condanna a vivere 21 giorni nel silenzio, in una cella isolata del carcere. Ora, libera, il primo nome che pronuncia Sala è quello di Pakshan Azizi, prigioniera politica curda accusata di ribellione e imprigionata nel 2023 a Teheran.

Pietro Berardi, Edoardo Capelli, Monica Clementi, Aurora Donati, Andrea Manenti, Margherita Para e Manuel Pistacchi Palladino Classe II B

 

È giusto togliere una medaglia solo per un pugno alzato al cielo? Cominciamo dall’inizio. Quest’anno abbiamo imparato che il razzismo è una forma di pensiero che si basa su stereotipi e pregiudizi, rivolti alle persone di nazionalità diversa dalla propria. Non è nato da poco, si è radicato per secoli nelle nostre società. Abbiamo studiato la storia degli Stati Uniti, in cui da sempre i neri sono oggetto di discriminazione. Già dal 1600 venivano usati come schiavi e non avevano diritti. Ognuno di noi ha letto un libro su questo argomento e poi abbiamo ricostruito la storia del razzismo, dalla schiavitù fino a oggi. C’è un libro che però ci ha colpito più degli altri. Quello sulla storia del 4 agosto 1936 quando a Jesse Owens è stata tolta la medaglia olimpica dei 200 metri piani per aver difeso i diritti dei neri. È salito sul gradino più alto del podio con la sua medaglia d’oro, ha alzato il pugno destro con il guanto nero, un gesto che mostra il suo sostegno al movimento del Black Power, un’associazione che protestava contro la segregazione razziale, per rendere nota al mondo intero la lotta degli afroamericani per l’uguaglianza. Un altro segno importante che lui e il suo compagno fanno è la copertura della scritta Usa sulla maglia, per contestare il fatto di essere trattati da veri cittadini solo in caso di utilità. Abbiamo capito che la società non è sempre giusta con tutti e noi dobbiamo fare la differenza.

Andrea Fantini, Marta Pari, Alessandro Moreirae Iyed Jaafar III D 

 

Negli anni ‘90, quando non c’erano i social, si viveva molto meglio perché non c’erano così tanti pericoli come quelli che vivono oggi i giovani.

C’era maggiore capacità di socializzazione, si credeva più nei valori e non c’era il cyberbullismo. Non dimentichiamo le parole del 2013 di Carolina Picchio, una ragazzina di 14 anni, morta suicida per insulti social: «Le parole fanno più male delle botte, quello che è successo a me non deve più capitare a nessuno».

Sommersa da insulti per colpa di alcune foto girate su chat, Carolina non ha retto e si è lanciata dal quarto piano.

Questo triste avvenimento portò alla nascita della prima legge in Europa contro il cyberbullismo, la legge 71 del 2017.

Saliou Seck, Annarita Tamburini, Margherita Lombo Classe II A 

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