ll progetto de il Resto del Carlino per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Don L. Milani di Cusercoli (FC)

Resistenza, a scuola coi partigiani di Cusercoli

Il Campionato di giornalismo prende il via con la classe 2ª B della ‘Don Milani’: ecco i racconti di alcuni concittadini degli alunni

Il territorio forlivese conserva tanti ricordi legati al movimento della Resistenza, al quale hanno preso parte uomini e donne che hanno dato il loro contributo alle imprese partigiane. La nostra Cusercoli ha ospitato tanta gente che ha militato nelle file dei partigiani, e tuttora ospita persone che hanno tanto da raccontare sugli anni della Seconda Guerra Mondiale, testimoni diretti o indiretti di quel tempo. Proprio ad alcuni di loro abbiamo rivolto le nostre domande, sicuri di poter imparare tanto dai loro racconti.

Mario, 70 anni, ci ha parlato di suo zio, che faceva da staffetta dei partigiani (la staffetta era chi trasmetteva ordini o informazioni, o anche chi conferiva cibo, medicine, armi eccetera): «Mio zio stava in mezzo alle Camicie nere, e portava gli ordini ai partigiani, avvisandoli dei vari pericoli che erano stati programmati da queste; lui ha rischiato la pelle ogni giorno, perché se fosse stato scoperto sarebbe stato torturato e poi ammazzato. Si è sempre rifugiato qui a Cusercoli, per fortuna non l’hanno mai scoperto».

Un’altra testimonianza ci è stata fornita da Flavio, 75 anni: «Mio padre era un partigiano, faceva parte della brigata Garibaldi, che era stata fondata clandestinamente proprio qui a Cusercoli, nella zona di san Paolo in Aquiliano. Io spesso gli chiedevo, da bambino, di raccontarmi le storie legate alla guerra che lui stesso aveva vissuto; gli domandavo anche se avesse mai ucciso qualcuno, ma lui non rispondeva. Le storie di guerra le sentivo soprattutto la sera, quando gli adulti si riunivano a ricordare quei momenti bui».

Sempre Flavio ci ha parlato di sua madre e sua zia, staffette nella guerra: «Mia zia mi ha raccontato che una volta le era stato detto di portare delle armi ai partigiani per conto di alcuni collaboratori del paese: lei aveva una borsa della spesa piena di cibo, sotto il quale erano nascoste due pistole. Fu fermata dai Tedeschi che per fortuna non andarono a frugare sotto il cibo; lei riuscì a non farsi scoprire, dicendo che doveva dare quel cibo a dei suoi amici che si erano trasferiti in Campagna».

Giancarlo, 70 anni, ci fornisce un’altra preziosa testimonianza: «Una volta dei partigiani avevano lasciato a casa dei miei genitori uno di loro, del Monte Negro, un certo Pandez, che aveva la polmonite; lo lasciarono lì perché tanto, dissero, sarebbe morto. Mia nonna però, in accordo col dottore (al quale aveva riferito che mio nonno era malato), comprò le medicine necessarie e lo nascose nella stalla. Il partigiano riuscì a guarire e nel ’92-‘93 tornò perché voleva ringraziare mia nonna per averlo salvato; quando seppe che lei era morta, si mise a piangere e andò al cimitero a portarle dei fiori».

Anche Palmiro, 67 anni, membro dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), ha tanto da raccontarci. Gli abbiamo chiesto se ha mai conosciuto qualcuno che ha ospitato dei partigiani, e ci ha risposto così: «Sì: mia madre e mio nonno. Ai tempi erano residenti a Seguno ed aiutarono, per alcune settimane, un partigiano russo ferito; l’avevano visto fuggire, inseguito dalle Camicie nere che gli sparavano contro, ferendolo gravemente ad una gamba. Il forestiero si trascinò nella boscaglia ed i fascisti, temendo un agguato, si allontanarono. Verso sera il nonno e mia madre andarono a vedere e trovarono quest’uomo svenuto, lo portarono in casa, lo curarono come meglio poterono e quando riprese conoscenza scoprirono che era un partigiano russo. Se i fascisti lo avessero scoperto in casa, tutta la famiglia sarebbe stata fucilata e l’abitazione incendiata. Fu così che mio nonno costruì un rifugio in un fosso per poter nascondere il partigiano, e mia madre andò tutti i giorni ad accudirlo. Mio padre allora era disperso in guerra e Paolina, mia madre, mi disse: ‘Faccio tutto questo per il partigiano perché forse qualcuno sta facendo la stessa cosa per tuo padre».

Sempre Palmiro ci ha raccontato una delle tante storie che riguardano Cusercoli: «Siamo nel giorno della Liberazione del paese, nell’ottobre del ‘44. Arrivarono i partigiani e la punizione per i fascisti locali (che a Cusercoli sono sempre stati pochi, in genere proprietari terrieri) non fu cruenta, anzi la potrei definire addirittura pedagogica: i sostenitori del regime fascista di Mussolini furono muniti di scope per spazzare le strade del paese! Il fatto era chiaramente simbolico: si spazzava via il lordume del regime fascista e cominciava una nuova era, un’era di libertà».

2ª B ‘Don Milani’ Cusercoli
IC Civitella

Votazioni CHIUSE
Voti: 1

Pagina in concorso